Se c’è una cosa che a Beppe Grillo proprio non si può contestare è che stia sottovalutando la sfida dell’ingente debito pubblico. Il leader del M5S si è spinto ben oltre le più caute soluzioni, arrivando a considerare il default o la rinegoziazione, anche recentemente dopo essere uscito dall’incontro con Napolitano, ma si era già occupato del tema un mese fa dichiarando che “95 Stati hanno ristrutturato il debito almeno una volta” negli ultimi 60 anni. Avrà peró ragione nel citare questi numeri?
Grillo esagera sugli interessi che paghiamo ogni anno. Sfogliando il Documento di Economia e Finanza, a pagina 34 troviamo l’andamento degli interessi passivi dal 2010 al 2012 e le previsioni 2013-2017. Gli interessi passivi sul debito pubblico ammonteranno a circa 84 miliardi nel 2013, in calo di circa 3 miliardi rispetto al 2012. Già nel 2014 dovrebbero raggiungere i 90 miliardi, per poi avvicinarsi ai 100 miliardi citati da Grillo solo nel 2015.
E per quanto riguarda i titoli da vendere “per non fallire”? Il Dipartimento del Tesoro pubblica ogni mese online i titoli di Stato in scadenza nei prossimi 12 mesi. Quanti sono? Nell’ultima scheda, aggiornata al 30 giugno 2013, vediamo che i titoli in scadenza nei prossimi 12 mesi ammontano a un valore complessivo di circa 328 miliardi di euro (prevalentemente in Bot e Btp).
Più corretto, invece, parlare di 800 miliardi di euro l’anno di entrate. Sempre a pagina 34 del Def sopracitato, si può vedere che le entrate dello Stato ammontavano a 753 miliardi nel 2012, e che dovrebbero ammontare a circa 765 miliardi quest’anno. Il rapporto tra interessi e entrate è però pari a circa 1 a 9, non 1 a 8 come sostiene Grillo alla fine di questa carrellata sul debito pubblico.
Il debito pubblico italiano, già tra i più alti al mondo sia in termini relativi che in termini assoluti, non ha bisogno di essere ulteriormente gonfiato da Grillo, che si deve accontentare di un “C’eri quasi” per questa dichiarazione imprecisa.