Ospite di Politics su Rai 3, il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha dichiarato che l’attuale sistema istituzionale italiano, che assegna alle due camere pari poteri, è quasi unico in Europa. Vediamo se è vero.



Quante camere



Per prima cosa, vediamo come si distribuiscono i sistemi unicamerali e bicamerali in Europa, grazie al database dell’Inter-Parliamentary Union (IPU), un’organizzazione internazionale che riunisce i parlamenti di gran parte degli stati del mondo. In questa scheda, l’IPU classifica i parlamenti dividendoli a seconda del numero delle camere (i risultati analitici sono qui).






(Fonte: IPU)



L’IPU considera 48 paesi nella regione dell’Europa, comprendendo ad esempio Russia, Turchia, Ucraina e i paesi del Caucaso. In questa divisione geografica, la percentuale di parlamenti bicamerali è al 35,42 per cento (17 paesi), leggermente inferiore alla media mondiale del 40,41 per cento. All’interno dei 28 paesi dell’Unione Europea, la situazione si presenta così:


















Parlam. unicamerali



Parlam. bicamerali

15

13

Bulgaria, Croazia, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Portogallo, Slovacchia, Svezia

Austria, Belgio, Rep. Ceca, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Polonia, Romania, Slovenia, Spagna, Regno Unito







Nell’Unione Europea ben il 46 per cento dei paesi ha un parlamento formato da due camere, più della percentuale regionale e globale. Vista la normale accezione di “Europa” nel dibattito politico, per il seguito di questa analisi consideriamo soltanto i 13 paesi bicamerali che fanno parte anche dell’Unione*.



Fare quasi la stessa cosa



Tra i 13 sistemi bicamerali europei ci sono naturalmente grandi differenze. Renzi ha dichiarato che Italia e Romania hanno in comune il fatto che Camera e Senato “fanno le stesse cose”.



Diversi studi, anche recenti, hanno comparato le diverse caratteristiche dei parlamenti bicamerali occidentali, come ad esempio questo report commissionato dal ministero dell’Interno olandese (che si occupa dei paesi OCSE, di cui non fa parte la Romania) e questo studio commissionato dal Comitato delle Regioni dell’Unione Europea (disponibile online qui).



Il report olandese indica diverse volte, nella sezione dedicata ai poteri dei senati nazionali (pp. 22-28), che il Senato italiano è una eccezione in qualche aspetto particolare. Ad esempio, tra i paesi OCSE un testo di legge deve essere approvato in identica formulazione da entrambe le camere in Italia, Canada e Australia (p. 24) e solo in Italia un governo deve ricevere la fiducia da entrambe le camere e può essere sfiduciato da un voto di entrambe (p. 25).



Torniamo all’espressione “fare le stesse cose” usata da Renzi: nel linguaggio dei costituzionalisti, si parla di bicameralismo perfetto (o integrale o paritario) quando le Camera e Senato hanno gli stessi poteri, soprattutto nel campo della formazione delle leggi. Il report olandese indica che l’Italia è uno dei tre soli paesi OCSE – e l’unico europeo – in cui esiste il sistema della “navetta”, in cui un testo legislativo passa dall’una all’altra delle due camere fino a quando non è approvato in identica formulazione. Oltre a questo, l’Italia è l’unico paese OCSE in cui sia Camera che Senato hanno un rapporto fiduciario con il governo.



La Romania e noi



Vediamo dunque se in questi due campi (formazione delle leggi e fiducia) ci sono altri paesi che si comportano come l’Italia. La questione è già risolta se si considera il settore legislativo: la somiglianza tra sistema italiano e quello rumeno citata da Renzi è confermata dallo studio del Comitato delle Regioni UE, che scrive: “alcune camere alte intervengono nel processo decisionale delle leggi nella stessa forma della camera bassa, come in Italia e in Romania”. Anche il professor Roberto D’Alimonte, in un articolo del luglio 2014, ha scritto che tra i paesi europei “solo in Italia, Polonia e Romania si può dire che la seconda camera abbia dei poteri legislativi rilevanti” (D’Alimonte è favorevole alla riforma e spesso viene citato come “padre” dell’attuale legge elettorale).



Tra questi tre, tuttavia, il Senato polacco ha significativamente meno poteri della camera bassa o Sejm: ad esempio, la parola finale sulla formulazione delle leggi spetta solo a quest’ultima, che è anche l’unica camera a dare la fiducia ai governi e ad accettare o rifiutare un veto presidenziale.



Al contrario, l’articolo 75 della Costituzione rumena stabilisce invece un meccanismo di approvazione delle leggi molto simile alla nostra “navetta”, in cui le due camere si distinguono solo perché alcune materie sono di competenza primaria di una di esse, ma in ogni caso le leggi devono essere poi approvate dall’altra camera. Diversi studi (ad esempio questo) definiscono inoltre il bicameralismo rumeno come “perfetto”, non solo per il suo ruolo nella legislazione, ma anche perché – come attualmente in Italia – il Senato è eletto a suffragio universale diretto. Anche per quanto riguarda la fiducia al governo essa deve essere accordata dal Parlamento in seduta comune, con la maggioranza dei membri di entrambe le camere (art. 103).






Come in Italia, anche in Romania l’equivalenza dei poteri tra le due camere è oggetto di discussione. Il 22 novembre 2009, un referendum popolare in Romania ha approvato a larga maggioranza l’abolizione del Senato e il passaggio a un sistema unicamerale. Tuttavia, ad oggi i risultati di quel referendum non sono stati messi in pratica.



Il verdetto



Matteo Renzi ha dichiarato che Italia e Romania sono gli unici due paesi europei in cui Camera e Senato “fanno le stesse cose”. Questo è vero sia considerando il processo legislativo, sia il rapporto di fiducia tra il governo e le camere. “Vero” per il Presidente del Consiglio.



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* L’IPU scrive che “un parlamento è unicamerale (composto da una singola camera parlamentare) oppure bicamerale (composto di due camere parlamentari). In passato, ci sono stati diversi esempi di pluricameralismo: uno dei più estremi è la Jugoslavia socialista, che secondo la costituzione del 1963 aveva un’Assemblea federale formata da cinque camere. Oggi, c’è almeno un caso nel mondo che sfugge all’alternativa secca monocameralismo/bicameralismo, ma poiché non si tratta di uno stato sovrano lo registriamo come curiosità.



L’Isola di Man, una dipendenza della Corona britannica di circa 85 mila abitanti che si trova nel Mare d’Irlanda, tra Gran Bretagna e Irlanda del Nord, è governata da un parlamento spesso definito tricamerale. Ne fanno parte la House of Keys e il Legislative Council, i cui membri si riuniscono periodicamente insieme nell’assemblea denominata Tynwald. Poiché quest’ultima ha specifiche funzioni, molti la considerano una “terza camera”. Sull’isola si sta discutendo dell’opportunità di passare a un parlamento unicamerale.