Il 22 ottobre i cittadini di Lombardia e Veneto saranno chiamati a votare in un referendum consultivo per ottenere maggiore autonomia per le due regioni. Il referendum è stato promosso e fortemente voluto dalla Lega Nord, che governa le regioni settentrionali con le giunte guidate da Roberto Maroni e Luca Zaia.



Uno dei temi su cui investe maggiormente la campagna per il “Sì” è quello economico: secondo diverse dichiarazioni dei governatori regionali, e non solo, alla fine del processo di revisione delle competenze di Lombardia e Veneto potrà restare in loco una parte consistente delle tasse pagate dai cittadini delle due regioni.



La cifra nominata più spesso da Roberto Maroni per il cosiddetto “residuo fiscale” – la differenza tra quante risorse vanno dalla Regione verso lo Stato centrale e quante spese “tornano” nel territorio – è di 54 miliardi di euro l’anno. È stata ripetuta di recente anche da Matteo Salvini, il leader nazionale della Lega Nord (qui al minuto 27’ 01’’), e si ritrova anche nel materiale informativo presente sul sito istituzionale lombardo. Ma è una cifra corretta?



Il referendum



La consultazione chiede agli elettori se sono d’accordo che la loro regione intraprenda alcune iniziative previste dalla Costituzione in direzione di maggiore autonomia. L’articolo della Costituzione a cui si fa riferimento è il 116, modificato dalla riforma costituzionale del 2001, la cosiddetta “riforma del Titolo V”.



Nell’idea della riforma, veniva introdotto un “regionalismo differenziato”, che avrebbe delegato con il tempo, alle varie regioni che ne avessero fatto richiesta, nuove competenze. L’attuazione del “regionalismo differenziato” si è rivelata però molto difficile fin da subito, e di fatto fino ad oggi – ad oltre 15 anni dalla riforma – nessuna regione è riuscita ad ottenere più competenze.



Molte regioni hanno avviato l’iter o annunciato di farlo: ne ha parlato pochi mesi fa anche il governatore dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini. Tra le più persistenti ci sono state sicuramente Lombardia e Veneto, che hanno fatto i primi passi in quella direzione oltre dieci anni fa.



Il referendum serve insomma soprattutto a dare mandato ai governi locali di riprendere i negoziati con più forza. I promotori del referendum dicono che è stata anche la lentezza e inefficacia dei tentativi passati a rendere necessaria la consultazione. Non ci sono insomma conseguenze concrete certe in caso di vittoria del “Sì”, ma gli stessi favorevoli dicono che “se vincesse il no non si creerebbero le condizioni politiche per iniziare un’altra negoziazione con lo Stato”.



Il residuo fiscale



Calcolare quante tasse pagate dai cittadini (le tasse sono la maggior parte delle risorse che vanno verso lo Stato centrale) “restino” sul territorio non è per niente facile, come ha sottolineato ad esempio un articolo recente di Paolo Balduzzi su LaVoce.info. L’autore fa gli esempi della spesa per la difesa, più consistente nelle regioni di confine per ovvi motivi, o di quella per organi come la Corte Costituzionale. Sono istituzioni e funzioni dello Stato centrale di cui si servono e beneficiano anche i cittadini lombardi e veneti, senza che si possa stabilire in modo definitivo quanti soldi pagati da loro vadano a finanziarli.



Le stime, quindi, variano molto:



– un’elaborazione di Unioncamere del Veneto stima il residuo fiscale della Lombardia in 58 miliardi di euro come media 2012-2014, e 56 miliardi nel solo 2014;



– Èupolis Lombardia, istituto di ricerca della Regione, pone la cifra in 54 miliardi “negli ultimi anni”, anche se altrove rappresentanti della stessa istituzione hanno citato la cifra di 47 miliardi circa nel 2009-2012;



– CGIA Mestre ha pubblicato una ricerca nel 2015 in cui il residuo fiscale lombardo in 53,9 miliardi per il 2012;



– un articolo di Lodovico Pizzati, pubblicato sul blog economico NoiseFromAmerika nel 2015, notava che tra 2007 e 2012 i residui fiscali regionali si sono ridotti notevolmente, per effetto della crisi economica, scendendo a 35 miliardi circa nel 2012;






– una pubblicazione scientifica del 2010, citata da Balduzzi nell’articolo de LaVoce.info menzionato sopra, la stimava in circa 30 miliardi.



Difficile, insomma, arrivare a una cifra certa. Aggiungiamo che molti fattori incidono sulla disparità tra entrate e spese: come è fatta l’economia regionale (la presenza di agricoltura sussidiata porta più risorse nella regione) quali sono le caratteristiche demografiche della regione, quanto è grande il territorio e così via.



Ma, in definitiva, c’è consenso sul fatto che quasi tutte le regioni del Centro-Nord negli ultimi anni hanno fatto un trasferimento netto di risorse verso lo Stato centrale (con l’eccezione di Umbria, Liguria e Valle d’Aosta), mentre le regioni del Sud e le Isole hanno ricevuto più risorse di quante ne abbiano trasferite. Stabilire precisamente quanto, però, non è così semplice.



Il verdetto



Il governatore della Lombardia Roberto Maroni ha detto che la differenza tra le tasse pagate dai cittadini lombardi e quanto speso dallo Stato nella sua regione, il cosiddetto “residuo fiscale”, è di 54 miliardi. Si tratta però di una stima dell’istituto di ricerca regionale e non di una cifra certa: esistono valutazioni molto differenti, che si distanziano per decine di miliardi. “Nì” per il governatore leghista.





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2017-10-18 10:43:55 UTC









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«Il residuo fiscale della Lombardia è di 54 miliardi di euro l’anno»







Roberto Maroni


Presidente della Regione Lombardia



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