Il dato sulla chiusura delle imprese viene spesso riportato dai leader dell’opposizione per sottolineare l’inadeguatezza dell’azione governativa. Verifichiamo subito se Salvini ha ragione.



Cessazioni o chiusure?



Partiamo innanzitutto dal rapporto Unioncamere per l’anno 2013, che comunica come siano state più di 372.000 le imprese ad aver cessato la propria attività, ovvero più di 1.000 al giorno. Ricordiamo però che, secondo la definizione della stessa Unioncamere, “cessazione” non significa necessariamente “fallimento”, né “chiusura”. Include infatti svariate ragioni che possono aver portato un’azienda a scomparire dai registri delle camere di commercio: ritiro dagli affari, trasferimento in un’altra provincia, scioglimento o cessazione di ufficio.



Se vogliamo invece consultare solamente i dati riguardanti le procedure per chiusura, il rapporto del Gruppo Cerved per l’anno 2013 rivela come queste siano state circa 111 mila, ovvero 304 al giorno. Sono qui inclusi fallimenti, liquidazioni volontarie e procedure non fallimentari (rese possibili nel 2012 dall’introduzione del concordato in bianco che, sempre secondo Cerved, “consente a un’impresa in crisi di bloccare le azioni esecutive dei creditori presentando una domanda in bianco in attesa di preparare il piano di risanamento”).






Il primo trimestre 2014



E se Salvini si stesse invece riferendo al primo trimestre del 2014? I dati Movimprese parlano di 155.909 cessazioni, più o meno 1.730 al giorno. Il rapporto Cerved sullo stesso periodo, pubblicato a maggio di quest’anno, riferisce invece di circa 23.500 chiusure aziendali, ossia circa 260 al giorno.



Insomma, Salvini si avvicina al dato se si osservano (come riteniamo sia giusto che sia) soltanto i dati per chiusure aziendali presenti all’interno del rapporto Cerved. Salvini tende inoltre a sottostimare il dato, che nel mondo di Pagella Politica denota una certa “buona fede” del politico (avrebbe, da leader di opposizione, tutto l’interesse ad esagerare la realtà). “C’eri quasi”.