Durante la puntata del 21 ottobre di Otto e Mezzo, il Presidente del Consiglio ha difeso a lungo il rigore nei conti pubblici mantenuto dall’Italia, in particolare contro chi, negli ultimi giorni, ha accusato il governo di aver fatto una manovra “in deficit”. A supporto della sua tesi, Renzi ha portato sul tavolo un paragone con le previsioni del rapporto deficit/Pil in alcuni Paesi europei sottolineando, tra l’altro, che questi violano le regole europee mentre l’Italia no.



È un confronto che Renzi ha fatto spesso negli ultimi giorni (anche un mese fa, quando ha comparato la crescita tra i vari Paesi europei): ad esempio il 13 ottobre, citando solo la Spagna, e ancora durante la conferenza stampa di presentazione della Legge di Stabilità il 15 ottobre.



I dati



Ma davvero gli altri Paesi europei sono in così flagrante violazione delle regole di bilancio europee? Renzi si riferisce a un preciso dato macroeconomico, il rapporto tra deficit di bilancio statale – la differenza tra le entrate e le uscite – e il Prodotto Interno Lordo di quel Paese. Fin dai parametri stabiliti dal trattato di Maastricht, firmato nel 1992, è una delle misure più importanti per valutare la stabilità dei conti pubblici dei Paesi europei, che si impegnano a mantenere il rapporto sotto il 3%.



Non è chiarissimo se Renzi si riferisca alla situazione attuale – cioè al rapporto deficit/Pil nel 2015 – o a quella del prossimo futuro, anche se a senso sarebbe più logico che parlasse della seconda, visto che sta difendendo la Legge di Stabilità presentata dal suo governo. Vediamo che cosa dicono i numeri per entrambi gli anni.



Il 2016, innanzitutto. Secondo le previsioni macroeconomiche più recenti della Commissione Europea (del maggio scorso), l’Italia chiuderà il 2016 con un rapporto deficit/Pil al 2%. La Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza (DEF) del 2015 – ossia la stima più recente proveniente da fonti ufficiali italiane – pone il rapporto al 2,2% (rivisto al rialzo rispetto ad aprile scorso, quando era stato fissato all’1,8%), con la possibilità che esso scenda al 2% se l’Unione Europea accetterà di considerare fuori dal computo le risorse impiegate quest’anno per fronteggiare i flussi migratori verso il nostro Paese.



Per gli altri Paesi citati da Renzi, le stime della Commissione per il 2016 – in attesa delle nuove previsioni attese per novembre – sono le seguenti (barra blu):



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La Spagna, insomma, non “fa il doppio di noi” sul deficit, la Francia in realtà supera di parecchio il 3% e il Regno Unito resta lontano dal 5%, almeno se confrontiamo una serie di previsioni omogenee come quelle della Commissione. Ma proviamo a confrontare le previsioni più recenti dei singoli governi, in modo da fare la massima apertura di credito alle singole autorità nazionali.



La Spagna, secondo i Presupuestos per il 2016 (l’equivalente della nostra Legge di Stabilità) presentati ad agosto e approvati definitivamente dal parlamento il 20 ottobre, prevede di scendere sotto il 3% proprio il prossimo anno, con un rapporto deficit/Pil al 2,8%. Il governo francese, secondo il Projet de loi de finances (PLF) 2016 pubblicato il 30 settembre, punta ad abbassare il rapporto al 3,3% per il 2016 e quello britannico, nel suo Summer Budget per il 2015-2016 presentato a luglio, al 3,7%. Insomma, per il 2016 i confronti di Renzi non stanno in piedi dal punto di vista numerico, anche se è vero che nessuno dei Paesi citati rispetta oggi la soglia del 3%.



Vediamo ora le stime della Commissione Europea per il 2015 (nel grafico in alto, la barra azzurra). Neppure in questo confronto la Spagna (4,5%) “fa il doppio di noi”; ma anche in questo caso la Francia è generosamente sopra il 3% (3,8%) e il Regno Unito (4,5%) è già più vicino al 5% segnalato da Renzi.



Riassumiamo i dati ufficiali nazionali, presi dagli stessi documenti di finanza pubblica che abbiamo citato più sopra: i Presupuestos spagnoli parlano di un 2015 con un rapporto deficit/PIL al 4,2%, leggermente inferiori rispetto ai dati della Commissione, il governo francese pone il rapporto al 3,8% per il 2015 (in linea con la Commissione) e il Summer budget britannico al 4,9% – ancora più vicino alla cifra data da Renzi.



Il verdetto



In conclusione: Renzi ha ragione nella sostanza quando sostiene che l’Italia ha rispettato il limite del 3% negli ultimi anni mentre molti altri Paesi non l’hanno fatto (né progettano di farlo, con l’unica eccezione della Spagna per il 2016). Ma quando cita le cifre concrete, come fa nella dichiarazione oggetto del fact-checking, dipinge una situazione che non si verifica per la Spagna, è perfino generosa con la Francia e ci va vicino per il Regno Unito. La sentenza è difficile ma così com’è non si può andare oltre un “Nì”.