Il segretario della Lega Salvini, in puro stile euro-scettico, lancia questa affermazione provocatoria nell’ambito del Basta-Euro Tour, dichiarando che l’Europa negli ultimi 7 anni ha “regalato 5 miliardi di euro alla Turchia”. Andiamo a vedere se è vero.
Analizzando i dati forniti dall’Unione Europea e quelli trovati sul sito del Ministero dello Sviluppo Economico scopriamo subito che effettivamente tra il 2007 e il 2013 sono stati versati alla Turchia 4.799 milioni di euro all’interno del programma Ipa (Programma finanziario di assistenza pre-adesione).
Salvini presenta dati corretti riguardo la quantità di denaro versato, ma è vero che i soldi sono stati “regalati” e che l’Italia non avrebbe potuto dire di no? E’ evidente che i termini “regalare” e “senza che voi lo sapete” usati da Salvini sono più valutazioni politiche che dati oggettivi, tuttavia utilizziamo le sue parole per capire come funziona l’Ipa e per valutare se, almeno in senso lato, questa parte della dichiarazione sia vera o meno.
L’Ipa è uno strumento attraverso il quale l’Ue finanzia i Paesi che chiedono di essere ammessi all’interno della comunità e che vengono considerati come candidati potenzialmente idonei. I finanziamenti ricevuti dagli Stati candidati (compresa la Turchia) sono legati a programmi volti allo sviluppo del territorio.
Per quanto riguarda l’affermazione legata al “non so e non potevo”, l’Italia in quanto Stato membro può influire sull’entità del finanziamento stanziato all’interno dell’Ipa e vigila sull’avvenuta messa in atto dei programmi. Potremmo affermare, dunque, che l’Italia, pur non avendo il potere di fermare i finanziamenti, avrebbe potuto esprimere parere negativo, sia al momento della nascita del programma di finanziamento sia successivamente, durante l’assegnazione dei finanziamenti.
Salvini guadagna un “C’eri quasi” per aver riportato dati sostanzialmente reali, ma con una parte iniziale dell’affermazione leggermente distorta.
(Ringraziamo Federico Cericola, Cristian D’Aiello, Alice Facchini, Francesca Pintus, Amanda Perillo e Sofia Torre dell’Università di Bologna – Scuola di Scienze Politiche “Roberto Ruffilli” per questa analisi)