Il 10 gennaio, il leader della Lega Matteo Salvini, intervistato a In mezz’ora in più su Rai 3, ha annunciato (min. 1:05:37) che il suo partito non avrebbe votato a favore del regolamento europeo sull’uso del Recovery and resilience facility. Secondo Salvini, in base all’articolo 9 del regolamento, l’utilizzo dei prestiti europei sarebbe legato, per il Paese beneficiario, a politiche di austerità per rispettare due parametri fiscali: il deficit inferiore al 3 per cento e il rapporto debito pubblico-Pil inferiore al 60 (Salvini lo chiama erroneamente “rapporto deficit-Pil”). Se lo Stato membro non rispettasse questi parametri, ha aggiunto Salvini, sarebbe chiamato a «tagliare le pensioni» e «aumentare le tasse».
Abbiamo verificato e il leader della Lega confonde informazioni corrette e imprecise, ma in generale punta a un messaggio fuorviante. È vero che il regolamento europeo leghi l’erogazione dei fondi del Recovery al rispetto delle regole fiscali comunitarie, ma questa non è in alcun modo una novità o una specificità. Avveniva e avviene già con i fondi del bilancio pluriennale. Inoltre non c’è nessun automatismo che costringa lo Stato beneficiario a determinate riforme. Non ultimo, il Patto di stabilità – nel quale queste regole sono previste – è attualmente sospeso e lo sarà almeno per il resto del 2021.
Ma procediamo con ordine e vediamo che cosa prevede il regolamento.
Che cosa dice la proposta di regolamento
L’11 gennaio le commissioni per il Bilancio e i Problemi economici del Parlamento europeo hanno approvato gli accordi provvisori sul bilancio pluriennale dell’Unione (2021-2027) e il Recovery and resilience facility, ovvero il “Dispositivo di finanziamento per la ripresa e la resilienza”. Gli europarlamentari della Lega, come annunciato da Matteo Salvini, non hanno votato a favore, ma si sono astenuti. Il Recovery and resilience facility mette a disposizione 672,5 miliardi di euro dei 750 totali del Next Generation Eu, il piano di rilancio dell’economia degli Stati membri in risposta alla pandemia. Di questi oltre 670 miliardi, 360 sono prestiti (e vanno quindi restituiti) e 312,5 sono sovvenzioni (dunque a fondo perduto).
Il regolamento sul Recovery and resilience facility prevede all’articolo 9, citato da Salvini, che il Consiglio dell’Ue, su proposta della Commissione, possa sospendere l’erogazione dei fondi a uno Stato membro nei casi di «significativa inadempienza» previsti dal Regolamento del Consiglio europeo recante le disposizioni comuni applicabili a una serie di fondi europei previsti dal bilancio 2021-2027 dell’Ue (per esempio, il Fondo europeo di sviluppo regionale e il Fondo di coesione, due dei più consistenti). Questo è un passaggio importante: queste regole che prevedono la possibile sospensione non si applicano solo al Recovery, ma a una serie di fondi europei del bilancio 2021-2027. Non solo: indicazioni simili erano previste negli anni passati per il bilancio 2014-2020.
Vediamo ora quali sono le condizioni che potrebbero portare a un congelamento dei fondi Ue. Secondo l’articolo 15 (paragrafo 7) del regolamento sui fondi europei 2021-2027 – a cui rimanda l’articolo 9 citato da Salvini sul Recovery and resilience facility – la Commissione europea può proporre al Consiglio dell’Ue «di sospendere totalmente o parzialmente i pagamenti relativi a uno o più programmi di uno Stato membro» in una serie di circostanze. La prima motivazione è che lo Stato non abbia «adottato azioni efficaci per correggere il suo disavanzo eccessivo» (articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Sulla definizioni di «disavanzo eccessivo» torneremo più avanti.
Il secondo caso prevede che la Commissione abbia già mandato due raccomandazioni relative agli squilibri di bilancio senza che il Paese interessato abbia presentato un piano correttivo (articolo 8 del Regolamento Ue n.1176 del 2011). Il piano correttivo del Paese dev’essere basato sulle raccomandazioni strategiche del Consiglio dell’Ue definite appositamente nel caso in cui sia stata avviata una procedura per l’eccessivo squilibrio di bilancio.
In altri termini, l’erogazione dei fondi del Recovery, o del bilancio 2021-2027, potrebbe essere sospesa se il Paese beneficiario non solo uscisse dai parametri sull’equilibrio di bilancio, ma non mettesse in atto nessuna iniziativa per correggere questo andamento. Regole sostanzialmente identiche erano previste anche nel regolamento sui bilancio pluriennale 2014-2020.
Ma correggere gli eventuali squilibri significa necessariamente «aumentare le tasse» e «tagliare le pensioni»? Cerchiamo di capire meglio.
Le precedenti raccomandazioni
Stando a quanto abbiamo visto finora, è corretto dire che il Regolamento sull’utilizzo del Recovery sia legato al rispetto dell’equilibrio di bilancio. Nei casi in cui ci fosse «una significativa inadempienza» dell’equilibrio, allo Stato potrebbe effettivamente essere richiesto un piano correttivo da Commissione e Consiglio dell’Ue per continuare a ricevere i fondi. Il contenuto dei piani verrebbe stabilito appositamente in questa circostanza, quindi non si può dire, in automatico, che prevederebbe il taglio delle pensioni e l’aumento delle tasse, come sostiene Matteo Salvini.
