Il 23 aprile, in un’intervista con La Repubblica, l’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha dichiarato a proposito del Mes: «Siamo il terzo azionista del Meccanismo di stabilità e per le sue stesse regole interne nulla può essere fatto senza il voto dell’Italia».
Letta ha ragione o no? Abbiamo verificato.
Breve ripasso sul Mes
Il Meccanismo di stabilità (Mes) è un’istituzione europea nata dopo la crisi economica del 2011 per l’assistenza finanziaria ai Paesi in difficoltà e per garantire la stabilità dell’Eurozona.
L’organizzazione ha un capitale sottoscritto di 700 miliardi di euro, di cui 80 sono già stati versati dagli Stati membri. Il Mes può intervenire su richiesta dei Paesi in crisi, concedendo loro prestiti, acquistando titoli o aiutando la ricapitalizzazione delle banche.
In base alle regole attuali, l’accesso al Mes è soggetto al rispetto di una «rigorosa condizionalità» prevista dal Trattato istitutivo firmato a febbraio 2012.
Secondo il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, come dichiarato il 19 aprile in un’intervista al quotidiano tedesco Süddeutsche Zeitung, nel nostro Paese «il Mes non gode di buona reputazione».
Al momento, il governo italiano sembra dunque determinato a non farvi ricorso nell’immediato futuro, neppure dopo che gli Stati Ue si sono accordati per attivare una nuova linea di credito senza condizionalità, dedicata esclusivamente per sostenere le spese sanitarie «dirette e indirette» dell’emergenza Covid-19.
Ma entriamo adesso nei dettagli, per vedere se è vero come dice Letta che siamo i terzi azionisti del Mes e che «nulla può essere fatto senza il voto dell’Italia».
Chi sono gli azionisti
Il principale organo decisionale del Mes è il Consiglio dei governatori, dove siedono i ministri dell’Eurogruppo, guidati dal portoghese Mário Centeno. Al Consiglio dei governatori si affianca il Consiglio di amministrazione diretto dall’economista tedesco Klaus Regling. I provvedimenti vengono assunti di concerto fra le due assemblee.
Tuttavia nel Consiglio dei governatori non tutti i voti hanno lo stesso peso. Ogni Paese è infatti impegnato per un certo numero di quote nel capitale del Fondo e i diritti di voto vengono attribuiti di conseguenza.
Come abbiamo detto, il capitale versato è di 80 miliardi euro, mentre quello autorizzato di 700 miliardi.
Il primo contribuente è la Germania, che con 27 miliardi di euro versati e 190 miliardi sottoscritti contribuisce al 27 per cento del Mes. Segue la Francia, con 20 miliardi di euro già stanziati e 143 miliardi di capitale sottoscritto.
L’Italia è invece terza – come correttamente riportato da Letta – con il 17,8 per cento del capitale: ha versato già oltre 14 miliardi di euro e sottoscritto 125 miliardi di capitale.
Chi prende le decisioni
Come anticipato, il Mes interviene su richiesta dei singoli Paesi che si trovano in difficoltà finanziarie.
Se i governatori sono d’accordo sull’attivazione del Meccanismo di stabilità, danno mandato alla Commissione Ue di iniziare un negoziato con il richiedente. Una volta definito un primo accordo – un memorandum of understanding – fra le parti, questo torna all’esame del Mes, che deve poi votarlo.
Le decisioni del Consiglio dei governatori e del Consiglio di amministrazione sono adottate di «comune accordo, a maggioranza qualificata o semplice a seconda dei casi» (art. 4 del Trattato). Ma ogni votazione richiede la «presenza di un quorum di due terzi dei membri che rappresentino almeno i due terzi dei diritti di voto».
Le decisioni vengono poi adottate definitivamente solo se approvate all’unanimità (quindi con il voto dell’Italia).
Il Trattato ha previsto anche una procedura di voto d’urgenza, in caso di minaccia alla sostenibilità economica e finanziaria dell’Eurozona. Questa procedura richiede un’approvazione dell’85 per cento dei voti espressi, concedendo dunque ai Paesi con oltre il 15 per cento dei diritti di voto la facoltà di porre il veto sulla decisione finale.
L’Italia, superando questa percentuale, può quindi impedire decisioni su cui sono d’accordo tutti i restanti Stati membri del Mes.
Il verdetto
L’ex presidente del Consiglio Enrico Letta ha ragione quando dice che l’Italia è il terzo azionista del Meccanismo europeo di stabilità (Mes), dietro a Germania e Francia.
In base al Trattato di istituzione del Mes, le decisioni principali dell’organizzazione vengono poi adottate all’unanimità, mentre in caso di procedure urgenti possono passare con un’approvazione dell’85 per cento. In ogni caso all’Italia, così come alla Germania e alla Francia, spetta il diritto di veto.
“Vero”, dunque, per Letta.
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7 dicembre 2024
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