In un video caricato sul suo profilo Facebook girato durante una manifestazione contro i nuovi provvedimenti del governo sui mutui, nei pressi del Ministero dell’Economia a Roma, Alessandro Di Battista ha citato alcuni dati macroeconomici che dimostrerebbero il fallimento delle politiche del governo sul lavoro: Ha in particolare posto l’accento sull’aumento della disoccupazione giovanile e il contemporaneo aumento degli occupati sopra i 60 anni. Vediamo se i numeri confermano e quali conclusioni si possono trarre.



Giovani e vecchi



Le stime più recenti sulla disoccupazione italiana sono state fornite dall’Istat il 1° marzo 2016 e riguardano gennaio di quest’anno. Attraverso le serie storiche possiamo verificare i due indicatori menzionati da Di Battista: disoccupazione giovanile e occupazione degli ultracinquantenni.



Di Battista, in realtà, parla di lavoratori “oltre i 60 anni”, ma si tratta con ogni probabilità di un errore, in quanto i dati Istat considerano appunto la fascia di età “50-64 anni” e “50 anni e più” e i commenti sul mercato del lavoro – a cui fa riferimento l’esponente del M5S – si riferiscono di norma a quella. I dati a partire da gennaio 2014 sono riportati nel grafico sottostante.



graph



Come si vede, mentre da luglio 2015 l’occupazione tra i 50 e i 64 anni è rimasta stabile o è cresciuta, passando dal 56,2 al 57,3%, il dato sulla disoccupazione giovanile è più variabile: è calato tra agosto e novembre 2015, dal 39,9 al 38,1%, ma da allora ha registrato due mesi consecutivi di aumento e a gennaio era al 39,3%. Sono comunque livelli più bassi di quelli al momento dell’entrata in carica di Matteo Renzi (febbraio 2014), quando il dato si attestava al 42,9%.



Come interpretare questi dati?



Di Battista trae due conclusioni dalle due tendenze che cita: che il Jobs Act non stia funzionando e che l’aumento degli occupati over 50 sia dovuto in realtà alla legge Fornero. La prima è particolarmente interessante, perché Matteo Renzi, negli ultimi mesi, ha invece citato spesso i dati sul mercato del lavoro per “dimostrare” esattamente il contrario.



Come abbiamo già visto facendo le pulci a una dichiarazione del Premier, non si possono ancora trarre conclusioni definitive sugli effetti del Jobs Act, né in senso positivo né in quello negativo. Mancano studi autorevoli che valutino quanto abbia inciso il Jobs Act sul mercato del lavoro italiano e quanti dei suoi cambiamenti siano dovuti invece ad altri interventi degli ultimi anni, come le decontribuzioni sulle assunzioni a tempo indeterminato.



Per quanto riguarda la legge Fornero, è vero che secondo alcuni la riforma delle pensioni ha portato a un deciso incremento del tasso di occupazione dei lavoratori più anziani, alcuni dei quali sarebbero andati in pensione senza la stretta ai requisiti imposta dalla legge. In uno degli ultimi bollettini sull’occupazione, l’Istat aveva scritto che l’aumento degli occupati nella fascia d’età 50-64 era da spiegare con l’invecchiamento della popolazione (per circa un terzo) e per i due terzi con la “maggior partecipazione al lavoro”, in cui anche la riforma delle pensioni ha avuto il suo peso.



È però vero anche che, proprio nel 2015, si è assistito a un grande aumento dei nuovi pensionati, come evidenziato dall’Inps e spiegato proprio dagli effetti della riforma pensionistica: lo scorso anno, molte persone che non sono potute andare in pensione nel 2011 hanno finalmente maturato i requisiti.



Non possiamo insomma spiegare il deciso aumento dell’occupazione degli ultracinquantenni solo con gli effetti della riforma. Infine, come mostra il grafico successivo (tratto anch’esso dalle serie storiche Istat), l’aumento del tasso di occupazione degli italiani tra i 50 e i 64 anni è una tendenza in atto da parecchi anni: è contenuto ma stabile dal 2004 a oggi, ben prima della riforma Fornero, e in poco più di dieci anni è stato di circa 15 punti percentuali.



graph



Il verdetto



Di Battista parla di due tendenze che sono effettivamente in atto nel mercato del lavoro, l’aumento della disoccupazione giovanile e l’aumento dell’occupazione oltre i 50 anni. Il primo si è verificato nei due mesi più recenti di cui abbiamo le stime, ma i livelli della disoccupazione giovanile più recenti sono comunque più bassi dell’entrata in carica di Renzi. Il secondo invece è una tendenza più stabile, da diversi anni a questa parte, che viene spiegata con diversi fattori. Insomma, da questi numeri l’esponente del Movimento 5 Stelle trae solo in parte conclusioni giustificate. “Nì” per Alessandro Di Battista.