Negli ultimi giorni, vari politici dei partiti all’opposizione hanno criticato il governo guidato da Giorgia Meloni, accusandolo di voler ridurre le risorse destinate all’istruzione con la legge di Bilancio per il 2023, ora all’esame della Camera. Il 1° dicembre, in un’intervista con La Stampa, la capogruppo al Senato del Movimento 5 stelle Barbara Floridia ha detto che il governo vorrebbe «tagliare i dirigenti» e «accorpare gli istituti», un’operazione che porterebbe alla chiusura di «centinaia di edifici scolastici». L’ex presidente della Regione Toscana Enrico Rossi, del Partito democratico, ha scritto su Facebook che il governo intende «tagliare altre 700 scuole entro il 2025», mentre la deputata di Sinistra italiana Elisabetta Piccolotti ha dichiarato che nei prossimi dieci anni «si prevede di chiudere il 15 per cento degli istituti scolastici» italiani.
Il 2 dicembre, in un’intervista con La Stampa, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara si è difeso dalle accuse. Tra le altre cose, Valditara ha dichiarato che il governo interverrà «nel modo più indolore possibile», agendo «solo sulle strutture giuridiche, cioè sulle dirigenze scolastiche, non sulle strutture fisiche». In più, il ministro ha aggiunto che le scelte del governo servono per rispettare «i vincoli dell’Europa in attuazione del Pnrr», ossia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato con oltre 190 miliardi di euro dall’Unione europea entro il 2026.
Viste le diverse versioni in campo, abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza su una questione particolarmente complicata.
Il 2 dicembre, in un’intervista con La Stampa, il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara si è difeso dalle accuse. Tra le altre cose, Valditara ha dichiarato che il governo interverrà «nel modo più indolore possibile», agendo «solo sulle strutture giuridiche, cioè sulle dirigenze scolastiche, non sulle strutture fisiche». In più, il ministro ha aggiunto che le scelte del governo servono per rispettare «i vincoli dell’Europa in attuazione del Pnrr», ossia il Piano nazionale di ripresa e resilienza, finanziato con oltre 190 miliardi di euro dall’Unione europea entro il 2026.
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