Il 20 agosto, dopo il discorso del presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Senato, il leader della Lega Matteo Salvini è intervenuto, facendo 9 dichiarazioni verificabili.

Quante di queste sono corrette, e quante sbagliate? Su quattro Salvini dice la verità, mentre per le restanti cinque è impreciso.

Lo slogan dei “porti chiusi”

«L’ho fatto e lo rifarò [di chiudere i porti, nda] […] In Italia si arriva se si ha il permesso di arrivare. Punto e a capo»

Il ministro dell’Interno ha rivendicato tra i risultati del suo operato quello di aver “chiuso i porti” ai migranti. Dal 1° gennaio a oggi, sulle coste italiane sono però arrivate oltre 4.400 persone (oltre 370 dal 10 agosto).

Come abbiamo spiegato in un precedente fact-checking, durante il governo Conte il Ministero delle Infrastrutture e quello dell’Interno non hanno mai adottato nessun provvedimento formale per decretare il divieto d’ingresso delle navi dei porti italiani.

I “porti chiusi” di Salvini è più che altro uno slogan che sintetizza la sua politica restrittiva nei confronti dell’immigrazione, attuata negli scorsi mesi in via informale con singole direttive firmate per vietare gli sbarchi di navi Ong.

Il decreto Sicurezza bis – diventato definitivamente legge a inizio agosto – ha formalizzato questo potere del Viminale, che in accordo con il Ministero delle Infrastrutture e quello della Difesa può approvare un provvedimento per impedire a navi con a bordo migranti di non entrare nelle acque italiane.

Questo potere è giustificato, nel decreto, facendo riferimento alle convenzioni internazionali del diritto del mare.

Nel caso della nave Ong Open Arms,il provvedimento di divieto di ingresso firmato da Salvini è stato però sospeso dal Tar del Lazio il 14 agosto, permettendo all’imbarcazione di avvicinarsi a Lampedusa (dove i migranti a bordo sono tutti sbarcati il 21 agosto).

Il problema dell’aumento dell’Iva

«L’Iva non aumenta se si vota a ottobre e c’è un Governo in carica a novembre»

Come abbiamo spiegato in un precedente fact-checking, il governo Conte ha inserito nella legge di Bilancio per il 2019 delle nuove clausole di salvaguardia, per un valore complessivo di oltre 51 miliardi di euro. Il Contratto di governo, però, aveva promesso l’opposto, ossia di evitare l’aumento dell’Iva, cosa avvenuta per il 2019, ma rimandata per il 2020 e per il 2021.

Secondo le leggi attuali, dunque, dal 1° gennaio 2020 è infatti previsto un aumento dell’Iva agevolata dal 10 al 13 per cento, garantendo un gettito annuale di circa 8,6 miliardi di euro (anche per il 2021). L’Iva ordinaria dovrebbe invece passare dal 22 al 25,2 per cento, crescendo quindi di quasi 14 miliardi di euro.

Per l’anno successivo, la percentuale dovrebbe salire ancora, fino al 26,5 per cento, permettendo un guadagno per lo Stato di oltre 19,6 miliardi di euro.

A questi aumenti, va aggiunto anche quello delle accise sui carburanti, che cresceranno di 400 milioni di euro sia nel 2020 che nel 2021.

I rincari per il 2020 si possono bloccare con una nuova legge – per esempio quella di Bilancio per l’anno prossimo – che trovi gli oltre 23 miliardi di euro necessari per compensare quelli ricavabili dall’aumento dell’Iva.

Potrebbe occuparsi di questa cosa un governo eletto in autunno, come suggerisce Salvini? Come ha ricostruito Il Post in un articolo del 9 agosto, se si votasse tra fine ottobre e inizio novembre, la legge di Bilancio andrebbe scritta dal nuovo governo, che insediandosi a dicembre inoltrato molto difficilmente avrebbe abbastanza tempo per bloccare l’aumento dell’Iva.

I rincari potrebbero scattare comunque dal 1° gennaio 2020, per poi essere eventualmente annullati con una legge successiva.

