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La Russa ha ragione: non è chiaro se fare il saluto fascista sia reato

| 10 gennaio 2024
La dichiarazione
«C’è incertezza su come considerare certi gesti [saluti fascisti, ndr] in caso di commemorazione di persone defunte»
Fonte: Corriere della Sera | 09 gennaio 2024
Ansa
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Verdetto sintetico
Il presidente del Senato ha ragione.
In breve
  • La legge “Scelba” del 1952 norma il reato di apologia di fascismo, che si verifica quando chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo». Tra questi princìpi o metodi potrebbe quindi rientrare anche il saluto romano. TWEET
  • Diverse sentenze della Corte Costituzionale hanno ritenuto classificabile come apologia di fascismo solo le manifestazioni o esaltazioni che possono «creare un effettivo pericolo» di riorganizzazione del partito fascista. In alcuni casi gli autori del saluto romano sono stati assolti, in altri sono stati condannati. TWEET
Il 9 gennaio il presidente del Senato Ignazio La Russa ha commentato al Corriere della Sera i fatti avvenuti due giorni prima a Roma, dove un gruppo di militanti neofascisti ha commemorato i tre morti uccisi in via Acca Larentia nel 1978 facendo il saluto romano (noto anche come “saluto fascista”).

La Russa ha ribadito che Fratelli d’Italia «è totalmente estranea all’episodio dei saluti romani», ma ha sollevato dubbi sulla possibilità di applicare il reato di apologia di fascismo per chi compie gesti simili. «Non aiuta a risolvere la questione, e le polemiche che ogni volta si scatenano, il fatto che ci sia incertezza su come considerare certi gesti in caso di commemorazione di persone defunte», ha detto il presidente del Senato.

È vero: da un punto di vista giuridico c’è ancora incertezza su come considerare il saluto romano, anche se le cose potrebbero cambiare presto.

L’apologia di fascismo

Quando si parla di contrasto al fascismo il primo riferimento normativo è la Costituzione. La numero 12 tra le “disposizioni transitorie e finali” della Costituzione, ossia le norme che hanno gestito il passaggio dall’ordinamento monarchico a quello repubblicano, afferma che «è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista».

Tale disposizione è stata attuata e chiarita nel 1952 con la cosiddetta “legge Scelba”, dal nome del ministro dell’Interno autore del testo, Mario Scelba. In base a questa legge, la «riorganizzazione del partito fascista» si ha ogni volta che «un’associazione persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». A questo proposito, la legge Scelba ha introdotto (art. 4) il reato di apologia del fascismo, che punisce con la reclusione fino a due anni chiunque «pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del partito fascista».

Il saluto romano sembrerebbe quindi rientrare in questa fattispecie di reato, dato che appare chiaro il suo intento di richiamare messaggi e comportamenti propri del fascismo e del partito fascista. 

Sul tema è intervenuta anche la legge “Mancino”, (dal nome del ministro dell’Interno che ne fu promotore) del 1993, che vieta «la discriminazione e la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Dato che in alcune occasioni gli individui e le organizzazioni di stampo fascista propagandano l’odio e la superiorità razziale, i giudici devono decidere quale tra la legge “Scelba” e la legge “Mancino” applicare in questi casi.

I precedenti giuridici

Il motivo per cui gesti come il saluto romano spesso non sono sanzionati, o forze politiche come Forza Nuova non sono sciolte, è perché i continui rimandi e rievocazioni al ventennio da parte dei militanti neofascisti non hanno rappresentato, secondo alcuni giudici, un’esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista. In questo senso hanno fatto giurisprudenza due sentenze della Corte Costituzionale del 1957 e 1958, secondo cui «l’apologia del fascismo, per assumere carattere di reato, deve consistere non in una difesa elogiativa, ma in una esaltazione tale da potere condurre alla riorganizzazione del partito fascista». 

Quindi, in parole semplici, fare il saluto romano (o simili) non è un reato se non si inserisce nel contesto di un effettivo tentativo di ricostituzione di un partito fascista. Stando a quanto si apprende da fonti stampa, al momento le persone denunciate per aver fatto il saluto romano durante le commemorazioni di Acca Larentia sono cinque e la Divisione investigazioni generali e operazioni speciali (Digos) della polizia è al lavoro per identificare tutti gli autori del gesto. Spetterà quindi ai giudici stabilire se i fatti del 7 gennaio possono essere considerati un tentativo di ricostruzione del partito fascista o meno. 

Esistono comunque casi in cui autori di gesti riconducibili al fascismo sono stati condannati. Nel 2014 per esempio la Corte di Cassazione ha condannato, in base alla legge “Scelba”, due simpatizzanti di Casapound per aver fatto il saluto romano nel 2009 durante un raduno neofascista a Bolzano. Nel 2019 invece Gabriele Leccisi, un avvocato che sei anni prima aveva fatto il saluto romano durante una seduta del consiglio comunale a Milano è stato condannato dalla Corte di Cassazione in base alla legge “Mancino” perché «la libertà di manifestazione del pensiero cessa quando trasmoda in istigazione alla discriminazione e alla violenza di tipo razzista». Al contrario, nel 2016 sette militanti di estrema destra sono stati assolti per aver fatto il saluto romano durante le commemorazioni che si svolgono ogni anno a Milano il 29 aprile in ricordo di Sergio Ramelli, giovane militante del Movimento sociale italiano ucciso negli anni Settanta. In questo caso i giudici accolsero la tesi della difesa secondo cui il gesto non era una manifestazione propagandistica ma un omaggio alla fede del giovane ucciso. Curiosità: tra gli avvocati difensori dei sette militanti c’erano proprio La Russa e Leccisi. 

Appare chiaro quindi come oggi spetti ai giudici stabilire di volta in volta se un gesto come il saluto romano può o meno essere punito dalla legge: La Russa ha quindi ragione a parlare di «incertezza» sulla questione. Un chiarimento definitivo potrebbe arrivare il prossimo 18 gennaio, quando le Sezioni unite penali della Corte di Cassazione, una particolare conformazione della corte che si occupa di «risolvere questioni di massima di particolare importanza», si riuniranno per esaminare il tema relativo al saluto romano effettuato durante una manifestazione pubblica, partendo da un caso avvenuto nel 2016 a Milano. 

«Attendo con interesse la prevista riunione a sezione riunite della Cassazione proprio su questo punto. È possibile che si stabilisca che un saluto romano durante una commemorazione non sia apologia di fascismo, e quindi non sia reato, come molte sentenze stabiliscono. Servirebbe chiarezza, ce lo aspettiamo», ha detto al Corriere della Sera La Russa.

Il verdetto

Secondo Ignazio La Russa, a oggi c’è incertezza se sia un reato fare un saluto fascista «in caso di commemorazione di persone defunte». Il presidente del Senato ha ragione.

La legge “Scelba” del 1952 norma il reato di apologia di fascismo, che si verifica quando chiunque «pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo». Tra questi princìpi o metodi potrebbe quindi rientrare anche il saluto romano.

Diverse sentenze della Corte Costituzionale hanno ritenuto classificabile come apologia di fascismo solo le manifestazioni o esaltazioni che possono «creare un effettivo pericolo» di riorganizzazione del partito fascista. In alcuni casi gli autori del saluto romano sono stati assolti, in altri sono stati condannati.

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