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Nell’intervista pubblicata lo scorso 8 dicembre dal giornale tedesco Die Welt, e tradotta in italiano da Repubblica, Alessandro Di Battista (M5S) ha risposto alla domanda «Come finanziare tutto questo tenendo conto del debito pubblico?». Il riferimento era alle misure principali proposte dall’esponente Cinque Stelle come parte del suo programma, tra cui il reddito di cittadinanza e un piano di investimenti pubblici nell’economia.



Di Battista ha detto: «Con una seria lotta alla corruzione, che secondo le stime della Corte dei Conti costa allo Stato 60 miliardi di euro l’anno».



Una cifra ricorrente (ma sbagliata)



Si tratta di una cifra citata spessissimo, ma che ha un’origine poco chiara, è molto probabilmente sbagliata ed è stata smentita dalla Corte dei Conti stessa. La storia da cui nasce questo equivoco è stata scoperta, tra i primi, nel 2012 dal blog Quattrogatti ed è poi stata ricostruita sul Post da Davide Maria De Luca.



Tutto comincia nel 2009. L’allora procuratore generale della Corte dei Conti, Furio Pasqualucci, in una memoria pubblicata a giugno di quell’anno, scrisse: «le stime effettuate dal SaeT (Servizio Anticorruzione e Trasparenza del Ministero della P.A. e dell’innovazione), nella misura prossima a 50/60 miliardi di euro all’anno, costituenti una vera e propria “tassa immorale ed occulta” pagata con i soldi prelevati dalle tasche dei cittadini».



Ma nel rapporto del SaeT c’è scritto qualcosa di molto diverso: «Le stime che si fanno sulla corruzione, 50-60 miliardi all’anno, senza un modello scientifico diventano opinioni da prendere come tali ma che, complice a volte la superficialità dei commentatori e dei media, aumentano la confusione ed anestetizzano qualsiasi slancio di indignazione e contrasto». Dunque una secca negazione dell’affidabilità del dato dei 60 miliardi, qualificato come “opinione”.



Da dove nasce (probabilmente) l’equivoco



Il dato dei 60 miliardi, secondo quanto ricostruito da Quattrogatti, nascerebbe da un’analisi della Banca Mondiale del 2004 sul costo economico della corruzione a livello globale, che lo quantificava in un trilione di dollari, cioè il 3 per cento del Pil mondiale dell’epoca. Qualcuno – non è chiaro chi sia stato il primo – ha fatto lo stesso calcolo sul Pil italiano, ricavando così il dato dei 60 miliardi (ovviamente inaffidabile, in quanto il peso della corruzione varia da Paese a Paese).



La bufala è dunque rotolata a valle, citata in modo critico dal SaeT nel 2009 e ripresa lo stesso anno – dandole erroneamente credito – dal procuratore generale della Corte dei Conti.



Nel 2010 il SaeT ha ufficialmente smentito il dato citato da Pasqualucci, definendolo una “stima fantasiosa”, e nella relazione del 2012 si è espressa criticamente la stessa Corte dei Conti, ma non è bastato.



Di Battista è in buona compagnia nell’aver preso questo abbaglio: ancora nel 2014, la Commissione europea ha ripreso quel dato inserendolo nel proprio rapporto sulla corruzione nell’Unione e attribuendolo alla Corte dei Conti.



Il verdetto



Alessandro Di Battista ha detto che il finanziamento del programma elettorale del M5S verrà anche dalla lotta alla corruzione, quantificando il suo “costo” per le casse dello Stato in 60 miliardi. È una cifra che si sente citare molto spesso, ma che la stessa Corte dei Conti – a cui viene normalmente attribuita – ha smentito. Non è chiara la sua origine, ma negli anni è stata valutata come una “opinione” o una “stima fantasiosa”. “Pinocchio andante” per Di Battista.



Questo fact-checking è stato pubblicato in origine sul sito di AGI.