Secondo Emma Bonino, ex ministro, storico leader radicale e oggi leader di +Europa – formazione politica alleata del Partito Democratico – in molti paesi l’eutanasia è legale mentre l’Italia, su questo fronte, sarebbe ancora molto indietro. Ma la situazione oggi in Italia è tanto diversa dal resto d’Europa? E cosa si può e cosa non si può fare negli altri Paesi nostri vicini?
Eutanasia attiva, eutanasia passiva
Il problema principale nel rispondere a queste domande è definire esattamente cosa si intenda con il termine “eutanasia”. È molto diverso, infatti, sospendere l’alimentazione o l’idratazione a un paziente che ne ha bisogno per vivere, oppure iniettare allo stesso paziente una sostanza letale. E queste due pratiche sono a loro volta un’altra cosa rispetto al fornire a quello stesso paziente le sostanza con cui lui potrà suicidarsi senza l’aiuto di un medico.
Non esistono definizioni universali di questi comportamenti. Singoli stati e organizzazioni mediche utilizzano le stesse parole per indicare fenomeni differenti. Prendiamo ad esempio questo documento della EPAC, l’associazione europea dei medici che si occupano di cure palliative.
L’associazione propone questa classificazione: l’“eutanasia” avviene quando un medico somministra una sostanza letale su richiesta del paziente (altri chiamano questa pratica “eutanasia attiva”). “Suicidio assistito” è quando un medico aiuta un paziente a suicidarsi, lasciando però a lui la responsabilità dell’atto finale.
La decisione di non procedere a ulteriori cure è invece la scelta di interrompere terapie di sostegno vitale, come respirazione o alimentazione artificiale (altri chiamano questa pratica “eutanasia passiva”).
Chi ha introdotto cosa?
Quello che è già permesso in gran parte dei Paesi europei è l’interruzione di terapie di sostegno vitale (o “eutanasia passiva”). Significa che in quasi tutto il continente, un medico, su richiesta di un paziente, dopo aver preso visione delle sue volontà o dopo aver parlato con una persona fiduciaria, può decidere di fermare i macchinari o interrompere le altre terapie che tengono quella persona in vita.
Dallo scorso dicembre, con l’approvazione della legge sul testamento biologico, in Italia è possibile decidere in anticipo a quali terapie essere sottoposti nel caso di incapacità nel fornire il consenso. La legge (22 dicembre 2017, n. 219), in questo caso, considera terapie mediche anche l’idratazione e l’alimentazione artificiali (art. 1, c. 5). Francia, Regno Unito e Spagna si trovano tutti in situazioni simili, anche se l’atteggiamento della legge in queste circostanze è spesso ambiguo.
Nel Regno Unito, ad esempio, tutti i tipi di eutanasia e suicidio assistito sono considerati illegali. Ma la legge lascia un certo spazio di libertà ai medici, sostenendo ad esempio che se l’interruzione di trattamenti di sostegno vitale fa parte di una “cura palliativa”, allora la morte del paziente non dovrebbe essere considerata “eutanasia”, e quindi il medico non dovrebbe essere perseguito. La pagina esplicativa sul sito del sistema sanitario nazionale britannico scrive infatti che «interrompere il trattamento di sostegno vitale perché è nel miglior interesse della persona può essere parte di una buona cura palliativa e non è eutanasia.
Eutanasia attiva e suicidio assistito
Finora abbiamo sempre parlato di persone che hanno bisogno di un sostegno vitale per sopravvivere. “Eutanasia (passiva)”, in questi casi, significa interrompere il sostentamento e lasciare, per così dire, che la natura faccia il suo corso. Le cose si complicano quando parliamo di persone che magari si trovano nella fase terminale di una malattia, ma che non hanno bisogno di macchinari per sopravvivere. Nel loro caso, l’“eutanasia” significa ricorrere alla somministrazione di sostanze mortali.
In Italia, come nota Bonino, questa pratica ad esempio è vietata, ma non è vero che nel resto d’Europa sia così diffusa. Il suicidio assistito è consentito, o tollerato, in una manciata di Paesi, mentre l’eutanasia attiva (cioè somministrare sostanze per uccidere il paziente) è consentita in solo due Paesi in tutto il continente (e in pochi altri in tutto il mondo).
Nel primo gruppo c’è ad esempio il Regno Unito, dove il suicidio assistito e l’eutanasia, come abbiamo visto, sono vietate, ma le linee guida fornite ai magistrati di Inghilterra e Galles nel 2010 (aggiornate nel 2014) dal Crown Prosecution Service consentono molta libertà nel decidere se perseguire il medico che termina la vita di un paziente o lo aiuta a farlo se gliene ha fatto richiesta
In Germania, invece, mentre uccidere qualcuno anche su sua richiesta è illegale (sez. 216 del Codice penale), aiutarlo nel suicidio, ad esempio fornendogli le sostanze necessarie, non può essere sanzionato solo se a farlo sono persone intime o comunque vicine, e comunque se l’assistenza non viene fornita in cambio di denaro. Sul tema è stata emanata una nuova legge bipartisan nel 2015 che punisce appunto «associazioni, organizzazioni e individui che offrono assistenza al suicidio su base commerciale».
Ma in Europa ci sono solo due paesi dove eutanasia attiva e suicidio assistito sono legali e regolamentati: nei Paesi Bassi (dal 2002) e in Belgio (dallo stesso anno). In quest’ultimo Paese una legge del 2014 ha eliminato le restrizioni d’età per l’eutanasia, naturalmente a determinate condizioni. La Svizzera permette il solo suicidio assistito in base a una legge del 1942.
Nel resto del mondo, suicidio assistito ed eutanasia sono legali in pochi Paesi: il progetto ProCon, che raccoglie materiali su questioni controverse, cita otto Paesi che permettono uno o entrambi. Ad esempio: il Canada, a determinate condizioni, in base a una legge del 2016 che è seguita ad una decisione della Corte Suprema canadese dell’anno precedente; alcuni stati degli Stati Uniti (qui una mappa della situazione legislativa curata dalla no profit Death with Dignity); la Colombia, unico Paese del Sudamerica, permette l’eutanasia dal 2015 dopo una sentenza della Corte Costituzionale colombiana.
Il verdetto
Emma Bonino dice che l’Italia dovrebbe adeguarsi ai «molti Paesi» dove «l’eutanasia è legale». Ma così dicendo finisce per entrare in un terreno minato di definizioni sulle quali sembra esserci ancora poco accordo. A che cosa si riferisce Bonino quando parla di “eutanasia”? Se intende limitarsi alla sola interruzione di cure, allora è vero che questa possibilità è prevista da “molti Paesi”, ma tra questi paesi c’è anche l’Italia. Se invece parla di eutanasia attiva e suicidio assistito, la situazione si fa molto più complicata. A prevederlo in Europa sono pochi stati, e pochi altri lo prevedono nel resto del mondo. A causa di questa confusione, la dichiarazione di Bonino merita un “Nì”.