Poco tempo fa, intervenendo alla kermesse degli stati generali del nord, il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi sposò in pieno uno dei punti programmatici del nuovo segretario della Lega: una riduzione dei sussidi statali alle imprese in cambio di una riduzione del carico fiscale. Mentre Maroni affermava che i sussidi ammontano a 30 miliardi di euro l’anno, Squinzi precisava che di questi solo 3,7 vanno ad imprese private, una cifra alla quale le aziende rappresentate da Confindustria potrebbero anche rinunciare.
Ma lo Stato trasferisce veramente 30 miliardi di euro l’anno ad imprese pubbliche e private? In realtà sembra che attorno alla questione sia in corso un aspro dibattito. Un articolo pubblicato da lavoce.info nel gennaio del 2012 stimava che il totale degli aiuti alle imprese fosse pari nel 2010 a circa 11,98 miliardi di euro, facendo però un paio di premesse: innanzitutto, non possono essere considerati “sussidi” i trasferimenti ad imprese pubbliche. Inoltre, la voce di spesa solitamente considerata (“trasferimenti correnti a imprese e contributi agli investimenti”) non tiene conto di altre forme di incentivo, come sgravi contributivi, previdenziali o assistenziali, includendo crediti d’imposta e compensazioni di contributi. Tra l’altro, se lo Stato si presentasse come unico acquirente di beni prodotti da imprese private ma di interesse pubblico (unità navali o aeromobili), la demarcazione tra “incentivo” e “spesa per la collettività” sarebbe ancora più difficile da discernere.
Le spese considerate “incentivi” da lavoce.info sono quindi quelle per cui lo Stato non riceve nessun servizio in cambio, si sostituisce effettivamente all’impresa nell’assolvimento di oneri previdenziali, oppure rinuncia al gettito fiscale che dovrebbe provenire dall’impresa stessa. Ma se lavoce.info rileva quindi che gli incentivi calcolabili in quanto tali ammontano a 12 miliardi di ero, Maroni da dove ha preso la sua cifra?
Il famoso “Rapporto Giavazzi”, compilato a luglio del 2012 con lo scopo di individuare incentivi infruttuosi, e quindi eliminabili, attesta la difficoltà nel quantificare con esattezza questa tipologia di spesa, alludendo quindi ad un perimetro che potrebbe variare “da un minimo di 3 ad un massimo di 30-40 miliardi di Euro”, a seconda delle fonti utilizzate e delle voci di spesa considerate.
Maroni, che si è ispirato ai dati presenti nel rapporto, estrapola a fini elettorali il massimo stimabile, ma non per questo si sbaglia. Data la difficoltà nel valutare con precisione gli aiuti “eliminabili”, gli assegniamo quindi un bel “Nì”, come effettivamente a quasi tutti gli altri!