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L’11 ottobre il segretario della Lega Matteo Salvini ha scritto su Facebook che se l’Italia avvia i progetti nel 2024, «il primo interruttore di una centrale nucleare» può essere acceso nel 2032. Detta altrimenti, secondo Salvini basterebbero otto anni per riportare la produzione dell’energia nucleare nel nostro Paese, una delle proposte difese in campagna elettorale dalla Lega e anche da altri partiti, come Azione di Carlo Calenda.
Ma quanto è ottimistica la previsione fatta da Salvini? I numeri mostrano un quadro variegato a livello internazionale.
Prima di tutto va però chiarito che nei progetti della Lega, e di conseguenza del governo Meloni, non c’è ancora nulla di concreto. A settembre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha inaugurato la Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile (Pnns), una rete di soggetti con l’obiettivo di «creare un punto di sintesi e convergenza nazionale sulle diverse iniziative, le esperienze, le criticità, le prospettive e le aspettative sul settore nucleare avanzato che presenta caratteri e aspetti innovativi come sostenibilità e contributo alla decarbonizzazione dei sistemi energetici e produttivi». Per intenderci: al momento non c’è nessun piano concreto del governo per riportare l’energia nucleare in Italia. Questo piano, tra le altre cose, richiederebbe di individuare i siti dove costruire le centrali nucleari, quali tipologie di centrali progettare e con quali risorse. C’è poi la questione dello smaltimento dei rifiuti nucleari (chiamati impropriamente “scorie radioattive”): a oggi non è ancora stato individuato il sito per il deposito nazionale unico per tutte le scorie radioattive prodotte in Italia. Tra l’altro la stessa Lega si è opposta alla costruzione di questo sito in almeno tre regioni: in Piemonte, Sardegna e Basilicata.
Assumiamo quindi che, al netto di queste osservazioni, effettivamente nel 2024 possa iniziare la costruzione di una centrale nucleare in Italia. Lo scorso luglio la World nuclear association (Wna), un’organizzazione internazionale che promuove l’uso dell’energia nucleare, ha pubblicato la nuova edizione del World nuclear performance report 2022, con alcuni dati interessanti sulle tempistiche di realizzazione delle centrali nucleari nel mondo. Nel 2022 sono stati collegati alla rete elettrica sei nuovi reattori nucleari: due in Cina, uno in Corea del Sud, uno in Pakistan, uno negli Emirati Arabi Uniti e uno in Finlandia. L’anno scorso è invece iniziata la costruzione di otto reattori, nessuno dei quali in Europa. La durata mediana per la realizzazione dei reattori inaugurati nel 2022 è stata pari a 89 mesi. Questo significa che la metà dei reattori è stata costruita in meno di sette anni e cinque mesi, l’altra metà di più. Nel 2021 questo dato era stato pari a 88 mesi, nel 2020 a 84 mesi e nel 2019 a 117 mesi, ossia a quasi dieci anni.
L’11 ottobre il segretario della Lega Matteo Salvini ha scritto su Facebook che se l’Italia avvia i progetti nel 2024, «il primo interruttore di una centrale nucleare» può essere acceso nel 2032. Detta altrimenti, secondo Salvini basterebbero otto anni per riportare la produzione dell’energia nucleare nel nostro Paese, una delle proposte difese in campagna elettorale dalla Lega e anche da altri partiti, come Azione di Carlo Calenda.
Ma quanto è ottimistica la previsione fatta da Salvini? I numeri mostrano un quadro variegato a livello internazionale.
Prima di tutto va però chiarito che nei progetti della Lega, e di conseguenza del governo Meloni, non c’è ancora nulla di concreto. A settembre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica ha inaugurato la Piattaforma nazionale per un nucleare sostenibile (Pnns), una rete di soggetti con l’obiettivo di «creare un punto di sintesi e convergenza nazionale sulle diverse iniziative, le esperienze, le criticità, le prospettive e le aspettative sul settore nucleare avanzato che presenta caratteri e aspetti innovativi come sostenibilità e contributo alla decarbonizzazione dei sistemi energetici e produttivi». Per intenderci: al momento non c’è nessun piano concreto del governo per riportare l’energia nucleare in Italia. Questo piano, tra le altre cose, richiederebbe di individuare i siti dove costruire le centrali nucleari, quali tipologie di centrali progettare e con quali risorse. C’è poi la questione dello smaltimento dei rifiuti nucleari (chiamati impropriamente “scorie radioattive”): a oggi non è ancora stato individuato il sito per il deposito nazionale unico per tutte le scorie radioattive prodotte in Italia. Tra l’altro la stessa Lega si è opposta alla costruzione di questo sito in almeno tre regioni: in Piemonte, Sardegna e Basilicata.
Assumiamo quindi che, al netto di queste osservazioni, effettivamente nel 2024 possa iniziare la costruzione di una centrale nucleare in Italia. Lo scorso luglio la World nuclear association (Wna), un’organizzazione internazionale che promuove l’uso dell’energia nucleare, ha pubblicato la nuova edizione del World nuclear performance report 2022, con alcuni dati interessanti sulle tempistiche di realizzazione delle centrali nucleari nel mondo. Nel 2022 sono stati collegati alla rete elettrica sei nuovi reattori nucleari: due in Cina, uno in Corea del Sud, uno in Pakistan, uno negli Emirati Arabi Uniti e uno in Finlandia. L’anno scorso è invece iniziata la costruzione di otto reattori, nessuno dei quali in Europa. La durata mediana per la realizzazione dei reattori inaugurati nel 2022 è stata pari a 89 mesi. Questo significa che la metà dei reattori è stata costruita in meno di sette anni e cinque mesi, l’altra metà di più. Nel 2021 questo dato era stato pari a 88 mesi, nel 2020 a 84 mesi e nel 2019 a 117 mesi, ossia a quasi dieci anni.