Renzi con questa affermazione “ad effetto” voleva probabilmente solo dire che se si governa (o si vuole governare) un Paese con una forte spesa per interessi, un dialogo con “la finanza” è fondamentale: l’argomento è ovvio e non si può non essere d’accordo. Il “politichese” porta però spesso a sommare imprecisioni su imprecisioni, e Renzi alla fine combina “una quasi frittata”, contando anche il contesto in cui è stata detta l’affermazione.
Bisogna innanzitutto chiarire cosa vuol dire “parlare con la finanza”: l’ambiguità delle parole di Renzi sta prima di tutto qui. Un premier/futuro premier, deve sicuramente tenere in conto l’attività dei mercati finanziari: al giorno d’oggi, questo discorso è particolarmente importante per il debito pubblico, collocato/rifinanziato sui mercati primari e poi secondari. E’ quindi “normale” che un premier “parli” in pubblico ai mercati per la salvaguardia del debito pubblico: possiamo citare come esempio alcuni interventi dichiaratamente rivolti ai “mercati” da parte di Monti.
E’ un po’ più anormale (e complicato da spiegare dal punto di vista della tutela del debito pubblico) una cena come quella di Matteo Renzi con alcuni finanzieri milanesi, organizzata dal fondatore dell’Hedge Fund (o Boutique “Asset Management Company”) Algebris Davide Serra. Una cena del genere (“a porte chiuse”),visti gli invitati, è sicuramente interessantissima per discutere dell’economia/finanzia mondiale e italiana, magari cercare finanziatori (come si fa in America), ma è davvero difficile pensare che possa avere un’azione chiaramente “istituzionale” a presidio del debito italiano.
Possiamo però dire che interventi di lobbying a protezione del debito (supponiamo che lo siano, con un “atto di fede”) sono una prassi condivisa da molti governanti, o aspiranti tali come Renzi.
La parte più debole della frase “ad effetto” di Renzi è infatti un’altra: dalle sue affermazioni sembra che “parlare con la finanza” porti necessariamente al pagamento dei dipendenti della pubblica amministrazione e che in caso contrario questi non vengano pagati. Tale asserzione è difficile da sostenere: la spesa per la PA è la componente più importante della Spesa Diretta (per il 2012 la Nota di aggiornamento del DEF prevedeva una spesa per redditi da lavoro dipendente per la pubblica amministrazione di 167 miliardi di euro, circa il 21% del totale delle spese finali), ma il bilancio dello Stato (e la maggiore/minore liquidità che ne derivano) dipende però da moltissimi fattori, come per esempio il gettito fiscale, le altre voci di spesa pubblica (corrente e in conto capitale), e i trasferimenti.
Renzi sostiene che la possibilità di pagare i lavoratori pubblici dipenda dall’ammontare del ricorso ai mercati e dalla spesa per interessi, (in pratica al flusso di cassa derivante dalle attività di finanziamento). Sicuramente sono elementi collegati a livello di liquidità, ma ci sono diverse variabili da considerare (tutte le entrate, le spese in conto capitale e le altre spese correnti)
“Parlare con la Finanza” può impattare sui mercati finanziari e quindi sulle nuove tranche di debito pubblico sottoscritto (quindi sulla spesa per interessi e sulla liquidità della pubblica amministrazione); dire però che questa azione ha un vincolo diretto di causa-effetto con il pagamento dei dipendenti pubblici è estremamente impreciso: gli interessi passivi sono infatti solo una voce del bilancio dello Stato, il che e’ molto più complesso.
NB: by the way, Il dato citato da Renzi è corretto. Secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze la spesa per interessi sarà di 86.1 miliardi di euro al 2012 come indicato nell’aggiornamento al DEF di settembre.
(Ringraziamo Giorgio Gagnor per quest’analisi)