Conte sbaglia: per Ischia approvò un condono

Il presidente del Movimento 5 stelle ha difeso una misura del 2018 che, nella sostanza, era una forma di condono edilizio
Pagella Politica
Il 27 novembre, ospite a Mezz’ora in più su Rai 3, il presidente del Movimento 5 stelle Giuseppe Conte ha commentato la frana che il giorno prima a Ischia ha causato almeno sette morti e cinque dispersi. Tra le altre cose, Conte ha difeso (min. -0:58:14) il suo operato da presidente del Consiglio, dicendo che nel 2018 non approvò «affatto un condono» edilizio per le abitazioni dell’isola. Con il termine “condono edilizio”, generalmente si fa riferimento a un procedimento con cui un cittadino che ha commesso un abuso edilizio può sanare la propria posizione con lo Stato. 

Secondo Conte, all’epoca il suo governo, sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega, definì una «procedura» per velocizzare, «alla luce della legislazione già vigente», le risposte alle richieste di condono presentate in passato. La ricostruzione di Conte è stata subito contestata dal leader di Italia viva Matteo Renzi, che su Facebook ha scritto: «Conte dice che il provvedimento di Ischia non era un condono. L’articolo 25 del suo decreto-legge parla esplicitamente di procedure per il condono ad Ischia».

Che cosa approvò davvero il primo governo Conte nel 2018? Abbiamo verificato: in effetti, il provvedimento di cui parla il presidente del Movimento 5 stelle puntava a velocizzare le richieste di condono sulla base di una vecchia legge. Nei fatti, però, questo provvedimento poteva essere considerato come una nuova forma di condono.

Che cosa diceva il decreto “Genova”

Il 28 settembre 2018 il primo governo Conte ha emanato il cosiddetto “decreto Genova”, che, come suggerisce il nome, conteneva le misure per la ricostruzione del Viadotto Polcevera, il ponte crollato a Genova il 14 agosto di quell’anno. L’articolo 25 di quel decreto – citato in tv anche da Conte – era intitolato “Definizione delle procedure di condono”. Questo titolo, di per sé, non significava che il governo avesse introdotto un nuovo condono: le «procedure» menzionate, infatti, facevano riferimento a condoni precedenti.

L’articolo 25 stabiliva per tre comuni dell’isola di Ischia – Casamicciola Terme (coinvolto dalla frana del 26 novembre 2022), Forio e Lacco Ameno – un percorso accelerato per la definizione delle «istanze di condono relative agli immobili distrutti o danneggiati dal sisma del 21 agosto 2017», presentate in base a tre condoni del passato. Quest’ultimi erano contenuti rispettivamente nella legge n. 47 del 28 febbraio 1985, nella legge n. 274 del 23 dicembre 1994 e nella legge n. 326 del 24 novembre 2003. Per definire queste istanze di condono entro i sei mesi successivi alla conversione in legge del decreto, il primo governo Conte aveva deciso che trovassero «esclusiva applicazione le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47», la legge sopracitata che aveva introdotto un condono oltre 30 anni prima.

Dunque, a una prima lettura, Conte sembra aver ragione: l’articolo 25 del decreto “Genova” non aveva introdotto un vero e proprio condono, ma solo un’accelerazione nella definizione delle procedure avviate sulla base di tre condoni precedenti, rimaste ancora aperte nel 2018. Il presidente del Movimento 5 stelle omette però dire che cosa prevedeva la legge del 1985, le cui disposizioni, in base al decreto “Genova”, si dovevano applicare per velocizzare le istanze di condono degli edifici danneggiati o distrutti dal terremoto del 2017.

Come abbiamo spiegato quattro anni fa in un fact-checking per l’agenzia stampa Agi, la legge del 1985 era molto più permissiva di quelle successive. Negli anni Ottanta, infatti, in Italia non esisteva ancora una normativa adeguata per il contrasto al rischio idrogeologico, sismico e vulcanico. Le leggi successive sono state invece adeguate agli standard per la tutela del territorio, del paesaggio, del contrasto del rischio sismico, vulcanico e idrogeologico. In breve, sembra che il primo governo Conte avesse scelto di fare riferimento alle legge del 1985 perché altrimenti la maggior parte degli edifici abusivi non sarebbero potuti essere condonati sulla base delle leggi successive, più restrittive.

«Una casa costruita illegalmente negli anni Novanta, magari proprio su una zona vincolata per via del rischio idrogeologico, per la quale fosse stato chiesto il condono in base alla legge del 2003 e che non avrebbe ottenuto risposta positiva in base a quella legge, oggi potrebbe invece essere condonata perché il decreto “Genova” rende applicabili i criteri più permissivi del 1985», scrivevamo il 10 novembre 2018 in un altro fact-checking per Agi. «Se non siamo di fronte formalmente a un nuovo condono, lo siamo nella sostanza: una nuova legge (il decreto “Genova”) permette teoricamente di condonare case abusive che non sarebbe stato possibile condonare senza questo intervento normativo. Non si tratta insomma di una semplice accelerazione nello smaltimento delle domande di condono rimaste arretrate».

Durante il suo esame alla Camera dei deputati, l’articolo 25 del decreto “Genova” è stato poi modificato: sono state escluse le istanze di condono presentate da persone condannate per associazione mafiosa ed è stata introdotta la necessità, per alcune richieste di condono, di ottenere il parere dell’autorità preposta alla tutela del vincolo paesaggistico. Inoltre, come spiega un dossier del Parlamento, era stato specificato che i contributi ai soggetti danneggiati dal sisma del 2017 non spettavano «per la parte relativa ad eventuali aumenti di volume oggetto del condono».

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