No, l’Italia non ha la pressione fiscale più alta dell’Ue

Pagella Politica
Negli ultimi giorni la proposta del Partito democratico di aumentare le imposte sulle eredità oltre i 5 milioni di euro ha attirato parecchie critiche, in particolare da chi sostiene che la pressione fiscale nel nostro Paese sia già troppo alta. Ma diversi politici sembrano avere le idee poco chiare in merito.

Il 25 maggio il leader della Lega Matteo Salvini, ospite a Cartabianca su Rai 3, ha affermato (min. 10:20) che l’Italia è «il Paese con la pressione fiscale più alta in Europa». Il giorno successivo, il deputato di Fratelli d’Italia Marco Osnato è intervenuto in Aula sostenendo (min. 3:45) invece che il nostro fosse il quarto Paese dell’Unione per pressione fiscale.

Abbiamo verificato, e sia Salvini che Osnato sbagliano. Vediamo come stanno le cose.

Quanto è alta la pressione fiscale in Italia

La pressione fiscale indica il peso delle entrate fiscali – dalle tasse sul lavoro ai contributi previdenziali, passando tra le altre cose per le imposte di successione – sul Prodotto interno lordo (Pil) di un Paese.

Secondo i dati Eurostat, nel 2019 (ultimo anno per cui sono disponibili dati completi) l’Italia si posizionava al sesto posto tra i 27 Paesi dell’Ue, con una pressione fiscale pari al 42,6 per cento. Prima di noi troviamo Austria, Svezia, Belgio, Danimarca e poi la Francia, che con una pressione fiscale del 47,4 per cento era il primo Paese in Europa. All’ultimo posto c’è invece l’Irlanda, dove la pressione fiscale era del 22,7 per cento: circa la metà rispetto al valore italiano. La media europea era invece del 41,4 per cento.
Negli ultimi nove anni l’Italia si è sempre mantenuta tra l’ottava e la quarta posizione, occupata quest’ultima nel 2012 e nel 2013 con una pressione rispettivamente del 43,4 e del 43,5 per cento.
L'andamento della pressione fiscale in Italia, 2011-2019
L'andamento della pressione fiscale in Italia, 2011-2019

Cosa c'entrano gli 80 euro e l'economia sommersa

Il valore della pressione fiscale in Italia potrebbe cambiare in base alla metodologia con cui viene calcolato il Pil o alla categorizzazione di alcune spese.

Un esempio è il bonus fiscale da 80 euro introdotto dal governo di Matteo Renzi nel 2014: come abbiamo già spiegato, se questo viene definito come una riduzione delle imposte la pressione fiscale diminuisce, e aumenta invece se lo si considera come una maggiore spesa dello Stato. Le norme contabili europee impongono di non conteggiare gli 80 euro come una riduzione delle tasse ma come maggiori spese, facendo quindi crescere la pressione fiscale.

Un altro fattore che potrebbe modificare il valore della pressione fiscale in Italia dipende dall’inclusione o meno dell’econonomia non osservata (Noe) nel calcolo del Pil.

A partire dal 2014 infatti i dati sul Pil rilasciati dai Paesi dell’Unione europea includono anche le stime della ricchezza prodotta dalle attività che fanno parte della Noe e che quindi, per diversi motivi, non possono essere osservate direttamente dalle statistiche ufficiali: parliamo per esempio degli affitti pagati in nero, il lavoro irregolare, il traffico di stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando.

Uno studio pubblicato a ottobre 2020 dalla Fondazione nazionale commercialisti e dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili ha calcolato (pag. 20) il valore della pressione fiscale “effettiva”nel nostro Paese, cioè il peso delle entrate fiscali sul Pil al netto del valore dell’economia non osservata. Ricordiamo però che la pressione fiscale così calcolata non rientra nei parametri ufficiali utilizzati dall’Istat.

In ogni caso, secondo i calcoli dello studio, nel 2017 – ultimo anno per il quale erano disponibili dati sull’economia non osservata – la pressione fiscale reale in Italia era pari (pag. 20) al 47,6 per cento: 5,5 punti percentuali in più rispetto alla pressione fiscale apparente segnalata da Eurostat. Le proiezioni suggeriscono poi che nel 2018 la pressione reale (quindi al netto della Noe) era pari al 47,4 per cento – contro un dato apparente del 41,9 per cento – e al 48,2 per cento nel 2019.

Questi valori farebbero salire il nostro Paese in cima alla classifica dei Paesi europei con la più alta pressione fiscale. Il confronto però non sarebbe equo, perché i dati Eurostat che abbiamo considerato conteggiano, sia per l’Italia che per tutti gli altri Stati, anche il valore stimato dell’economia non osservata. Un elemento che, a parità di imposte pagate, fa necessariamente scendere la pressione fiscale.

Non sono disponibili dati o classifiche ufficiali che calcolino la pressione fiscale reale, o anche soltanto il peso dell’economia non osservata in rapporto al Pil dei vari Paesi europei. Sappiamo però che in Italia il suo valore è particolarmente rilevante. Per esempio secondo lo studio The European Tax Gap, di cui abbiamo già parlato, nel 2015 il nostro Paese era primo per valore stimato dell’evasione fiscale.

In conclusione

La proposta del Pd di alzare le imposte di successione sulle eredità oltre i 5 milioni di euro per finanziare una dote ai diciottenni ha sollevato parecchie critiche, in particolare da chi sostiene che la pressione fiscale in Italia sia già troppo alta. Ma diversi politici sembrano avere le idee poco precise a proposito.

Il 25 maggio Matteo Salvini, ospite alla trasmissione Cartabianca su Rai 3, ha sostenuto che l’Italia è il Paese europeo con la pressione fiscale più elevata. Il giorno successivo il deputato di Fratelli d’Italia Marco Osnato, intervendento alla Camera, ha invece affermato che siamo quarti in classifica.

Abbiamo controllato, ed entrambe le affermazioni sono sbagliate. Nel 2019 l’Italia era al sesto posto nella classifica europea dei Paesi con la piu alta pressione fiscale, che era pari al 42,6 per cento. Al primo posto troviamo la Francia, e all’ultimo l’Irlanda. Negli ultimi nove anni l’Italia non è mai stata in cima alla classifica – come sostenuto da Salvini – ma è stata quarta nel 2012 e nel 2013.

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