Il 29 agosto il deputato Luigi Marattin (Italia Viva) ha scritto un lungo post su Facebook, in cui ha argomentato la sua intenzione di votare no al referendum costituzionale del prossimo 20-21 settembre sul taglio dei parlamentari.

Tra le altre cose, il presidente della Commissione Bilancio della Camera ha chiamato in causa un dibattito che interessa il sistema parlamentare italiano fin dalle sue origini, ossia quello sul cosiddetto “bicameralismo perfetto” (o «paritario», come lo chiama Marattin).

Nel nostro Paese, ha scritto il deputato di Italia Viva, «lo stesso identico testo» di una legge «deve obbligatoriamente essere approvata da entrambe le Camere prima di poter entrare in vigore». Secondo Marattin, nel mondo «solo la Guinea Equatoriale», piccolo stato dell’Africa subsahariana, ha un sistema parlamentare di questo tipo. L’anomalia giustificherebbe, in parte, le sue ragioni per il no al taglio dei parlamentari, ritenuto di fatto inutile se non accompagnato da una parallela riforma del bicameralismo perfetto.

Ma nel mondo davvero solo l’Italia e la Guinea Equatoriale hanno due Camere con le caratteristiche descritte da Marattin? Abbiamo verificato e la risposta è no: è vero che esistono dei parallelismi tra il nostro Paese e quello africano, ma lo stesso discorso si può fare anche con altre nazioni, a seconda dei criteri di confronto presi in considerazione.

Il bicameralismo nel mondo

Per confrontare i diversi sistemi parlamentari nel mondo, abbiamo consultato il database dell’Inter-Parliamentary Union (Ipu), un’organizzazione internazionale che contiene anche schede periodicamente aggiornate sulle varie caratteristiche dei parlamenti in oltre 200 Paesi.

In base alle statistiche dell’Ipu, al 31 dicembre 2019 nel mondo c’erano 112 Paesi con un sistema parlamentare unicamerale, ossia con una sola camera, e 80 Paesi con un sistema parlamentare bicamerale, ossia con due camere.

Tra gli Stati considerati come “bicamerali”, oltre all’Italia, ci sono nazioni con sistemi parlamentari e forme di governo molto diversi tra loro, come la Francia, la Spagna, la Germania, il Regno Unito, gli Stati Uniti, il Canada, la Russia e l’Australia.

Che cosa succede nei Paesi che adottano questa forma parlamentare quando le due camere non riescono ad accordarsi sull’approvazione di un testo di legge, la caratteristica menzionata da Marattin?

Secondo le elaborazioni dell’Ipu, in 27 casi – tra cui Italia, Stati Uniti, Svizzera e Argentina – la legge non può essere approvata se i due rami del Parlamento non trovano un accordo, mentre nei restanti casi esistono vari meccanismi che permettono di risolvere lo stallo, per esempio dando priorità alle decisioni di una camera rispetto a un’altra, dopo un certo intervallo di tempo.

Come abbiamo già visto prima, anche in questo caso stiamo parlando di Paesi con forme di governo molto diverse tra loro. L’Italia, per esempio, è una repubblica parlamentare, mentre gli Stati Uniti hanno un sistema presidenziale.

Il fatto che si possa creare un’impasse tra le due camere in un sistema bicamerale non significa però che entrambe le camere abbiano sostanzialmente gli identici poteri (un’altra caratteristica citata da Marattin con il riferimento al “bicameralismo perfetto”). Su questo punto, l’Ipu non ha statistiche specifiche.

Come ha sottolineato (pag. 25) però un rapporto del 2015 commissionato dal Ministero dell’Interno dei Paesi Bassi, tra gli Stati più sviluppati solo l’Italia, il Canada e l’Australia attribuiscono alle due Camere gli stessi poteri nel campo della formazione delle leggi. Ma, a differenza dell’Italia, Canada e Australia sono due Paesi federali, quindi solo in parte confrontabili con il nostro.

