Tre milioni di reddito e “padre” della riforma fiscale: chi è il viceministro Leo

Tra i 64 membri del governo è di gran lunga quello con il reddito dichiarato più alto. Abbiamo ricostruito qual è il suo ruolo e che cosa ha fatto finora in politica
ANSA
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Quasi tre milioni di euro, per la precisione 2.780.200 euro lordi. Questo è il reddito che nel 2022 ha dichiarato Maurizio Leo, viceministro dell’Economia e delle Finanze e deputato di Fratelli d’Italia. Da mesi Leo è il principale sostenitore della riforma del fisco, approvata in Consiglio dei ministri il 17 marzo, e il suo reddito è di gran lunga il più alto tra i 64 membri del governo Meloni, considerando sia i ministri sia i sottosegretari. Il viceministro dell’Economia e delle Finanze è l’unico esponente del governo ad aver dichiarato un reddito superiore al milione di euro, con un valore triplo rispetto a quello al secondo posto, i circa 935 mila euro del ministro della Difesa Guido Crosetto (qui abbiamo raccolto tutti i redditi dichiarati). Per avere un ordine di grandezza, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha dichiarato un reddito di circa 160 mila euro (un diciassettesimo di quello di Leo), mentre il leader della Lega Matteo Salvini quasi 116 mila.

Anche in passato Leo aveva dichiarato un reddito elevato quando era già stato in Parlamento: nel 2012, ultimo anno per cui sono disponibili i dati, il valore era stato di quasi 2 milioni di euro. Nella sua dichiarazione patrimoniale il viceministro risulta proprietario di vari immobili, tra cui una casa a Malindi in Kenya. 

La carriera di Leo

Come dimostra il suo curriculum vitae, il membro più ricco del governo Meloni ha una lunga carriera politica: di lavoro fa l’avvocato, è laureato in giurisprudenza ed è esperto in questioni tributarie. Prima di essere eletto alla Camera lo scorso 25 settembre, Leo era già stato deputato per Alleanza nazionale in tre legislature di seguito, dal 2001 al 2013, occupandosi soprattutto dei temi legati al fisco. Prima ancora, negli anni Novanta ha ricoperto il ruolo di direttore generale del Ministero delle Finanze e nel 2009 è diventato assessore al Bilancio del comune di Roma scelto dall’allora sindaco di centrodestra Gianni Alemanno. All’epoca il quotidiano la Repubblica spiegò in un breve ritratto che Leo, «già simpatizzante» del Movimento sociale italiano (il partito di estrema destra fondato nel dopoguerra da ex fascisti), aveva abbandonato nel 1999 il suo ruolo al ministero per «forti dissidi» con Vincenzo Visco, ministro delle Finanze di centrosinistra. 

Prima delle elezioni politiche dell’anno scorso, Leo aveva già provato a rientrare in Parlamento, partecipando alle elezioni suppletive del 1° marzo 2020 organizzate in un collegio di Roma per riempire un seggio alla Camera dei deputati rimasto vacante. A quelle elezioni Leo aveva partecipato come candidato della coalizione di centrodestra, formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Unione di centro, prendendo però meno della metà dei voti del vincitore, il candidato del centrosinistra Roberto Gualtieri, all’epoca ministro dell’Economia e delle Finanze e futuro sindaco di Roma.

Il ruolo da viceministro

Ora in uno dei ruoli di vertice di uno dei ministeri più importanti del governo c’è proprio Maurizio Leo, che è anche il responsabile del dipartimento Economia e finanza di Fratelli d’Italia. Da quando si è insediato il governo, il viceministro si è speso in prima persona, dalle interviste televisive a quelle sui quotidiani, per anticipare e descrivere le misure del governo Meloni sul fisco. Per esempio lo scorso novembre Leo aveva preannunciato che nella legge di Bilancio per il 2023 ci sarebbe stata la cosiddetta “tregua fiscale”, ossia un condono. Un altro dossier di cui si è occupato il viceministro – tanto da esserne stato definito il «padre» da alcuni giornali – è il disegno di legge delega per la riforma del fisco, che ora dovrà iniziare il suo percorso in Parlamento prima di diventare legge e di dare due anni di tempo al governo per modificare imposte come l’Irpef e l’Iva. Il 16 marzo Leo è stato ospite a Porta a Porta su Rai 1, dove ha difeso l’impostazione della riforma senza sbilanciarsi sui dettagli, ancora da definire. Tra le altre cose l’obiettivo del governo è quello di ridurre a tre il numero delle aliquote dell’Irpef per abbassare il prelievo fiscale. Il 19 marzo, in un’intervista con il Corriere della Sera, Leo ha annunciato che è favorevole all’introduzione di un’unica aliquota con cui tassare i redditi (la cosiddetta “flat tax”), chiarendo che si tratta di un progetto di lungo periodo, «che faremo a fine legislatura». Ancora più che della flat tax in senso stretto, il viceministro è un sostenitore della cosiddetta “flat tax incrementale”, ossia un’imposta con un’unica aliquota da applicare agli aumenti di reddito registrati da un contribuente di anno in anno.

Il ruolo chiave di Leo all’interno del governo è dimostrato dal fatto che il decreto “Ministeri”, convertito in legge a dicembre, ha aumentato il personale a sua disposizione all’interno del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Il viceministro potrà contare su un ufficio di 16 persone in più rispetto a quelle previste in precedenza, composto anche da esperti al di fuori dell’amministrazione pubblica. Secondo vari osservatori, Leo svolge di fatto un ruolo complementare a quello del ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti (Lega), più coinvolto nelle questioni di bilancio e meno in quelle relative al fisco.

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