Dopo l’uscita del report Inps “Dati sui nuovi rapporti di lavoro”, riferito al periodo gennaio-novembre 2015, il Premier canta vittoria e torna ad insistere sugli effetti positivi del Jobs Act. Sembra però che Renzi abbia letto male i dati, vediamo perchè.



Posti di lavoro si, posti di lavoro no






Occorre intanto precisare che i dati Inps considerano tutti i rapporti di lavoro attivati nei primi 11 mesi del 2015 (nota alla tabella 4a e a pagina 5), anche quelli in capo ad uno stesso lavoratore. Ciascun lavoratore può quindi aver sottoscritto più contratti nel 2015, ad esempio se lavora tramite agenzia interinale o è impiegato su base mensile. Questo rende il numero di contratti firmati (oggetto dei dati Inps) diverso dal numero di posti di lavoro (di cui parla Renzi).



Venendo alla dichiarazione del Premier, se consideriamo i soli contratti a tempo indeterminato, nel 2015 ci sono stati 1.640.630 nuovi contratti (tabella 3 del rapporto Inps). Questo rappresenta una variazione netta di +584.163 (le cessazioni sono state 1,5 milioni), ossia oltre mezzo milione di contratti in più a tempo indeterminato. Va considerato che di questi, 388.454 sono trasformazioni di contratti a tempo determinato e 80.897 sono trasformazioni di apprendistati già esistenti. Se escludiamo le trasformazioni, i nuovi contratti di lavoro a tempo indeterminato sono stati 114.812.



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Assurde le polemiche sul Jobs Act?



Renzi cerca di utilizzare i dati dell’ente previdenziale per provare la validità del Jobs Act e l’infondatezza delle critiche ad esso indirizzate. Non è la prima volta che il Premier usa questo approccio (l’avevamo analizzato anche qui). Tuttavia, sebbene alcuni trend abbiano mostrato ‘segnali incoraggianti‘, rimane da dimostrare che essi siano effetto del Jobs Act. In generale, le analisi che circolano sul tema sono molto caute e sottolineano, ad esempio, il ruolo di altri provvedimenti presi dal governo, come le decontribuzioni. Tra questi segnaliamo questo articolo de LaVoce.info, uno studio di alcuni ricercatori di SciencesPo e Sant’Anna e il report di Banca d’Italia, in cui si sottolinea il forte contributo del miglioramento del ciclo economico e degli sgravi contributivi approvati nella Legge di Stabilità 2015.



Il verdetto



La prima parte della frase (“oltre mezzo milione di posti di lavoro a tempo indeterminato”) è sostanzialmente vera. Si può poi dibattere sul ruolo delle trasformazioni dei contratti determinati o apprendistati in indeterminati (si veda quanto ha detto il professor Tiraboschi a Lettera43), ma rimane il fatto che c’e’ stata una variazione netta positiva nel numero di rapporti contrattuali a tempo indeterminato.



La seconda parte della dichiarazione è invece più critica, perché – come già osservato in altre analisi – le evidenze disponibili non stabiliscono nessi causali chiari tra l’azione di Renzi e gli attuali dati occupazionali.