Il 20 maggio il deputato della Lega Massimo Bitonci ha criticato la proposta del Pd di aumentare le imposte di successione sulle eredità superiori ai 5 milioni di euro. A sostegno della sua contrarietà alla misura Bitonci, secondo quanto riporta l’agenzia AskaNews, ha sottolineato che «il total tax rate italiano è già tra i più alti al mondo» e «supera il 64 per cento».

Abbiamo verificato ed è impreciso. Il total tax rate dell’Italia è più basso di quello riportato e il dato italiano non è tra i più alti al mondo. Soprattutto, il total tax rate non c’entra nulla con le imposte di successione. Andiamo a vedere i dettagli.

Il total tax rate: che cos’è e quant’è in Italia

Il total tax rate è definito dalla Banca Mondiale come l’ammontare delle tasse e dei contributi obbligatori che devono pagare le imprese, dopo aver conteggiato le deduzioni e le esenzioni consentite, espressa in percentuale dei profitti commerciali.

Come abbiamo scritto anche in passato, in Italia era pari al 64 per cento nel 2015, ma negli anni successivi è progressivamente andato diminuendo fino a toccare nel 2017 il 48 per cento. Successivamente è tornato a salire e, secondo i dati disponibili più recenti, riferiti al 2019, è ora pari al 59,1 per cento.

Con questa percentuale l’Italia si posiziona ventiquattresima tra i 189 Paesi per cui la Banca Mondiale riporta i dati. Davanti a noi troviamo, tra le grandi economie, Stati come la Francia, il Brasile e la Cina.

Dunque il dato del 64 per cento è impreciso ed è esagerato dire che il dato italiano sia tra i più alti al mondo. Ma, come anticipato, è soprattutto fuorviante associare il total tax rate – che riguarda la tassazione delle imprese – alla proposta del Pd sulle imposte di successione, che riguarda le persone fisiche. Se andiamo a vedere i dati sulla pressione fiscale (questo sì un indicatore pertinente, che confronta l’insieme delle entrate fiscali con il Pil) i numeri cambiano significativamente.

Quanto vale la pressione fiscale in Italia

Secondo i dati più recenti, nel 2020 la pressione fiscale in Italia è stata pari al 43,1 per cento del Pil.

Come abbiamo scritto di recente, sempre analizzando alcune posizioni espresse da politici di destra contrari all’aumento delle imposte di successione sui patrimoni superiori ai 5 milioni di euro, nel 2019 secondo Eurostat la pressione fiscale italiana era pari al 42,6 per cento.*

Con questa percentuale l’Italia si posizionava al sesto posto tra i 27 Paesi dell’Ue. Prima di noi troviamo Austria, Svezia, Belgio, Danimarca e poi la Francia, che con una pressione fiscale del 47,4 per cento era il primo Paese in Europa.

Dunque, al di là delle legittime opinioni sul fatto se le tasse in Italia siano troppo alte o meno, è esagerato sostenere che siamo tra i Paesi con la pressione fiscale più alta, in Europa e nel mondo.

Il verdetto

Il deputato della Lega Massimo Bitonci, parlando il 20 maggio della proposta del Pd di aumentare le imposte sulle eredità superiori ai 5 milioni di euro, ha sostenuto che «il total tax rate italiano è già tra i più alti al mondo» e «supera il 64 per cento».

Il dato è impreciso: il total tax rate dell’Italia secondo i dati più recenti, è inferiore al 60 per cento (59,1 per cento nel 2019). L’Italia si posiziona così ventiquattresima in classifica, dietro a grandi economie come Francia, Brasile e Cina. Non abbiamo insomma uno dei total tax rate tra i più alti al mondo.

Ma soprattutto il total tax rate, che riguarda le imprese, nulla c’entra con l’aumento delle imposte di successione proposto dal Pd, che riguarda le persone fisiche. Se guardiamo al dato sulla pressione fiscale in Italia, questo è pari nel 2020 al 43,1 per cento del Pil ed era pari al 42,6 per cento prima della pandemia (che ha contratto il Pil), quando il nostro Paese risultava sesto in classifica tra i 27 Stati Ue.

Nel complesso per Bitonci un “Pinocchio andante”.



*nel documento Istat citato subito prima la pressione fiscale in Italia nel 2019 è riportato essere pari al 42,4 per cento. La discrepanza è probabilmente attribuibile al diverso aggiornamento delle due fonti, considerato che Eurostat riceve i dati da Istat