Il 2 novembre, in un doppio intervento alla Camera e al Senato, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato alcune delle novità del prossimo Dpcm per contenere l’emergenza coronavirus.
Nel suo discorso Conte ha detto che l’aumento dei nuovi casi è dovuto anche a «una accresciuta capacità di screening», grazie ai 200 mila tamponi fatti in media ogni giorno. «Abbiamo toccato anche punte di 215 mila – ha aggiunto il presidente del Consiglio – quando a marzo ne venivano somministrati 25 mila».
Questi numeri sono corretti? Ed è vero che troviamo più contagiati perché facciamo più tamponi rispetto al passato, come ha lasciato intendere Conte?
Abbiamo verificato e la dichiarazione di Conte, che contiene alcune imprecisioni, necessita di diversi chiarimenti. In breve: è vero che facciamo molti più tamponi rispetto al passato, ma la maggiore capacità di test ha un peso sempre minore nell’individuare i nuovi contagiati, che crescono soprattutto perché il virus si sta diffondendo nella popolazione.
Ma procediamo con ordine, partendo dai dati sui tamponi fatti.
I numeri sui tamponi
Secondo Conte, ogni giorno l’Italia fa in media circa 200 mila tamponi – con punte di 215 mila – mentre a marzo ne faceva 25 mila. Questi dati sono leggermente imprecisi.
Dal 26 ottobre al 1° novembre, ogni giorno sono stati fatti in media quasi 188 mila tamponi – un po’ meno dei 200 mila rivendicati da Conte – ma è vero che in due occasioni, il 30 e 31 ottobre, si è superata quota 215 mila. A marzo la media giornaliera è stata di circa 15 mila tamponi, ma con un ampio aumento dai circa 2.500 di inizio mese ai quasi 30 mila di fine mese.
Dunque è innegabile che in otto mesi il numero dei tamponi è aumentato moltissimo. Ma per valutare meglio questa maggiore capacità di fare test sono necessarie almeno due osservazioni.
Regole diverse
In primo luogo, bisogna ricordare che a marzo, con l’arrivo della prima ondata, le linee guida nazionali sui tamponi erano diverse rispetto a quelle attuali e prevedevano che fossero testati solo i casi sintomatici.
Nella pratica, poi, c’erano molte differenze da regione a regione. In Lombardia, per esempio, la situazione era talmente grave che si testavano soltanto i casi con i sintomi più evidenti. In Veneto, invece, in alcune occasioni sono stati sottoposti ai test anche i soggetti asintomatici, che avevano avuto un contatto stretto con un positivo.
In generale, come abbiamo spiegato in un’altra analisi, bisogna fare molta attenzione a comparare i numeri attuali – su contagi e test – con quelli di marzo-aprile. Il rischio è quello di confrontare le mele con le pere.
C’è chi fa di più
In secondo luogo, l’aumento del numero dei tamponi fatti è stato registrato in tutti gli altri grandi Paesi europei. E se si guarda al numero giornaliero di tamponi fatti ogni mille abitanti, si scopre che al momento Francia, Gran Bretagna e Spagna fanno in media più test del nostro Paese (leggermente indietro resta la Germania).
Nel suo discorso Conte ha detto che l’aumento dei nuovi casi è dovuto anche a «una accresciuta capacità di screening», grazie ai 200 mila tamponi fatti in media ogni giorno. «Abbiamo toccato anche punte di 215 mila – ha aggiunto il presidente del Consiglio – quando a marzo ne venivano somministrati 25 mila».
Questi numeri sono corretti? Ed è vero che troviamo più contagiati perché facciamo più tamponi rispetto al passato, come ha lasciato intendere Conte?
Abbiamo verificato e la dichiarazione di Conte, che contiene alcune imprecisioni, necessita di diversi chiarimenti. In breve: è vero che facciamo molti più tamponi rispetto al passato, ma la maggiore capacità di test ha un peso sempre minore nell’individuare i nuovi contagiati, che crescono soprattutto perché il virus si sta diffondendo nella popolazione.
Ma procediamo con ordine, partendo dai dati sui tamponi fatti.
I numeri sui tamponi
Secondo Conte, ogni giorno l’Italia fa in media circa 200 mila tamponi – con punte di 215 mila – mentre a marzo ne faceva 25 mila. Questi dati sono leggermente imprecisi.
Dal 26 ottobre al 1° novembre, ogni giorno sono stati fatti in media quasi 188 mila tamponi – un po’ meno dei 200 mila rivendicati da Conte – ma è vero che in due occasioni, il 30 e 31 ottobre, si è superata quota 215 mila. A marzo la media giornaliera è stata di circa 15 mila tamponi, ma con un ampio aumento dai circa 2.500 di inizio mese ai quasi 30 mila di fine mese.
Dunque è innegabile che in otto mesi il numero dei tamponi è aumentato moltissimo. Ma per valutare meglio questa maggiore capacità di fare test sono necessarie almeno due osservazioni.
Regole diverse
In primo luogo, bisogna ricordare che a marzo, con l’arrivo della prima ondata, le linee guida nazionali sui tamponi erano diverse rispetto a quelle attuali e prevedevano che fossero testati solo i casi sintomatici.
Nella pratica, poi, c’erano molte differenze da regione a regione. In Lombardia, per esempio, la situazione era talmente grave che si testavano soltanto i casi con i sintomi più evidenti. In Veneto, invece, in alcune occasioni sono stati sottoposti ai test anche i soggetti asintomatici, che avevano avuto un contatto stretto con un positivo.
In generale, come abbiamo spiegato in un’altra analisi, bisogna fare molta attenzione a comparare i numeri attuali – su contagi e test – con quelli di marzo-aprile. Il rischio è quello di confrontare le mele con le pere.
C’è chi fa di più
In secondo luogo, l’aumento del numero dei tamponi fatti è stato registrato in tutti gli altri grandi Paesi europei. E se si guarda al numero giornaliero di tamponi fatti ogni mille abitanti, si scopre che al momento Francia, Gran Bretagna e Spagna fanno in media più test del nostro Paese (leggermente indietro resta la Germania).