Chi e perché fa circolare le bozze delle leggi

Da giorni si possono leggere versioni non ufficiali della legge di Bilancio, come successo in passato con i Dpcm durante le prime fasi della pandemia: abbiamo spiegato quali meccanismi ci sono dietro questa dinamica
Pagella Politica
In questi giorni stanno circolando sui giornali alcune bozze del disegno di legge di Bilancio per il 2023, approvato dal governo Meloni nella notte tra il 21 e il 22 novembre, il cui testo ufficiale non è però ancora disponibile. Le bozze in circolazione anticipano nel dettaglio le misure, già annunciate a grandi linee dal governo, che saranno contenute, salvo eccezioni, nel disegno di legge che entro la fine dell’anno dovrà essere poi approvato dal Parlamento.

La pratica di pubblicare le bozze di provvedimenti importanti non è una novità, anzi: in Italia è ormai un’usanza consolidata, che coinvolge politici, giornalisti e addetti ai lavori. Basti ricordare le numerose bozze che circolavano durante le prime fasi della pandemia di Covid-19 e che anticipavano l’introduzione di nuove misure restrittive.

Nella pratica, come funziona questa diffusione delle bozze? Chi le mette in circolazione e perché? Abbiamo provato a fare un po’ di chiarezza.

Quando un testo è ufficiale

Come suggerisce il nome, la bozza di un provvedimenti legislativo è una versione non ufficiale e spesso incompleta del testo finale di un disegno di legge, di un decreto-legge o di altri testi, come i decreti del presidente del Consiglio dei ministri (meglio noti come “Dpcm”). Il testo di ognuno di questi provvedimenti ha un percorso specifico prima di diventare “ufficiale”, come ha spiegato a Pagella Politica Edoardo Caterina, professore di Diritto elettorale e parlamentare presso l’Università di Firenze. 

Per esempio, il testo ufficiale di un disegno di legge è quello che viene depositato in Parlamento e negli atti di Camera e Senato. Il testo ufficiale di un decreto-legge, invece, è quello che viene firmato dal presidente della Repubblica e pubblicato in Gazzetta Ufficiale, ossia la «fonte ufficiale di conoscenza delle norme in vigore in Italia» e lo «strumento di diffusione, informazione e ufficializzazione di testi legislativi, di atti pubblici e privati», come spiega il suo sito ufficiale. Inoltre, provvedimenti che hanno ricadute finanziarie per lo Stato, come il disegno di legge di Bilancio, devono ricevere la bollinatura da parte della Ragioneria generale dello Stato, un dipartimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze che certifica la presenza delle coperture finanziarie previste dalle misure contenute nel testo. 

Chi diffonde le bozze e perché

Visto che le bozze sono per definizione testi provvisori, la loro diffusione non avviene tramite i canali di informazione ufficiali del governo e dei ministeri. «Le bozze sono distribuite dagli staff dei ministeri, dagli uffici legislativi o anche da società di lobbying e consulenza che le richiedono per farle vedere ai propri clienti», ha spiegato a Pagella Politica Chiara Albanese, giornalista che segue la politica italiana per Bloomberg. «L’obiettivo finale è quello di avere qualche informazione prima dell’uscita del testo definitivo, per esempio su norme o misure che il governo sta studiando, ma in molti casi hanno un effetto negativo, perché possono fornire informazioni parziali o errate». 

Anche Giuditta Pini, deputata del Partito democratico tra il 2013 e il 2022, ha confermato a Pagella Politica che i testi vengono inviati dai portavoce dei ministri, o da membri del loro staff, ai giornalisti, che poi possono decidere di pubblicarli. «In molti casi, le bozze arrivano prima ai giornalisti che ai parlamentari, anche di maggioranza», ha sottolineato l’ex deputata. «Spesso ne apprendiamo il contenuto perché lo riceviamo da un giornalista». 

In generale, è fondamentale il rapporto che intercorre tra politici e giornalisti. «Noi chiediamo alle nostre fonti i testi e chi ha un buon rapporto con la fonte giusta spesso la ottiene, ma difficilmente arriva spontaneamente dai politici», ha spiegato a Pagella Politica Pietro Salvatori, inviato politico de l’HuffPost. «Spesso dipende semplicemente dal rapporto che c’è tra il giornalista e la fonte e dalla volontà del politico o del funzionario di coltivare questo rapporto. A volte ci può essere della malizia o dei secondi fini, ma dipende caso per caso».