In ogni caso, anche se ci fossero elezioni tra ottobre e novembre, rimarrebbe in carica per il “disbrigo degli affari correnti” il governo Conte, che con un decreto-legge potrebbe fermare prima della fine dell’anno l’aumento dell’Iva. Ma in questo caso bisognerebbe fare i conti con la Commissione europea: le clausole di salvaguardia sono state infatti pensate proprio come rassicurazione all’Ue che l’Italia avrebbe rispettato gli impegni di bilancio.

Quali cittadini europei votano questo autunno?

«In Austria si vota a fine settembre, in Polonia a metà ottobre, probabilmente anche in Spagna si voterà a ottobre, non ci sono disastri»

È vero: il prossimo 29 settembre in Austria si voterà in anticipo per le elezioni legislative, dopo che a maggio scorso il vice cancelliere Heinz-Christian Strache (del Fpo, estrema destra austriaca) si era dovuto dimettere a causa di uno scandalo.

Questa scelta aveva convinto il cancelliere austriaco Sebastian Kurz (Ovp) ad andare a elezioni anticipate. Il termine naturale del mandato sarebbe stato nel 2022.

Le elezioni parlamentari in Polonia si terranno invece il 13 ottobre prossimo, come annunciato il 7 agosto 2019 dal presidente polacco Andrzej Duda (PiS). In questo caso si tratta della scadenza naturale del mandato, cominciato nel 2015.

Discorso più complicato vale per la Spagna. Il Partito socialista e Podemos non hanno ancora trovato un accordo di governo, dopo le elezioni politiche di aprile scorso. Hanno tempo fino a fine settembre per farcela, altrimenti verrebbero sciolte le camere per andare di nuovo alle urne in una data ancora da definire (la terza volta in circa tre anni).

L’Italia del 2050, secondo Istat

«Nel 2050 l’Italia perderà 6 milioni di persone in età lavorativa tra i quindici e i sessantaquattro anni e rischia di essere uno dei pochi Paesi al mondo a sperimentare una riduzione della popolazione in età lavorativa. L’Italia perderà, perché emigreranno altrove, 4,5 milioni di italiani e in cambio importerà 10,5 milioni di immigrati»

In questa dichiarazione, Salvini cita numeri dell’Istat, dando però per certe quelle che a oggi sono delle stime.

«Nel 2050 la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2 per cento del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi – si legge nel Rapporto annuale 2019, pubblicato da Istat a giugno 2019 – Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno che alimenterebbero la popolazione in età da lavoro».

Si tratta dunque di una possibilità, e non di una certezza come invece lascia intendere il ministro dell’Interno.

«L’Italia sarebbe così tra i pochi paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa», prosegue poi l’Istituto.

E i numeri su emigrati e immigrati, tornano?

«Nell’intervallo 2018-2050 potrebbero immigrare complessivamente in Italia 10,5 milioni d’individui», scrive Istat, mentre «nel complesso, circa 4,5 milioni di persone potrebbero emigrare tra oggi e il 2050».

Anche in questo caso il condizionale è d’obbligo, come sottolineato dall’Istat, che spiega come i fattori in gioco siano molti per avere un quadro preciso del nostro Paese da qui ai prossimi 30 anni.

In Italia non si fanno più bambini?

«L’emergenza di questo Paese è il fatto che non nascono più bambini»

Come spiega il Rapporto annuale 2019 dell’Istat, «l’evoluzione demografica italiana è caratterizzata da una bassa natalità e da una vita sempre più lunga».

Nel documento Natalità e fecondità della popolazione residente, l’Istituto nazionale di statistica ha elencato una serie di numeri sul calo delle nascite in Italia.

«Nel 2017 sono stati iscritti in anagrafe per nascita 458.151 bambini, oltre 15 mila in meno rispetto al 2016», scrive Istat. «Nell’arco di 3 anni (dal 2014 al 2017) le nascite sono diminuite di circa 45 mila unità mentre sono quasi 120 mila in meno rispetto al 2008. La fase di calo della natalità innescata dalla crisi avviatasi nel 2008 sembra quindi aver assunto caratteristiche strutturali».

