Nel corso del suo intervento di commento sugli esiti del Consiglio europeo del 14 e 15 marzo, Roberta Lombardi, capogruppo del MoVimento 5 Stelle alla Camera dei deputati, ha richiamato in due occasioni dei passaggi di “Questa volta è diverso. Otto secoli di follia finanziaria”, un saggio del 2009 firmato Carmen M. Reinhart e Kenneth S. Rogoff. Se, nel caso della prima citazione, già analizzata da Pagella Politica, la Lombardi è stata precisa, altrettanto non si può dire per la seconda.
Consultando pagina 94 della versione italiana dell’opera dei due economisti harvardiani, risulta evidente che il riferimento temporale menzionato dalla Lombardi è impreciso. Reinhart e Rogoff scrivono – come correttamente riportato dalla Lombardi – che, a partire dall’ultima parte del tredicesimo secolo, i mercanti italiani hanno concesso un’ingente somma di prestiti all’Inghilterra e che perciò è in quel momento storico che vanno ricercate le cause della prima vera crisi internazionale del debito. Ma – prosegue a pag. 94 – è dopo il 1340, quindi almeno quarant’anni dopo, che si verifica il default: la Lombardi sembra essersi persa questo passaggio, che non viene citato. Il dato rileva perché, al momento dello scoppio della crisi, siamo quasi alla metà del quattordicesimo secolo: a fine tredicesimo secolo Edoardo III (1312-1377), il sovrano inglese che ha dichiarato l’insolvenza, non solo non era ancora assurto al trono d’Inghilterra, ma … Non era neanche nato!
Inoltre – prosegue il saggio a pagina 94 e 95 – l’attribuzione di maggiori poteri al parlamento è solo una delle cause che hanno determinato il guadagno di credibilità da parte dell’Inghilterra; ad esempio si menziona l’ingegnosa pratica di emettere titoli di debito di breve periodo per finanziare le guerre, titoli che venivano convertiti in strumenti di lungo periodo dopo i conflitti. Riportare solo una parte di un’analisi scientifica – peraltro quella che giustifica la propria tesi di fondo – non pare un’operazione del tutto limpida sul piano intellettuale.
Diamo quindi un “Nì” alla Lombardi: a metà strada tra un voto positivo e negativo perché, se da una parte i dati sono stati riportati in modo non del tutto scorretto ed è apprezzabile che un politico utilizzi delle riflessioni prodotte da autorevole dottrina, dall’altra ci pare poco edificante che tali dati vengano fatti passare per fatti inconfutabili quando, in realtà, afferiscono a fenomeni interpretabili secondo molteplici prospettive: qualsiasi disciplina umanistica è teatro di ricchi dibattiti dottrinali, e la storia dell’economia non fa eccezione.