Il 22 maggio, durante una conferenza stampa, l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera ha commentato i numeri sull’epidemia da coronavirus nella sua regione, che a quella data registrava 25.933 positivi alla Covid-19 (il 43,7 per cento sul totale di tutte le regioni) e 15.784 morti (il 48,3 per cento a livello nazionale).

In particolare Gallera si è concentrato (min. 9:27) sulla riduzione della «capacità di diffusione del contagio», dando una propria interpretazione alle stime dell’Istituto superiore di sanità (Iss) sull’indice Rt lombardo, ossia il “numero di riproduzione netto” del virus.

Secondo i dati dell’Iss pubblicati il 22 maggio, in base alle stime più recenti la Lombardia aveva allora un indice Rt (da leggersi “erre con ti”) pari a 0,51. «Che cosa vuol dire?», si è chiesto Gallera in conferenza stampa. «Che per infettare me bisogna trovare due persone nello stesso momento infette perché è a 0,50». L’assessore ha poi aggiunto che quando l’indice Rt «è a 1, vuol dire che basta che io incontro una persona infetta che mi infetto anch’io».

Nelle ore successive Gallera è stato criticato da più parti per avere dato un’interpretazione sbagliata dell’indice Rt, ma il 23 maggio lo stesso Gallera aveva difeso la sua spiegazione in un video pubblicato su Facebook, dicendo che aveva cercato (min. 1:01) di tradurre «in modo semplice a tutti i cittadini come si sta diffondendo il virus».

Ma che cosa non torna nella spiegazione data da Gallera sull’indice Rt? Che cos’è questo numero e come va letto correttamente? Abbiamo fatto un po’ di chiarezza.

Che cos’è l’indice Rt

Uno dei problemi maggiori quando si ha a che fare con una malattia infettiva – come la Covid-19 – è quello di quantificarne la potenziale trasmissibilità, per poter correre ai ripari e ridurne la diffusione. In epidemiologia l’obiettivo dell’indice Rt, cioè del “numero di riproduzione”, è proprio questo: stimare quanti nuovi contagi vengono generati da chi è già stato contagiato.

Ma vediamo meglio i dettagli.

La “R”

Come ha spiegato un recente approfondimento di Epidemiologia & Prevenzione, la rivista dell’Associazione italiana di epidemiologia, per interpretare correttamente l’indice Rt bisogna innanzitutto capire che cosa indicano le due lettere del suo nome.

Da un lato, la “R” indica la «ripetizione ad un evento»: nello specifico, questa lettera ci dice che l’indice misura le capacità che un agente patogeno ha di ri-infettare una o più persone, dopo averne già contagiata una.

E già qui la situazione si complica: se un agente patogeno colpisce una popolazione che fino a quel momento non aveva avuto alcun contatto con esso, e che non ha attuato nessuna misura di contenimento, la sua capacità di riprodursi sarà diversa da quella di un agente patogeno che si diffonde, per esempio, in una situazione di lockdown.

Per questo motivo si è fatta la distinzione tra R0 (“erre con zero”), il cosiddetto “numero di riproduzione di base” – definito come una «pietra miliare nella teoria delle malattie infettive» dal divulgatore scientifico David Quammen nel libro Spillover, pubblicato da Adelphi nel 2014 – e Rt.

R0, ha spiegato l’Iss a inizio febbraio scorso, «rappresenta il numero medio di infezioni secondarie prodotte da ciascun individuo infetto in una popolazione completamente suscettibile cioè mai venuta a contatto con il nuovo patogeno emergente». In sostanza, è un parametro che «misura la potenziale trasmissibilità di una malattia infettiva» all’inizio di un’epidemia.

La “t”

Rt, a differenza di R0, non si basa su «una popolazione completamente suscettibile», ma su una popolazione in cui il contagio è già avvenuto e sono già state prese delle misure per limitarlo. La “t” indica quindi il tempo in cui viene rilevata la trasmissibilità, ed è un parametro influenzato dalle azioni prese per contenere un’epidemia.

Nel caso specifico dei dati dell’Iss citati – e interpretati – da Gallera, il “t” tiene conto delle misure che sono state messe in campo in Italia negli ultimi mesi per contenere la pandemia (la stima dell’Iss è stata fatta su dati aggiornati al 19 maggio).

Nel nostro Paese l’indice Rt è uno dei vari indicatori monitorati dall’Istituto superiore di sanità durante l’attuale “Fase 2” dell’emergenza coronavirus.