Tuttavia, se nelle raccomandazioni all’Italia della Commissione europea del 2019 (le ultime pre-pandemia) non si parla esplicitamente di «aumentare le tasse», due suggerimenti riguardano questo tema e le pensioni. In particolare si richiede di «spostare la pressione fiscale dal lavoro, in particolare riducendo le agevolazioni fiscali e riformando i valori catastali non aggiornati» e «attuare pienamente le passate riforme pensionistiche al fine di ridurre il peso delle pensioni di vecchiaia nella spesa pubblica e creare margini per altra spesa sociale e spesa pubblica favorevole alla crescita».
Non è quindi del tutto irrealistico ipotizzare, come fa il leader della Lega, che gli interventi richiesti dall’Unione europea, nell’eventualità di un piano correttivo, possano portare aumenti di singole tasse o interventi sulle pensioni.
Sottolineiamo, però, che si tratta pur sempre di ipotesi.
La sospensione del Patto di stabilità
Quindi Salvini su un punto ha ragione: l’erogazione dei fondi del Recovery and resilience facility, così come tutti gli altri fondi del bilancio europeo, stando al regolamento, è legata al rispetto dell’equilibrio di bilancio. Tuttavia la situazione è più complicata di come la dipinga il leader leghista.
In primo luogo, che cosa significa un «disavanzo eccessivo» per l’Unione europea? Il protocollo allegato al Trattato sul funzionamento dell’Unione europea chiarisce i valori di riferimento dell’articolo 126 sul «disavanzo eccessivo»: il 3 per cento per il rapporto fra il deficit e il Pil e il 60 per cento per il rapporto fra il debito pubblico e il Pil. Queste regole sono alla base del Patto di stabilità, sottoscritto dagli Stati europei nel 1997. Il Patto è stato modificato più volte negli anni e sarebbe più corretto dire che i due parametri (il 3 per cento di deficit e il 60 per cento di debito pubblico) rappresentano la cornice delle contrattazioni annuali fra il nostro Paese e la Commissione europea e non un limite rigido. Da quando esistono le regole di Maastricht (1993) l’Italia non ha mai avuto un debito pubblico inferiore al 60 per cento del Pil, eppure l’erogazione dei fondi dei precedenti bilanci pluriennali Ue non è mai stati sospesa.
Il 23 marzo 2020, in risposta alla pandemia, i ministri delle Finanze degli Stati membri dell’Ue hanno poi attivato, su proposta della Commissione, la clausola di salvaguardia generale (general escape clause) del Patto di stabilità e crescita. Questa clausola prevede, in sintesi, la sospensione delle regole fiscali del Patto di stabilità: in altri termini consente e ha consentito agli Stati membri di adottare misure per reagire alla crisi in modo adeguato, discostandosi dagli obblighi di bilancio che normalmente si applicherebbero secondo i trattati. A settembre, la sospensione è stata estesa al 2021. A novembre 2020, il commissario agli Affari economici Paolo Gentiloni non ha escluso che il Patto rimanga congelato anche nel 2022.
Tuttavia, sia il bilancio che i fondi del Recovery coprono un arco temporale più ampio, dal 2021 al 2027. Che cosa accadrà dopo il 2021, o al massimo dopo il 2022? È impossibile fare previsioni. Tuttavia, già prima della pandemia, la Commissione europea aveva intenzione di riformare il Patto di stabilità e l’obiettivo è stato confermato nei mesi passati.
Di certo, nel 2021, la regola del 3 per cento di deficit e 60 per cento di debito non sarà vincolante e, come abbiamo visto, non lo è mai stata esattamente nei termini rigidi semplificati da Salvini. Anche dopo il 2022 quindi eventuali scostamenti dai parametri europei non avrebbero – come non hanno mai avuto finora – l’effetto di far sospendere automaticamente l’erogazione dei fondi nel caso non vengano attuate le riforme che chiede la Ue.
Il verdetto
Il leader della Lega Matteo Salvini ha detto che il suo partito, al Parlamento europeo, non avrebbe votato a favore del regolamento sull’uso del Recovery and resilience facility per una serie di ragioni. Secondo Salvini, in base a un articolo del regolamento, i fondi del Recovery sarebbe legati a politiche di austerità per rispettare la regola europea per cui il deficit dev’essere inferiore al 3 per cento e il rapporto debito pubblico-Pil inferiore al 60. Se lo Stato membro non rispettasse questi parametri, ha aggiunto Salvini, sarebbe chiamato a «tagliare le pensioni» e «aumentare le tasse».
Abbiamo verificato e Salvini riporta informazioni solo in parte corrette. È vero che il regolamento lega l’erogazione dei fondi al rispetto delle regole fiscali europee, ma questo avveniva e avviene anche per tutti gli altri principali fondi del bilancio Ue. Inoltre, non c’è nessun automatismo che costringa lo Stato beneficiario alle riforme citate dal leader della Lega. Allo stesso tempo, le raccomandazioni della Commissione europea all’Italia, prima della pandemia, hanno spesso incluso la revisione del sistema pensionistico e alcuni interventi sul fisco, quindi non è del tutto infondato ipotizzare che i correttivi suggeriti dall’Ue possano andare in questa direzione.
Inoltre, il Patto di stabilità – nel quale queste regole sono previste – è attualmente sospeso e lo sarà per il resto del 2021, forse anche per il 2022. Nel corso dell’anno, peraltro, ci si aspetta che la Commissione europea ne discuta la riforma. Ad oggi, è quindi impossibile sapere quando e come le regole fiscali, temporaneamente sospese, rientreranno in vigore.
Se anche le regole rimanessero invariate, comunque quella di Salvini sarebbe comunque una semplificazione. Nel complesso, il leader della Lega merita un “Nì”.
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7 dicembre 2024
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