Nel 2017, è inoltre proseguita la tendenza al calo della fecondità avviatasi nel 2010. Il numero medio di figli per donna è sceso a 1,32 (era 1,46 nel 2010). Le donne italiane hanno in media 1,24 figli (erano 1,34 nel 2010), mentre le cittadine straniere residenti 1,98 (erano 2,43 nel 2010).

Ma come siamo messi rispetto agli altri Paesi europei? Male, se si guardano i dati Eurostat più aggiornati.

Nel 2017, la media della fecondità delle donne in Ue era di 1,59 figli, e l’1,32 dell’Italia collocava il nostro Paese al terzultimo posto in classifica, a pari merito con Cipro (1,32) e davanti a Spagna (1,32) e Malta (1,26).

Non solo. L’Italia è al primo posto tra gli Stati Ue nella classifica sull’età delle donne al loro primo figlio. Nel nostro Paese, nel 2017 si diventava infatti madri per la prima volta in media a 31,1 anni. In Bulgaria, in ultima posizione, a 26,1.

L’Italia è ancora la seconda potenza industriale d’Europa?

«Adesso chiedono alla seconda potenza industriale – questo Paese – di rispettare gli zero virgola»

Come abbiamo scritto in passato, è controverso se l’Italia sia ancora la seconda potenza industriale dell’Unione europea. Nel 2017, secondo dati comunque provvisori, la Francia ci ha sorpassato quanto a valore della produzione industriale.

Tuttavia questo elemento, secondo diversi esperti, non è sufficiente a farci perdere il secondo gradino del podio, dietro alla Germania. Bisognerebbe infatti tenere in considerazione anche altri indicatori, come il valore aggiunto, il numero di occupati del settore, il grado di industrialità e via dicendo. Al di là di questo, se l’Italia non è la seconda è comunque la terza potenza industriale del continente.

Sostenere, come fa Salvini, che ci venga chiesto di rispettare gli zero virgola è tuttavia fuorviante. Lascia infatti intendere sia una sorta di trattamento sfavorevole nei confronti dell’Italia – e non è così, visto che i parametri sono uguali per tutti e vengono oltretutto applicati non discreti margini di elasticità (si pensi al nostro debito pubblico) – sia che si tratti di quantità di denaro irrisorie. Ma uno scostamento, per esempio, dello 0,4 per cento del Pil – come quello corretto dal governo in carica nel 2019 – ammonta a quasi 8 miliardi di euro. Circa il finanziamento annuale di misure come “quota 100” o il reddito di cittadinanza.

Parigi e Berlino non rispettano le regole europee?

«Da anni Francia e Germania se ne fregano delle regole con cui stanno rovinando un popolo composto da 60 milioni di donne e uomini liberi»

Al di là delle valutazioni personali di Salvini sulla rovina del popolo italiano e delle connesse responsabilità, dai dati risulta che la Francia e la Germania delle regole «se ne fregano» circa quanto l’Italia. Parigi un po’ di più, Berlino un po’ di meno.

Se infatti guardiamo a quante volte è stato violato negli ultimi vent’anni il criterio del rapporto debito/Pil, che secondo le regole europee dovrebbe essere inferiore al 60 per cento, la Germania l’ha sforato 16 volte, la Francia 18 volte e l’Italia 20 volte su 20.

Oltretutto Roma ha fatto registrare violazioni significativamente maggiori rispetto a quelle degli altri due grandi Paesi europei: nel 2018, per esempio, la Germania ha registrato un rapporto debito/Pil del 60,9 per cento, la Francia del 98,4 per cento e l’Italia del 132,2 per cento. E negli anni precedenti la situazione è spesso stata la stessa.