Una serie di osservazioni però mostra perché fare confronti completi a livello internazionale – che non considerino solo i Paesi economicamente più sviluppati – è un compito complicato, su cui diversi ricercatori periodicamente cercano di trovare una soluzione soddisfacente.

Perché è difficile fare confronti

La prima osservazione, come risulta evidente per esempio dal Grafico 2, è che l’Ipu – sebbene sia la fonte più autorevole e più utilizzata dai ricercatori per comparare i sistemi parlamentari nel mondo – per alcuni Paesi è sprovvista di dati.

Per esempio, è vero che la Guinea Equatoriale, citata da Marattin, ha un sistema parlamentare bicamerale in una repubblica presidenziale (anche se è considerata una dittatura, ma ci torneremo meglio più avanti), ma l’Ipu non chiarisce che cosa accade nel caso in cui le due camere non riescano ad accordarsi sulla comune approvazione di una legge.

Gli articoli della Costituzione equatoguineana dedicati al processo legislativo suggeriscono che anche in Guinea Equatoriale, come in Italia, non esiste un meccanismo per evitare un’impasse tra le due camere nell’approvazione di una legge.

Come abbiamo visto prima, però, anche altri Paesi hanno questa caratteristica. Perché non vengono presi in considerazione da Marattin?

Una possibile risposta è che il deputato di Italia Viva escluda Paesi che hanno forme di governo diverse da quella del nostro Paese o Paesi con sistemi sì bicamerali, ma dove le camere non hanno gli stessi poteri.

Qui però subentra la seconda osservazione, che fa capire quanto sia complicato fare confronti tra i vari sistemi parlamentari presenti in tutti i Paesi del mondo.

Come ha spiegato in un recente paper Carolyn Griffith, ricercatrice presso il dipartimento di giurisprudenza dell’Indiana University, in una tassonomia sui bicameralismi «esiste un numero praticamente infinito di possibilità per separare i poteri» che spettano alle due camere. Si pensi, per esempio, ai poteri che un Parlamento con due camere può avere per controllare un governo o per approvare in doppia lettura solo alcuni tipi di provvedimenti legislativi, come ad esempio le leggi finanziarie.

La questione della fiducia al governo

A riprova di quanto sia difficile fare confronti, proviamo a considerare la questione del “bicameralismo perfetto” da un altro punto di vista e vediamo quali altri Paesi rispettano un’altra caratteristica ricordata spesso nel dibattito costituzionale italiano: il rapporto tra governo e Parlamento. Quando si parla di bicameralismo perfetto, o paritario, in riferimento all’Italia, generalmente si sottolinea il fatto che entrambe le Camere che compongono il nostro Parlamento devono dare la fiducia al governo.

Secondo i dati del database Ipu, è vero che l’Italia è unicum tra i grandi Paesi occidentali (ma non solo), ad avere una caratteristica di questo tipo – un sistema bicamerale, in cui entrambe le camere devono dare la fiducia al governo – come ha sottolineato (pag. 25) il rapporto del 2015 commissionato dal Ministero dell’Interno dei Paesi Bassi.

Ma ci sono delle eccezioni. Per esempio, come abbiamo spiegato in passato, anche in Romania il capo del governo deve ricevere la fiducia sia dalla Camera dei deputati che dal Senato, ramo del Parlamento oggi ancora attivo, sebbene nel 2009 un referendum non vincolante ne avesse suggerito l’abolizione.

Per di più, anche in Romania – come, tra gli altri, in Canada e Australia, dove però le due camere non devono dare entrambe la fiducia al governo – esiste la caratteristica del bicameralismo perfetto, secondo cui un testo di legge deve essere approvato in modalità identica in entrambi i rami del Parlamento.

Insomma, in base agli specifici criteri che uno seleziona, può trovare diversi unicum all’interno dei sistemi bicamerali presenti nel mondo.

