Senza dubbio questo è quanto viene riportato nel sito web della Regione Piemonte, dove si legge che “negli ultimi dieci anni, l’andamento dei costi del sistema piemontese è salito di circa 400 milioni di euro l’anno, passando da 6 miliardi di euro del 2002 a 8,5 miliardi del 2010. Per la prima volta, il 2011 ha segnato una diminuzione della spesa sanitaria di circa 135 milioni”.



La Relazione al parlamento sulla gestione finanziaria delle Regioni 2010-2011(“Sezione delle autonomie”, seduta del25 luglio 2012. Si tratta di un testo corposo di 615 pagine, 208 delle quali dedicate all’analisi dei conti della sanità), approvata dalla Corte dei Conti, conferma tale diminuzione della spesa. A pagina 368 si legge infatti che nel 2010 il costo totale del servizio sanitario era pari a 8.689 milioni di euro, mentre nel 2011 tale cifra è scesa a 8.569 milioni; una diminuzione pari a 120 milioni di euro (non 130, come afferma Cota, nè 135 come dichiarato nel sito della Regione).



Nello stesso documento, da pagina 345 in poi, si possono leggere gli esiti delle verifiche dei conti delle Regioni sottoposte a piano di rientro a causa degli elevati disavanzi (Lazio, Campania, Molise, Abruzzo, Puglia, Piemonte, Regione Siciliana, e Calabria). Relativamente al nostro caso specifico, i giudici della Corte dei Conti affermano che “la Regione Piemonte presenta un disavanzo di circa 274 milioni di euro, che però riesce a coprire nel 2012 con risorse del bilancio regionale, senza dover ricorrere alla leva fiscale. Il consuntivo 2011, dopo le coperture, pari a 280 milioni di euro, ha registrato un avanzo di 5,364 milioni di euro”. Promossa a pieni voti, quindi? Non esattamente. Sebbene, infatti, sottolinei gli sforzi compiuti per il rientro, tale studio si conclude riconoscendo che, sulla base dei dati forniti dalla Regione, “non sono stati rilevati elementi tali da consentire una valutazione positiva del piano di rientro. In relazione alla richiesta di riprogrammare nuovamente la tempistica di attuazione di alcuni interventi il cui termine era, di fatto, già scaduto nella gran parte dei casi da oltre sei mesi, in alcuni casi addirittura da nove/dodici mesi, Tavolo e Comitato hanno valutato che tale nuova rimodulazione avrebbe comportato un aggiornamento dei contenuti e degli obiettivi che, soprattutto in chiave economica, determinerebbe una non coincidenza con gli obiettivi del Piano di rientro e, in tali termini, […] ne hanno rilevato la relativa non conformità”.



Ricapitoliamo: se la diminuzione della spesa sanitaria (anche se 10-15 milioni di euro di differenziale non sono bruscolini) si avvicina al “Vero”, non possiamo fare altrettanto con la prima parte della dichiarazione. Un’affermazione imprecisa, quella del governatore Cota, che Pagella Politica classifica con un “C’eri quasi”.