In breve:
• L’indice Rt è un indicatore fondamentale per capire l’andamento dell’epidemia e per stabilire quali regioni finiscono in area rossa, arancione o gialla.
• Il calcolo di Rt è molto complesso e si basa solo sui contagi sintomatici, per evitare distorsioni nelle previsioni. Quando il valore di Rt è superiore a 1, significa che l’epidemia continua a crescere, ma questa stima è sempre compresa in un intervallo: più ampio è questo intervallo, più incertezza c’è sul reale valore di Rt.
• Nello stabilire le aree con i diversi colori, il problema non è tanto l’indice Rt, quanto la completezza dei dati, che spesso sono comunicati con grande ritardo dalle regioni, e i valori scelti dal governo. Questo può comportare un aumento dell’incertezza di Rt, con il rischio di allentare senza una valida giustificazione le restrizioni introdotte in alcune zone del Paese.
Dall’inizio dell’emergenza sanitaria c’è un indicatore che periodicamente ritorna al centro del dibattito pubblico e politico: è il cosiddetto “numero di riproduzione” del nuovo coronavirus, meglio noto con il nome di “indice Rt”.
Questo parametro è uno degli elementi chiave su cui si basano le decisioni del governo di suddividere le regioni italiane in area rossa, arancione o gialla, a seconda del livello di criticità dell’epidemia.
Proprio dalle regioni, negli scorsi giorni, è arrivata la richiesta di ripensare il sistema di monitoraggio che decide quali restrizioni introdurre, e quali allentare. Uno dei motivi sarebbe la minor affidabilità dell’indice Rt, una polemica già nata a fine maggio scorso, durante la ripartenza del Paese dopo il lockdown.
Ma davvero oggi l’indice Rt non è più attendibile come nei mesi scorsi? Prima di rispondere a questa domanda, vediamo nel dettaglio come funziona questo indicatore, un passaggio essenziale per poi comprenderne i potenziali limiti.
• L’indice Rt è un indicatore fondamentale per capire l’andamento dell’epidemia e per stabilire quali regioni finiscono in area rossa, arancione o gialla.
• Il calcolo di Rt è molto complesso e si basa solo sui contagi sintomatici, per evitare distorsioni nelle previsioni. Quando il valore di Rt è superiore a 1, significa che l’epidemia continua a crescere, ma questa stima è sempre compresa in un intervallo: più ampio è questo intervallo, più incertezza c’è sul reale valore di Rt.
• Nello stabilire le aree con i diversi colori, il problema non è tanto l’indice Rt, quanto la completezza dei dati, che spesso sono comunicati con grande ritardo dalle regioni, e i valori scelti dal governo. Questo può comportare un aumento dell’incertezza di Rt, con il rischio di allentare senza una valida giustificazione le restrizioni introdotte in alcune zone del Paese.
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Dall’inizio dell’emergenza sanitaria c’è un indicatore che periodicamente ritorna al centro del dibattito pubblico e politico: è il cosiddetto “numero di riproduzione” del nuovo coronavirus, meglio noto con il nome di “indice Rt”.
Questo parametro è uno degli elementi chiave su cui si basano le decisioni del governo di suddividere le regioni italiane in area rossa, arancione o gialla, a seconda del livello di criticità dell’epidemia.
Proprio dalle regioni, negli scorsi giorni, è arrivata la richiesta di ripensare il sistema di monitoraggio che decide quali restrizioni introdurre, e quali allentare. Uno dei motivi sarebbe la minor affidabilità dell’indice Rt, una polemica già nata a fine maggio scorso, durante la ripartenza del Paese dopo il lockdown.
Ma davvero oggi l’indice Rt non è più attendibile come nei mesi scorsi? Prima di rispondere a questa domanda, vediamo nel dettaglio come funziona questo indicatore, un passaggio essenziale per poi comprenderne i potenziali limiti.