«L’obiettivo delle politiche di contenimento consiste nel mantenere Rt sotto il valore soglia di 1, valore che porta all’estinzione dell’epidemia», ha spiegato a Pagella Politica Paolo Vineis, professore di Epidemiologia ambientale all’Imperial College di Londra e responsabile dell’Unità di crisi per l’emergenza coronavirus in Piemonte.

Come leggere l’indice Rt

L’elemento centrale per capire gli indici R è che stiamo parlando di un numero “medio”.

Se l’indice R0 di una malattia infettiva è pari a 2, significa che in una popolazione completamente suscettibile un singolo contagiato infetterà in media due persone: alcuni potranno contagiarne più di due, altri zero. «Quanto maggiore è il valore di R0 e tanto più elevato è il rischio di diffusione dell’epidemia», ha sottolineato l’Iss.

Nelle prime settimane dell’epidemia, le stima sulla Covid-19 parlavano di un R0 superiore a 3. Per avere un’ordine di paragone, il morbillo ha un indice R0 compreso tra 12 e 18, mentre l’influenza stagionale tra 0,9 e 2,1.

Quando l’indice R0 scende sotto a 1 – per esempio, grazie al distanziamento sociale o ai dispositivi di protezione individuale – ciò significa che l’epidemia può essere contenuta perché un singolo contagiato infetta in media meno di una persona.

E qui diventa chiaro l’errore commesso da Gallera.

Se in questi giorni in Lombardia l’indice Rt (ossia l’indice R0 dopo aver introdotto le misure di contenimento) è pari a circa 0,5, significa che due singoli contagiati da Covid-19 in media ne contagiano uno solo.

Ma da questo non ne deriva che per infettarsi «bisogna trovare due persone nello stesso momento infette», come dice Gallera. Le modalità della trasmissione del virus – per esempio, con gli starnuti o la saliva – rimangono le stesse: se si entra a stretto contatto anche solo con un singolo contagiato da Covid-19, senza prendere precauzioni, si rischia comunque di infettarsi.

L’errore dell’assessore lombardo al Welfare è ancora più evidente se si prende in considerazione la seconda parte della sua dichiarazione, quella in cui dice che quando l’indice Rt è a 1, «vuol dire che basta che io incontro una persona infetta che mi infetto anch’io».

Questo, come abbiamo visto, varrebbe però anche se l’indice Rt fosse più basso, per esempio pari a 0,2: basta comunque un contatto anche solo con un malato da Covid-19 per contagiarsi, in particolare se non si usano le misure di protezione.

Viceversa, se l’indice Rt dovesse un giorno schizzare a un valore pari a 4, non significherebbe – seguendo l’interpretazione di Gallera – che per contagiarsi basterà incontrare un “quarto” di un contagiato.

Nel difendersi dalle critiche, nel video pubblicato su Facebook il 23 maggio Gallera ha letto (min. 1:14) una spiegazione dell’indice Rt pubblicata da Il Bo Live, un progetto editoriale dell’Università di Padova.

L’articolo però specifica che gli indici R indicano «il numero medio di infezioni secondarie causate da ciascun individuo infetto», facendo alcuni esempi con numeri più grandi di quelli indicati da Gallera. «Se R0 fosse uguale a 0,5», spiegaIl Bo Live, un gruppo di 100 individui «ne contagerebbe 50, questi a loro volta 25 e così di seguito». Da nessuna parte viene indicata l’interpretazione dell’assessore, secondo cui con indice Rt pari a 0,5 per contagiarsi bisogna entrare in contatto «nello stesso momento» con due infetti.

Ribadiamo: con questi indici di riproduzione stiamo parlando di stime statistiche – di medie, per l’appunto – ottenute guardando a un ampio campione di contagiati. Le modalità di trasmissione del virus restano le stesse: cambia solo il numero di quanti vengono contagiati da chi è stato contagiato.

Come si calcola l’indice Rt

Dunque abbiamo capito che l’indice Rt stima a che ritmo si sta diffondendo – in questo caso rallentando – il coronavirus nella popolazione dopo l’adozione delle misure di contenimento (R0 in una popolazione “completamente suscettibile”). Ma quali calcoli ci sono dietro?

Intuitivamente, si potrebbe dire che l’indice Rt (o R0) si ottiene mettendo a rapporto il numero di soggetti che sono stati contagiati e il numero di soggetti contagianti che hanno diffuso l’infezione in un determinato intervallo di tempo. Le cose però sono più articolate di così.

Come ha spiegato l’Iss, l’indice R0 (e di conseguenza anche Rt) dipende da tre elementi: «la probabilità di trasmissione per singolo contatto tra una persona infetta e una suscettibile», il «numero dei contatti della persona infetta» e la «durata dell’infettività».

