Quando deve lodare i risultati dei suoi precedenti governi, Berlusconi torna spesso sull’innalzamento delle pensioni minime, uno dei punti salienti all’interno dell’ormai famosissimo contratto con gli italiani, firmato in diretta a Porta a Porta nel 2001. Già in occasione delle elezioni 2013 analizzammo i punti principali del documento che, secondo il leader di Forza Italia, era stato rispettato all’80%. In quell’occasione, e dopo una verifica punto per punto, scoprimmo che non era esattamente così. Questa volta il lavoro sarà un po’ più semplice, ma non meno attuale dato che l’ex-Cavaliere torna a parlare di pensioni minime all’interno del suo programma elettorale.
La pensione e l’assegno sociale
Ci riferiamo qui alla pensione o all’assegno sociale, ossia una prestazione di natura assistenziale erogata dall’Inps ai cittadini ultra-sessantacinquenni sprovvisti di reddito o con redditi (personali o familiari) inferiori ai limiti di legge. La pensione sociale, inserita nell’ordinamento italiano nel 1969, è stata sostituita dal primo gennaio 1996 dall’assegno sociale, che aumentò l’importo mensile a 480.000 lire – 248 euro (art. 6 della legge n.335 del 1995). Da allora l’importo è andato aumentando, fino a raggiungere gli attuali 447 euro per 13 mensilità.
E il “milione di lire”?
Effettivamente la Legge Finanziaria per il 2002 prevedeva, all’articolo 38, un aumento fino a 516,46 euro per 13 mensilità, raggiungendo quindi un milione di lire per 13 mensilità. Da come abbiamo potuto vedere nel paragrafo precedente, però, tale aumento non è registrato dall’Inps, che attualmente riporta un importo mensile attorno ai 450 euro. Ma allora che ne è stato dell’aumento berlusconiano?
In realtà l’incremento dell’assegno sociale previsto dalla finanziaria del 2002 era concepito solamente per “soggetti di età pari o superiore a settanta anni”, lasciando quindi fuori una buona fetta di assegnatari del trasferimento (tutti coloro tra i 65 ed i 70 anni). L’annuario 2006 dell’Inps (a chiusura del terzo governo Berlusconi) specificava, infatti, come all’epoca fossero previsti solo per individui “sotto particolari condizioni reddituali e anagrafiche” aumenti delle pensioni sociali e degli assegni sociali fino ad un importo pari a 551,35 euro mensili (secondo le maggiorazioni portate a quell’anno).
Conclusione
Insomma, quello che dice Berlusconi è vero in parte. Il suo governo ha effettivamente aumentato le pensioni sociali (o meglio, gli assegni sociali) fino a 1 milione di lire, ma solo per una fascia ridotta dell’intera platea dei beneficiari. “Nì”