Chi diffonde le bozze e perché
Visto che le bozze sono per definizione testi provvisori, la loro diffusione non avviene tramite i canali di informazione ufficiali del governo e dei ministeri. «Le bozze sono distribuite dagli staff dei ministeri, dagli uffici legislativi o anche da società di lobbying e consulenza che le richiedono per farle vedere ai propri clienti», ha spiegato a Pagella Politica Chiara Albanese, giornalista che segue la politica italiana per Bloomberg. «L’obiettivo finale è quello di avere qualche informazione prima dell’uscita del testo definitivo, per esempio su norme o misure che il governo sta studiando, ma in molti casi hanno un effetto negativo, perché possono fornire informazioni parziali o errate».
Anche Giuditta Pini, deputata del Partito democratico tra il 2013 e il 2022, ha confermato a Pagella Politica che i testi vengono inviati dai portavoce dei ministri, o da membri del loro staff, ai giornalisti, che poi possono decidere di pubblicarli. «In molti casi, le bozze arrivano prima ai giornalisti che ai parlamentari, anche di maggioranza», ha sottolineato l’ex deputata. «Spesso ne apprendiamo il contenuto perché lo riceviamo da un giornalista».
In generale, è fondamentale il rapporto che intercorre tra politici e giornalisti. «Noi chiediamo alle nostre fonti i testi e chi ha un buon rapporto con la fonte giusta spesso la ottiene, ma difficilmente arriva spontaneamente dai politici», ha spiegato a Pagella Politica Pietro Salvatori, inviato politico de l’HuffPost. «Spesso dipende semplicemente dal rapporto che c’è tra il giornalista e la fonte e dalla volontà del politico o del funzionario di coltivare questo rapporto. A volte ci può essere della malizia o dei secondi fini, ma dipende caso per caso».
Inoltre, spesso è lo stesso governo a fornire delle bozze dei provvedimenti più complessi, per esempio nei casi in cui il Consiglio dei ministri «approva una “cornice” o un elenco di titoli che viene diffuso dai ministri», ha chiarito Salvatori. Tuttavia, ci sono comunque testi per cui avere anticipazioni è più difficile. «Le bozze più delicate e importanti non vengono fatte circolare», ha detto Albanese. Anche la legge di Bilancio per il 2023, per esempio, è stata trasmessa all’Unione europea poco dopo l’approvazione nel Consiglio dei ministri, quindi le bozze «sono iniziate a circolare con poco anticipo, anzi: il testo non è mai circolato prima del Consiglio dei ministri».
Con il tempo, l’abitudine a pubblicare la bozza di una legge è diventato anche uno strumento a disposizione del governo per sondare l’opinione pubblica e monitorare, in via informale, l’impatto della misura in termini di consenso con un certo anticipo. «In alcuni casi, le bozze vengono fatte circolare con l’approvazione informale dei ministeri, anche per testare le acque e vedere la risposta dei giornali», ha detto Albanese. «In altri casi, invece, il governo non è d’accordo riguardo alla circolazione dei testi».
Un’altra motivazione è riconducibile a ritardi nell’elaborazione dei testi e nella stesura della loro versione definitiva. Come ha spiegato Pini, generalmente, il testo di un decreto-legge, per esempio, dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri già chiuso e completo. Soprattutto per i provvedimenti più importanti, però, alcune disposizioni possono essere modificate all’ultimo minuto, durante la riunione nella quale viene poi approvato il testo e a cui segue, spesso, una conferenza stampa organizzata proprio per presentarne il contenuto. In quel caso, ha spiegato Pini, gli uffici legislativi non hanno a disposizione il tempo di modificare appropriatamente gli articoli come deciso, oppure il testo deve aspettare l’approvazione della Ragioneria dello Stato o di altri dipartimenti competenti. Intanto, è comunque necessario annunciare qualcosa alla stampa.
«Per coprire queste mancanze tecniche o politiche vengono fatte uscire le bozze, che a volte hanno articoli mancanti o contengono disposizioni non definitive», ha sottolineato l’ex deputata, secondo cui comunque la diffusione di testi non ufficiali rimane «una procedura scorretta, non solo a livello formale ma anche sostanziale, perché non consente agli uffici di lavorare in modo appropriato».