Trump ha violato la Costituzione degli Stati Uniti bombardando l’Iran?

Gli esperti – e non solo loro – sono divisi sull’attacco ordinato senza l’autorizzazione del Congresso, tra dubbi giuridici e precedenti analoghi
Carlos Barria/CNP
Carlos Barria/CNP
Il 23 giugno, in un’intervista con la Repubblica, la segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha criticato il presidente degli Stati Uniti Donald Trump per aver ordinato il bombardamento di tre siti nucleari in Iran, avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 giugno. «Trump ha deciso di attaccare l’Iran senza coinvolgere il Congresso, come invece impone la Costituzione degli Stati Uniti e hanno segnalato sia i Democratici sia i Repubblicani. Ha scavalcato il Parlamento», ha dichiarato Schlein.

Ma è davvero così? Trump ha violato la Costituzione statunitense? Una risposta univoca a questa domanda non c’è: si tratta di una questione complessa, su cui hanno già iniziato a scrivere testate giornalistiche statunitensi, tra cui il New York Times e la CNN, e centri studi come il Council on Foreign Relations.

I poteri del Congresso e del presidente

All’articolo I, sezione 8, la Costituzione degli Stati Uniti stabilisce chiaramente che il Congresso – ossia il Parlamento statunitense – ha il potere di «dichiarare guerra». Storicamente, questo principio è stato considerato un contrappeso ai poteri del presidente, che in base all’articolo II, sezione 2 della Costituzione è invece il comandante in capo delle forze armate. 

Da decenni, però, i presidenti degli Stati Uniti – sia Democratici sia Repubblicani – ordinano attacchi militari senza un’autorizzazione esplicita del Congresso, giustificando le loro azioni con la necessità di difendere gli interessi nazionali o prevenire minacce imminenti.

Anche nel caso dell’attacco del 21 giugno contro i tre siti nucleari iraniani, Trump non ha chiesto il permesso al Congresso. L’azione è stata giustificata dal suo staff come un’operazione militare limitata, non equivalente a una dichiarazione di guerra. Il 22 giugno, il segretario di Stato degli Stati Uniti Marco Rubio ha dichiarato a Fox News che «non si tratta di una guerra contro l’Iran».

In concreto, la Costituzione statunitense non stabilisce con precisione quali tipi di operazioni militari richiedano l’autorizzazione del Congresso, lasciando spazio a interpretazioni contrastanti tra potere esecutivo e legislativo.

Un’interpretazione contestata

L’argomento di Trump e dei suoi sostenitori è che, in quanto comandante in capo delle forze armate, il presidente può ordinare azioni militari per tutelare la sicurezza nazionale senza passare per il Congresso. Ma secondo diversi esperti e costituzionalisti, l’attacco contro l’Iran va oltre i limiti previsti.

Ryan Goodman, professore alla New York University School of Law, ha detto al New York Times che la legittimità legale dell’attacco dipende dalla presenza di una minaccia imminente, che però non è stata dimostrata. Da giorni, infatti, si dibatte se e quanto l’Iran si sia avvicinato alla possibilità di costruire una bomba atomica grazie alle attività di arricchimento dell’uranio. Anche secondo Oona Hathaway, docente alla Yale Law School ed ex consulente del Dipartimento della Difesa, il bombardamento contro l’Iran è «illegale sia secondo il diritto internazionale sia secondo quello statunitense».

Il punto centrale, dunque, sta nel dimostrare che l’Iran sia un pericolo imminente per gli Stati Uniti. Secondo altri esperti, contattati da testate statunitensi, anche l’argomento della difesa collettiva di Israele – che ha iniziato i bombardamenti in Iran due settimane prima – è contestabile, perché presuppone che l’attacco israeliano fosse legittimo ai sensi del diritto internazionale, e che l’intervento statunitense fosse proporzionato e necessario alla difesa.

Negli ultimi decenni si è così affermata una prassi in cui i presidenti avviano operazioni militari senza un voto del Congresso, sostenendo che non si tratti di atti di guerra in senso stretto. 

A gennaio 2020, per esempio, durante il suo primo mandato da presidente, Trump autorizzò l’uccisione di Qasem Soleimani, uno dei generali iraniani più potenti, che morì insieme ad altre nove persone in un attacco con un drone all’aeroporto di Baghdad, in Iraq. Anche all’epoca la decisione di Trump fu criticata, tanto che la stessa Hathaway scrisse in un articolo per The Atlantic che l’attacco a Soleimani aveva «sfidato la Costituzione degli Stati Uniti».

Che cosa dice il Congresso

A criticare Trump non sono stati solo i Democratici. In un’intervista con la CBS, il deputato repubblicano Thomas Massie ha dichiarato che l’Iran «non rappresentava una minaccia imminente» per gli Stati Uniti e ha scritto su X che per giustificare l’attacco serve della «ginnastica mentale».

In passato, visti gli sviluppi della guerra in Vietnam, il Congresso ha cercato di limitare i poteri presidenziali, per esempio attraverso la War Powers Resolution del 1973. Questa risoluzione impone al presidente degli Stati Uniti di consultare il Parlamento «in ogni possibile circostanza prima di coinvolgere le forze armate in ostilità o in situazioni in cui le circostanze indicano chiaramente un coinvolgimento imminente». Ma questa norma è stata spesso aggirata o interpretata in modo restrittivo dai presidenti. 

Come ha spiegato la CNN, dagli anni Duemila in poi l’uso delle autorizzazioni per l’uso della forza approvate dopo l’11 settembre è stato esteso a una varietà di conflitti in cui il legame con il terrorismo era spesso molto debole. 

Nel concreto, il Congresso ha pochi strumenti a disposizione per fermare le iniziative di Trump. Tra le altre cose, può votare risoluzioni per limitare le operazioni militari, come hanno proposto parlamentari dei Democratici e dei Repubblicani, oppure può tagliare i fondi per un eventuale inasprimento degli scontri tra Stati Uniti e Iran. Ma per ora la leadership repubblicana al Congresso e il presidente della Camera dei rappresentanti Mike Johnson hanno difeso Trump, parlando di un’azione «necessaria, limitata e mirata».

Stephen Vladeck, docente di Diritto alla Georgetown University, ha osservato che il Congresso può essere «il vero freno agli abusi del potere di guerra del presidente», ma «solo quando prende sul serio il proprio ruolo costituzionale e istituzionale». Insomma, l’equilibrio di poteri è sulla carta previsto dalla Costituzione, ma nella prassi dipende dalla volontà politica del Congresso di farlo valere.

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