Se poi guardiamo al criterio deficit/Pil, che secondo i parametri di Maastricht dovrebbe restare al di sotto del 3 per cento (in realtà con le riforme successive alla crisi la questione si è complicata), la Germania lo ha violato sette volte in 20 anni, l’Italia otto volte e la Francia 13 volte.

Non si può insomma accusare Francia e Germania di aver violato le regole significativamente di più o più spesso dell’Italia.

Dalla carenza di medici…

«Ci mancheranno 20.000 medici nei prossimi anni»

Salvini sta probabilmente citando una stima fatta all’Ansa dal sindacato medici dirigenti Anaao-Assomed il 1° marzo 2019, secondo cui potrebbero andare in pensione 23 mila medici nei prossimi tre anni.

Si legge infatti sull’Ansa che «i medici che lascerebbero il Servizio sanitario nazionale per pensionamento sarebbero circa 18 mila ed altri 18-20 mila maturerebbero i requisiti per la quota 100 anche se, di questi ultimi, si stima potrebbe poi lasciare effettivamente l’incarico circa il 25 per cento, ovvero 4.500».

Tuttavia Salvini sbaglia, sostenendo che mancheranno 20 mila medici nei prossimi anni.

A fronte di queste uscite, infatti, saranno possibili migliaia di assunzioni. Come abbiamo visto in una nostra precedente analisi, ogni anno sono circa 10 mila i posti a disposizione per gli studenti di medicina. Dunque l’eventuale carenza di medici, se anche non fosse sterilizzata per intero, non sarebbe comunque essere pari al numero di camici bianchi andati in pensione.

…alla carenza delle forze dell’ordine

«Verranno meno 40.000 donne e uomini in divisa nei prossimi anni: o stanziamo i soldi per assumere questi 40.000 donne e uomini della Polizia di Stato o completiamo il disastro portato avanti dal Partito Democratico, che ha bloccato le assunzioni e il Paese per anni»

Sulla carenza di poliziotti Salvini di nuovo cita una stima, questa volta fatta dal capo della Polizia Franco Gabrielli, ancora a luglio 2017.

Secondo Gabrielli «se la matematica non è un opinione, prendete carta e penna: 40 mila persone in pensione in 12 anni significa 3-4.000 all’anno, immetteremo contemporaneamente 2-2.500 poliziotti all’anno. Significa che andremo a regredire».

La regressione, seguendo il calcolo di Gabrielli, è tuttavia di massimo duemila poliziotti all’anno e minimo cinquecento. Vuol dire che i «prossimi anni» di cui parla Salvini saranno, se la situazione non dovesse cambiare rispetto alle previsioni, minimo 20 e massimo 80.

Al di là di questo, è falso che il Pd avesse bloccato le assunzioni. Anzi, come avevamo verificato in una nostra precedente analisi, il piano straordinario di assunzioni rivendicato da Salvini nella primavera del 2019 faceva seguito a un intervento analogo previsto dal governo Gentiloni con la legge di Bilancio per il 2018.

In conclusione

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini, dopo il discorso di Conte in Senato, ha fatto 9 dichiarazioni verificabili.

Su quattro, il leader della Lega dice la verità: per esempio, è vero che in Italia si fanno sempre meno figli e che ci sono Paesi europei, come Austria e Polonia, in cui si vota in autunno.

Sulle restanti cinque, Salvini è invece impreciso. La “chiusura dei porti” è di fatto uno slogan: il decreto Sicurezza bis ha messo nero su bianco la possibilità al Ministero dell’Interno (insieme a quello delle Infrastrutture e quello della Difesa) di vietare l’ingresso delle navi con a bordo migranti nelle acque territoriali italiane, ma gli sbarchi continuano anche negli ultimi giorni.

Impreciso è anche l’attacco a Parigi e Berlino, che non hanno rispettato in diverse occasioni i vincoli europei, ma in misura maggiore e meno frequente dell’Italia. Infine, è controverso il fatto che il nostro Paese sia ancora la seconda potenza industriale d’Europa. Secondo alcuni indicatori, la Francia ci avrebbe sorpassato.