Una dichiarazione di questo tipo potrebbe essere oggetto di un trattato accademico, e non si può certo pensare di analizzarla in maniera esaustiva in qualche paragrafo. Ciononostante, si può fare un censimento di alcuni tra i principali indicatori economici dalla data di creazione dell’Unione Europea (il 1993, quando grazie al Trattato di Maastricht la “Comunità Europea” cambia nome) ad oggi.
I trend di crescita del Pil (IMF World Economic Outlook) danno purtroppo ragione al premier. Fatta eccezione per il 1993 – quando il Pil dei 27 Paesi che ora compongono l’Unione ha subito una contrazione complessiva dello 0,2% – e il biennio 2002-2003 – in cui la crescita si è aggirata intorno al 1,5% – il Pil ha avuto un aumento annuo superiore al 2% (fino al 2008). Nell’ultimo quinquennio la crescita si è frenata visibilmente. Nel 2008 siamo ad un valore di +0,5%, con un crollo nel 2009 (-4,2%), seguito pero’ da una gentile ripresa nel 2010 (+2,0%). Nel 2011 si è assistito ad un ulteriore rallentamento (+1,6%) e nel 2012 un arresto definitivo (+0,03%). Il tasso di crescita medio nel 2008-2012 è stato quindi di -1,66%, decisamente inferiore al +2,68% del 2003-2007, al +2,74% del 1998-2002, ed al +2,11 del 1993-1997.
Il tasso di disoccupazione nell’Unione a 15 (Eurostat) invece ha raggiunto il valore di 9,7% nel 2012, il piu’ alto registrato dal 1998. Tuttavia nel primo quinquennio di storia dell’Ue il livello di disoccupazione annuo è sempre stato ben più elevato, superiore al 10%. Va però segnalato che nel periodo 2008-2011, durante il quale la disoccupazione complessiva dell’Ue è passata da 7,2% a 9,7%, la Germania (che da sola ospita circa un quinto dell’intera popolazione europea) ha visto un forte calo del proprio tasso di disoccupazione nazionale (dal 7,5% al 5,9%). Da questo si può dedurre che, escludendo la Germania, l’aumento della disoccupazione in Europa nel periodo 2008-2011 e’ molto piu’ drammatico di quello del 1993-1998.
Il tasso di occupazione dell’Unione (e qui l’Eurostat utilizza come dato Ue una elaborazione dei tassi annui dei soli Paesi che erano membri dell’Ue in quello specifico periodo) nell’ultimo ventennio è sicuramente migliorato: il numero di persone occupate sul totale della popolazione in età 15-64 anni era 59,6% nel 1993, mentre si aggirava intorno al 64,3% nel 2011, ultimo anno disponibile nella serie Eurostat. Per quanto questo dato sia il peggiore dal 2005 è comunque un tasso più alto di quello registrato nell’intero decennio 1993-2002.
Tuttavia vale anche qui l’argomento fatto riguardo alla disoccupazione: la Germania aveva nel 1993 un tasso di occupazione pari al 65.1%, mentre nel 2011 gli occupati erano il 72.4% della popolazione per la fascia 15-64 anni. E’ evidente quindi che, se avessimo a disposizione i dati di una ipotetica Ue “a 26” senza la Germania, il tasso di occupazione risulterebbe essere molto più basso.
Le esportazioni, altro indice dello stato di salute di una economia, erano nel 2010 pari al 139.3% dei volumi del 2000, mentre nel 1995 erano solo il 67,3%, sempre utilizzando il 2000 come baseline (Eurostat). E’ anche vero però che il 2009 è stato l’unico anno nel periodo 1995-2010 in cui c’è stata una contrazione generalizzata dell’export (-11.6%).
Per quanto non esaustivi, i dati sopra elencati danno ragione al premier quando dice che siamo di fronte ad una crisi assultamente fuori dall’ordinario. Purtroppo perciò, anche se ci piacerebbe poter dire che ha torto, dobbiamo dare un bel “Vero” a Monti.