Senza tralasciare il fatto che secondo diversi studiosi, il concetto stesso di “bicameralismo” è ambiguo o fuorviante, e non riconducibile solo alla presenza di due camere, dal momento che esistono sistemi tradizionalmente considerati monocamerali (come quelli del Botswana e dell’Iran) che in realtà hanno di fatto caratteristiche sovrapponibili con quelli bicamerali.

Il bicameralismo sta tornando di moda?

Torniamo al confronto Italia-Guinea Equatoriale. Come abbiamo già anticipato in precedenza, è vero che il sistema parlamentare della Guinea Equatoriale ha caratteristiche molto simili a quelle dell’Italia, ma il Paese africano è di fatto una dittatura.

Secondo il rapporto Freedom of the world 2020, pubblicato di recente da Freedom House (una tra le più antiche e autorevoli organizzazioni non governative negli Stati Uniti), in Guinea Equatoriale le elezioni ci sono, ma non sono né libere né regolari.

Dal 1979 il potere è nelle mani del presidente Teodoro Obiang Nguema Mbasogo, che nelle elezioni presidenziali del 2016 ha raccolto il 93,5 per cento dei voti. Nelle elezioni legislative del 2017, il suo partito ha ottenuto 99 deputati su 100 e tutti i 55 senatori eletti direttamente dai cittadini (altri 15 senatori sono nominati dal presidente).

Come ha spiegato uno studio scientifico del 2014, negli ultimi decenni c’è stato uno «strano revival» dei sistemi bicamerali, adottati da diversi Paesi in controtendenza rispetto alla regola generale, in base a cui la maggior parte degli Stati ha eliminato la seconda camera.

La nascita di nuovi parlamenti bicamerali è avvenuta – come dimostra il caso della Guinea Equatoriale, che ha cambiato la sua costituzione nel 2013 – però soprattutto in Paesi con regimi di fatto dittatoriali.

Una ricerca pubblicata nel 2018 – analizzando l’adozione di sistemi bicamerali avvenuta dal 1946 al 2016 in decine di Paesi con regimi autoritari – ha provato a spiegare questo fenomeno come il tentativo di chi era al potere di gestire con interventi di riconciliazione eventuali fasi successive a conflitti interni, oppure come il tentativo di rafforzare il proprio potere, quando le opposizioni hanno iniziato a raccogliere diversi seggi nell’unica camera presente nel Paese.

Il verdetto

Secondo Luigi Marattin, nel mondo l’Italia è l’unico Paese insieme alla Guinea Equatoriale in cui «ogni legge deve obbligatoriamente essere approvata da entrambe le Camere prima di poter entrare in vigore».

Abbiamo verificato e Marattin semplifica troppo un quadro complicato.

Da un lato, è vero che la Guinea Equatoriale ha analogie con il sistema parlamentare del nostro Paese, anche se è una repubblica presidenziale e soprattutto è considerata una dittatura.

Dall’altro lato, è corretto dire che l’Italia, per diverse caratteristiche, è un unicum a livello mondiale (ha un sistema bicamerale, con due camere elette direttamente, che hanno in sostanza gli stessi poteri e danno la fiducia al governo), ma ci sono anche altri Paesi con la specifica caratteristica indicata da Marattin per quanto riguarda l’approvazione delle leggi. Si veda per esempio il Canada, l’Australia e la Romania.

Ma questi Paesi hanno, dall’altro lato, caratteristiche diverse dal nostro: per esempio, non danno la fiducia al governo o sono Stati federali. Insomma, quando si cerca di fare confronti sui vari bicameralismi presenti nel mondo, le possibilità di trovare analogie cambiano a seconda dei diversi criteri che si possono prendere in considerazione. E le combinazioni per individuare coppie di Paesi “unici” al mondo sono moltissime.

In conclusione, Marattin si merita un “Nì”.