Un’analisi non è sufficiente per riassumere il tema sollevato da Maroni che, nell’annunciare la creazione della macroregione alpina, suggerisce un possibile “allontanamento” dall’euro, citando altri casi europei che stanno creando sistemi monetari complementari. Prima di analizzare quanto detto dal presidente della Regione Lombardia riteniamo opportuno spiegare, seppur rapidamente, cosa implica un sistema monetario complementare. Una valuta complementare viene utilizzata congiuntamente con una valuta nazionale, spesso per promuovere un commercio sostenibile e lo sviluppo dell’economia locale. I creatori e gli amministratori di una valuta specifica determinano il “sistema” monetario, spesso associando la valuta complementare a quella nazionale, con un cambio 1:1. La valuta può essere spesa solo nei luoghi o settori economici che accettano il sistema complementare, e in alcuni casi questi ammettono solo pagamenti parziali con la valuta complementare perché non tutti i fornitori o impiegati accettano di essere pagati con questa valuta. In alcuni casi, una percentuale della valuta viene versato in fondi comunitari per la promozione di progetti locali.
Come scopriamo attraverso la pagina web della “comunità delle valute in azione” (Community currencies in action, o CCIA), sono diverse le valute complementari in circolazione in Europa. Tra le più creative troviamo il Brixton pound, nato 5 anni fa, che circola nel quartiere londinese che porta lo stesso nome, sulle cui banconote troviamo, tra i diversi personaggi, il “brixtoniano” Davide Bowie. Anche nei Paesi Bassi è stato introdotto nel marzo 2014, il TradeQoin, il cui scopo è di promuovere e rivitalizzare il commercio tra imprenditori di tutti i tipi, incluse le piccole e medie imprese.
Non solo. In Francia, come afferma Maroni, esistono esempi di valute complementare. L’esperimento più recente risale al 2013, quando la valuta SoNantes è stata introdotta appunto nel comune di Nantes per permettere lo scambio di beni e servizi tra imprese ed individui a livello digitale. E’ francese anche il Sol Violette, nato nel 2011 per promuovere un’economia “giusta e sostenibile” che stimoli la produzione ed il consumo locale.
Lo stesso obiettivo è condiviso dalla valuta introdotta in Germania anni prima (nel gennaio 2003), lo Chiemgauer, in Baviera. Il suo fondatore, Christian Gelleri, è anche conosciuto per aver proposto una valuta a livello nazionale o regionale per “alleviare” la crisi dell’euro, particolarmente in Grecia. La valuta avrebbe portato il provocatorio nome di “Neuro“.
Il fenomeno identificato da Maroni non è tuttavia limitato ai Paesi della zona euro, o tantomeno a quelli dell’Unione europea: anche in Svizzera, infatti, esiste una valuta complementare, “Wir“, introdotta nel 1934 da imprenditori svizzeri con un intento che non è poi cosi diverso dalle valute più recenti: ricostruire l’economia e la società sulla base della cooperazione e della fiducia.
Il “gran fermento” di cui parla Maroni non è sempre recentissimo, specialmente se consideriamo il caso tedesco che risale ad un’epoca pre-crisi, ma non possiamo ignorare l’introduzione più attuale delle valute francesi o anche dell’olandese TradeQoin, che fanno si che il governatore della Lombardia si meriti un “Vero”.