Enrico Letta fa un’interpretazione dei fatti politici abbastanza curiosa che vale la pena analizzare in dettaglio. Si sa, in politica spesso si usano concetti semplici per renderli più chiari al grande pubblico, ma fino a che punto una semplificazione è accettabile? Quando le approssimazioni diventano veri e propri errori? In una politica che ha stilemi e linguaggi propri vale la pena sottolineare che se si citano dati bisognerebbe essere precisi, e se si fanno ragionamenti quantitativi, questi dovrebbero essere metodologicamente corretti, anche se si approssima per essere compresi dal proprio elettorato.



Innanzitutto, per essere pignoli, il primo dato scorretto è sul licenziamento di 26002800 persone (e non 2400 come riportato) nella televisione pubblica greca, come riportato in questo articolo del Sole24Ore, in una sole notte, da molti interpretato come un vero “coup de theatre” del premier Samaras per ingraziarsi la cosiddetta Troika, evidenziando la buona volontà nell’applicare una politica di rigore verso l’ormai “junk” debito greco.



Fin qui, normali refusi su cifre neanche così fondamentali. E’ sul piano economico che invece Letta si dimostra più criticabile. Per prima cosa evidenziare una correlazione diretta tra un avvenimento di un Paese membro dell’Eurozona e il tasso d’interesse pagato sui titoli di debito di un altro, è una personale interpretazione, molto difficile da dimostrare. Sicuramente, il fatto che la Grecia abbia pensato a licenziamenti così consistenti con una manovra “pubblicitaria”, può aver intimorito gli investitori nei mercati europei, ponendo un’ulteriore ondata di sfiducia su provvedimenti considerati in realtà inattuabili politicamente e non strutturali. Da questa considerazione – che può anche essere condivisibile – arrivare a valutare in modo preciso l’impatto sugli interessi pagati sul debito italiano è però un vero e proprio azzardo: non sono chiari i metodi e le logiche con cui isolare e valutare questo tipo di fenomeno.



Ammesso che questo rapporto “causa-effetto” così forte, esclusivo e rapido esista, vediamo se i riferimenti numerici sono corretti: da fonte Reuters vediamo che il governo ha annunciato l’11 giugno la chiusura della televisione ellenica di Stato; per vedere se Letta ha ragione, possiamo valutare se il differenziale tra i rendimenti medi dei BTP a 10 anni ( che è il benchmark solitamente utilizzato in questi casi e a cui, ipotizziamo, si sia ragionevolmente riferito Letta) è quello citato. Sul sito del MEF, leggiamo che a fine maggio il rendimento medio dei titoli collocati era di 4,14%, mentre a fine giugno era 4,55%; abbiamo quindi un differenziale di +0,41% che, su un’emissione media mensile di circa 2.5-3,5 miliardi di euro (calcoliamo per semplicità un 3,0 miliardi che è una buona proxy delle emissioni di quest’anno), darebbe circa +150 milioni di euro su un anno year-to-date solo sui BTP a 10 anni. Se contiamo anche un impatto su altre masse obbligazionarie (altri tagli di BTP, etc…), parlare di circa 200 milioni di euro potrebbe essere una stima che ha senso come ordine di grandezza, ma che potrebbe anche essere molto più ampia, visto che sui soli BTP a 5 e 3 anni ogni mese vengono emessi degli importi più o meno delle stesse grandezze. Insomma, stima tutto sommato abbastanza credibile ma anche molto attaccabile.



Inoltre, ragionare su anni “rolling”, o “year-to-date” (ma qui Letta sembra voler fare volutamente una semplificazione) è scorretto perché l’aumento citato dal Presidente del Consiglio sui rendimenti medi dovrebbe essere considerato come costante nel tempo su 12 mesi, cosa che in realtà è pressoché impossibile visto che i tassi potrebbero scendere e salire ad ogni asta futura. Anche qui la il tentativo di costruire un modello é poco difendibile.



Ultimo dubbio: non è che Letta, nel linguaggio comune, confonda tassi di interesse (pagati dallo Stato in base ai risultati delle aste

dei titoli emessi) con il cosiddetto spread – differenziale rendimenti titoli a 10 anni Italia-Germania – ? Se guardiamo proprio al periodo successivo all’11 giugno, ci accorgiamo che effettivamente c’è un salto da 274 BPS fino a un picco di 308 BPS il 25 giungo, per poi diminuire ancora. Non sembra, quindi, il caso citato da Letta, anche perché gli effetti sulle aste del mercato primario sono stimati essere molto più forti (si veda questo studio di Bankitalia).



Che dire, quindi… Valutazioni decisamente semplicistiche da parte di Enrico Letta: è possibile che decisioni di politica economica in altri Paesi dell’Eurozona abbiano un effetto importante sulle nostre modalità di rifinanziamento ma il Presidente del Consiglio perde punti in Pagella a causa di piccole inessattezze (il balzo è stato pari a +0,4%, non +0,5% se, come pare, si parlava di BTP a 10 anni) e per aver forzato la mano nello stabilire un rapporto di causa-effetto univoco (“E’ bastato che…”) tra le decisioni di Samaras e l’aumento nel rendimento medio dei titoli tra maggio e giugno. Insomma una situazione complessa liquidata con eccessiva semplicità: “Nì”.