Invece di ammettere che i fondamentali dell’economia contano, che l’incertezza sulle politiche economiche del Paese impattano sullo spread direttamente attraverso la percezione di rischiosità degli investitori e, indirettamente, attraverso la possibilità o meno di effettuare manovre correttive leggittime e credibili da parte della Bce, Renato Brunetta preferisce perseverare nella sua visione “cospirazionista” del tema in cui era già caduto alcune settimane fa.


Lo spread nell’ultimo anno è effettivamente “migliorato”: ha seguito un trend discendente, in diminuzione, per tutto l’ultimo semestre del 2012, attestandosi a valori minimi a inizio 2013, come riporta il sito de Il Sole 24 Ore.  Hanno influito, probabilmente, le manovre della Bce di Mario Draghi, la migliore situazione internazionale (primo fra tutti lo scongiuramento del cosiddetto fiscal cliff americano) e, soprattutto, la percezione di una politica economica dell’Italia volta a risanare la spesa pubblica e a controllare l’indebitamento pubblico in seguito alle riforme fatte.


Nel periodo post elettorale, però, lo spread non è affatto miglioratodiminuito ma, anzi, è generalmente aumentato. Lo spread non è stato assolutamente “inchiodato a 328-330” punti, piuttosto è passato da 246 (fine gennaio) a 332 punti percentuali al 4 aprile 2013. Quindi Brunetta sembra proprio descrivere in modo impreciso il fenomeno o, almeno, lo interpreta su basi discutibili.


Spread BTP-Bund            fonte: Sole24Ore 


Quando l’Italia gestisce il proprio debito sovrano in modo credibile di fronte alla Bce e agli investitori, lo spread diminuisce; quando non lo è, aumenta. Il legame tra spread è rischio di default/liquidità sul debito è spiegato molto bene da questo recente articolo di Carlo Favero su LaVoce. Sulla presenza di “manine” o meno, invece, non ci pronunciamo: difficile trovare riscontri espliciti a questo tipo di affermazioni.


Riassumendo: lo spread non è “inchiodato” a 330-328 punti percentuale ma sta aumentando, anche se non tumultuosamente, più o meno dalle elezioni (o meglio, da quando gli investitori hanno capito che si sarebbe andati verso una situazione di ingovernabilità). Il “teorema” di Brunetta è quindi confutato dai fatti in modo particolarmente evidente, per quanto riguarda questi ultimi mesi. Il capogruppo alla Camera per il Pdl si salva da giudizi più severi perché, di fatto, lo spread è generalmente migliorato rispetto al governo Berlusconi; il “Pinocchio andante” è però meritatissimo perché lo spread è in crescita, con razionali economici evidenti che non sembrano far supporre “manine” nascoste. 


P.S.: Lo spread, come riporta correttamente Brunetta, toccò il massimo valore a 553 punti percentual poco prima delle dimissioni di Silvio Berlusconi, come si può vedere dal sito www.countryeconomy.com.