Inoltre, spesso è lo stesso governo a fornire delle bozze dei provvedimenti più complessi, per esempio nei casi in cui il Consiglio dei ministri «approva una “cornice” o un elenco di titoli che viene diffuso dai ministri», ha chiarito Salvatori. Tuttavia, ci sono comunque testi per cui avere anticipazioni è più difficile. «Le bozze più delicate e importanti non vengono fatte circolare», ha detto Albanese. Anche la legge di Bilancio per il 2023, per esempio, è stata trasmessa all’Unione europea poco dopo l’approvazione nel Consiglio dei ministri, quindi le bozze «sono iniziate a circolare con poco anticipo, anzi: il testo non è mai circolato prima del Consiglio dei ministri». 

Con il tempo, l’abitudine a pubblicare la bozza di una legge è diventato anche uno strumento a disposizione del governo per sondare l’opinione pubblica e monitorare, in via informale, l’impatto della misura in termini di consenso con un certo anticipo. «In alcuni casi, le bozze vengono fatte circolare con l’approvazione informale dei ministeri, anche per testare le acque e vedere la risposta dei giornali», ha detto Albanese. «In altri casi, invece, il governo non è d’accordo riguardo alla circolazione dei testi».

Un’altra motivazione è riconducibile a ritardi nell’elaborazione dei testi e nella stesura della loro versione definitiva. Come ha spiegato Pini, generalmente, il testo di un decreto-legge, per esempio, dovrebbe arrivare al Consiglio dei ministri già chiuso e completo. Soprattutto per i provvedimenti più importanti, però, alcune disposizioni possono essere modificate all’ultimo minuto, durante la riunione nella quale viene poi approvato il testo e a cui segue, spesso, una conferenza stampa organizzata proprio per presentarne il contenuto. In quel caso, ha spiegato Pini, gli uffici legislativi non hanno a disposizione il tempo di modificare appropriatamente gli articoli come deciso, oppure il testo deve aspettare l’approvazione della Ragioneria dello Stato o di altri dipartimenti competenti. Intanto, è comunque necessario annunciare qualcosa alla stampa. 

«Per coprire queste mancanze tecniche o politiche vengono fatte uscire le bozze, che a volte hanno articoli mancanti o contengono disposizioni non definitive», ha sottolineato l’ex deputata, secondo cui comunque la diffusione di testi non ufficiali rimane «una procedura scorretta, non solo a livello formale ma anche sostanziale, perché non consente agli uffici di lavorare in modo appropriato». 

Poca chiarezza

La diffusione della bozza di un decreto può creare però effetti indesiderati, specie se il provvedimento in questione riguarda misure delicate e con effetti rilevanti sulla collettività. Un esempio è quanto successo nel marzo 2020, nelle prime settimane di quella che sarebbe presto diventata la pandemia di Covid-19. Nella notte tra il 7 e l’8 marzo 2020, infatti, molti giornali diffusero la bozza di un Dpcm con cui il governo, allora guidato da Giuseppe Conte e sostenuto dal Movimento 5 stelle e dal Partito democratico, isolava per la prima volta la regione della Lombardia e altre 14 province nel Nord Italia, con l’intenzione di bloccare la circolazione del virus. La notizia generò allarmismi, tanto che molte persone si affrettarono nel tentativo di lasciare le “zone rosse”, riempiendo le stazioni ferroviarie. 

La versione definitiva del Dpcm, approvata dal governo Conte, è poi risultata essere piuttosto diversa e meno rigida rispetto alla bozza diffusa online. Per esempio, come evidenziato dal sito Slow News, permetteva il rientro al proprio domicilio, abitazione o residenza, e gli spostamenti per motivi lavorativi o di necessità. In quell’occasione, durante la conferenza stampa per l’approvazione del provvedimento, Conte aveva definito «inaccettabile» la diffusione di bozze fuorvianti. «Ne va della correttezza dell’operato del governo, ne va della sicurezza degli italiani», aveva affermato, perché la pubblicazione della bozza ha creato «incertezza, insicurezza, confusione, e non possiamo accettarlo». Non è chiaro chi avesse diffuso la bozza del decreto contro il volere del governo, ma un articolo dell’emittente statunitense Cnn indicava come fonte l’ufficio stampa della Regione Lombardia, che però ha smentito

Si trattava, comunque, di circostanze eccezionali. «È stato un caso unico, mai visto prima, testi simili non erano mai stati scritti», ha sottolineato Albanese. «La loro circolazione ha prodotto dei danni a livello comunicativo, ma è possibile che sia stato dovuto all’improvvisazione durante un momento drammatico».

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