Dopo il bombardamento compiuto dagli Stati Uniti contro tre siti nucleari in Iran, una parte del dibattito politico si è concentrata sulla possibilità che le basi statunitensi presenti in Italia vengano utilizzate se il conflitto dovesse estendersi.
Il 23 giugno, durante le comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha risposto alle richieste della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein e del presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che le avevano chiesto di non autorizzare l’uso delle basi statunitensi per un eventuale attacco all’Iran.
«Non è stato chiesto l’uso delle basi statunitensi in Italia, che, chiaramente, potranno essere utilizzate solo con un’autorizzazione del governo italiano», ha dichiarato Meloni, aggiungendo che è «velleitario speculare su scenari che al momento non si sono verificati, soprattutto in un contesto in rapida evoluzione». «Non penso che accadrà, ma in ogni caso posso garantire che una decisione del genere dovrebbe fare un passaggio parlamentare», ha concluso la presidente del Consiglio, chiarendo che, secondo lei, il permesso di usare le basi non deve essere dato «su base ideologica», ma «valutando il contesto, valutando i pro, i contro e le ragioni».
Quattro giorni prima, ospite a Dritto e Rovescio su Rete4, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva spiegato che le basi statunitensi in Italia «sono disciplinate da un accordo degli anni Cinquanta» e che gli Stati Uniti possono usarle «soltanto spiegando per che cosa vogliono utilizzarle e dopo l’autorizzazione del governo italiano», precisando che – in quella data – tale autorizzazione non era stata ancora richiesta.
Ma quante sono le basi statunitensi presenti in Italia? E come funziona, esattamente, la procedura per il loro utilizzo? Serve l’autorizzazione del governo e del Parlamento, oppure no? Proviamo a fare chiarezza su un tema su cui non tutte le informazioni sono pubblicamente accessibili.
Il 23 giugno, durante le comunicazioni alla Camera in vista del Consiglio europeo, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha risposto alle richieste della segretaria del Partito Democratico Elly Schlein e del presidente del Movimento 5 Stelle Giuseppe Conte, che le avevano chiesto di non autorizzare l’uso delle basi statunitensi per un eventuale attacco all’Iran.
«Non è stato chiesto l’uso delle basi statunitensi in Italia, che, chiaramente, potranno essere utilizzate solo con un’autorizzazione del governo italiano», ha dichiarato Meloni, aggiungendo che è «velleitario speculare su scenari che al momento non si sono verificati, soprattutto in un contesto in rapida evoluzione». «Non penso che accadrà, ma in ogni caso posso garantire che una decisione del genere dovrebbe fare un passaggio parlamentare», ha concluso la presidente del Consiglio, chiarendo che, secondo lei, il permesso di usare le basi non deve essere dato «su base ideologica», ma «valutando il contesto, valutando i pro, i contro e le ragioni».
Quattro giorni prima, ospite a Dritto e Rovescio su Rete4, il ministro della Difesa Guido Crosetto aveva spiegato che le basi statunitensi in Italia «sono disciplinate da un accordo degli anni Cinquanta» e che gli Stati Uniti possono usarle «soltanto spiegando per che cosa vogliono utilizzarle e dopo l’autorizzazione del governo italiano», precisando che – in quella data – tale autorizzazione non era stata ancora richiesta.
Ma quante sono le basi statunitensi presenti in Italia? E come funziona, esattamente, la procedura per il loro utilizzo? Serve l’autorizzazione del governo e del Parlamento, oppure no? Proviamo a fare chiarezza su un tema su cui non tutte le informazioni sono pubblicamente accessibili.