Il problema è che questi tre fattori sono difficili da osservare direttamente, come ha chiarito il 21 aprile scorso su Scienza in rete l’epidemiologa Stefania Salmaso (che in passato ha lavorato per l’Iss). Dunque gli scienziati usano complessi modelli matematici (qui un esempio), che a seconda delle assunzioni e della loro bontà danno risultati diversi e diversamente affidabili.

«Tra i vari problemi metodologici dell’indice Rt, c’è anche quello relativo ai tamponi», ha sottolineato a Pagella Politica l’epidemiologo Vineis. «La stima di Rt è infatti influenzata dal numero di tamponi effettuati e dal periodismo settimanale di quest’ultimi (per esempio il minor numero di tamponi effettuati nel fine settimana)». E come abbiamo spiegato in passato, la Regione Lombardia è stata una di quelle che ha avuto le maggiori difficoltà nel fare i tamponi ai soggetti malati di Covid-19.

C’è poi una questione legata alle tempistiche.

«Poiché la diagnosi di infezione da Sars-CoV-2 può avvenire diversi giorni dopo la comparsa dei sintomi – ha detto a Pagella Politica Vineis – il valore di Rt può essere stimato correttamente con almeno un ritardo di 15 giorni».

L’indice Rt è, insomma, una stima costruita retrospettivamente in modo empirico, necessaria per gestire un’epidemia ma non di per sé sufficiente, come hanno evidenziato diversi scienziati a livello internazionale nelle ultime settimane.

Il 19 maggio, il virologo dell’Università di Kent (Regno Unito) Jeremy Rossman ha per esempio scritto un articolo su The Conversation in cui ha spiegato che l’indice Rt è solo uno dei diversi strumenti che gli epidemiologi hanno in mano per descrivere l’andamento del contagio.

È sì utile, ma non può essere del tutto esemplificativo di una buona gestione di un’epidemia, come lascia invece intendere Gallera (in aggiunta alla sua scorretta interpretazione dell’indice).

Come ha rimarcato già ad aprile l’epidemiologa Salmaso, per descrivere l’intensità del contagio a livello nazionale e regionale sarebbe «urgente» conoscere, per esempio, quando si sono ammalati i nuovi casi registrati ogni giorno e come (se negli ospedali, a casa, nelle Rsa, negli ospedali o nei posti di lavoro).

In ogni caso, comprendere correttamente che cosa c’è dietro i numeri di riproduzione di una malattia infettiva è fondamentale per gestirne un’eventuale epidemia, come hanno evidenziato alcuni ricercatori in un articolo pubblicato a gennaio 2019 sulla rivista scientifica Emerging Infectious Diseases.

«Sebbene R0 possa sembrare una semplice misura per determinare le dinamiche di trasmissione di una malattia infettiva, la sua definizione, il suo calcolo e la sua interpretazione sono tutto fuorché semplici», si legge nell’articolo scientifico. «R0 può essere mal rappresentato, mal interpretato e mal applicato in diversi modi che possono distorcere il vero significato e valore dell’indice. Dal momento che le fonti di confusione sono varie, R0 va applicato e discusso con cautela, sia nella ricerca che nella pratica. Questo costrutto epidemiologico è rilevante e utile solo se usato e intepretato correttamente».

Il verdetto

Secondo l’assessore al Welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera, un “numero di riproduzione netto” (o indice Rt) della Covid-19 pari a 0,51 significa che per infettare una persona «bisogna trovare due persone nello stesso momento infette». Quando invece è a 1, «vuol dire che basta che io incontro una persona infetta che mi infetto anch’io».

Questa spiegazione è sbagliata, perché poggia su un’errata interpretazione del principio statistico alla base dell’indice.

Il “numero di riproduzione netto” Rt stima in media quante persone sane vengono contagiate da chi ha contratto il virus, durante un periodo di tempo in cui sono state introdotte delle restrizioni (l’indice R0 funziona allo stesso modo, ma per una popolazione completamente suscettibile al virus).

Dire che l’indice Rt è pari a 0,5 significa che due contagiati in media causeranno un nuovo contagiato, e non che quei due contagiati devono trovarsi nello stesso momento con una persona per trasmettergli il virus.

Le modalità di contagio – per esempio, via starnuto o via saliva – restano le stesse: se con un indice Rt pari a 0,5, si entra in contatto anche solo con un soggetto infetto, si rischia comunque di essere contagiati.

In conclusione, Gallera si merita un “Pinocchio andante”.