Le commissioni in Parlamento cambiano stagione, ma poche poltrone

Tutti i presidenti uscenti sono stati confermati: c’entrano gli equilibri politici, ma non solo
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Dopo settimane di assenza, il 10 giugno è tornata alla Camera Marta Fascina, deputata di Forza Italia e ultima compagna di Silvio Berlusconi, che in questa legislatura è tra i parlamentari con più assenze nelle votazioni in aula. Fascina è ricomparsa in Transatlantico – il lungo corridoio che separa l’aula della Camera dal cortile interno – accerchiata dai colleghi di partito. E non è stata una giornata qualunque, dato che Camera e Senato hanno rinnovato i vertici e i componenti delle commissioni parlamentari. Tra questi, c’è proprio Fascina, che è stata confermata segretaria della Commissione Difesa della Camera. 

Le commissioni parlamentari sono piccole “assemblee” dove deputati e senatori esaminano e modificano le proposte di legge prima che siano votate dalla Camera e dal Senato. Per questo motivo il loro ruolo è fondamentale all’interno del Parlamento. In base ai regolamenti parlamentari, la composizione delle commissioni deve rispecchiare i rapporti di forza tra i gruppi in aula: così, tutti i presidenti di commissione spettano di solito ai partiti che sostengono il governo di turno, mentre ai partiti all’opposizione sono lasciate alcune vicepresidenze e i posti da segretario.

Ogni due anni dall’inizio della legislatura, le commissioni devono essere rinnovate, con la possibilità che i vertici siano confermati. Questo sarebbe dovuto avvenire intorno a ottobre 2024, ma nei fatti è avvenuto con mesi di ritardo, il 10 giugno. Nonostante l’attesa, le due aule hanno rinnovato i componenti e i vertici delle commissioni, con pochi cambiamenti, che hanno riguardato solo alcuni vicepresidenti e segretari di alcune commissioni. «Promettere a qualcuno un posto è facile, molto più difficile è convincerlo a lasciare quel posto quando ce l’ha», ha commentato ironico un deputato di Alleanza Verdi-Sinistra, che ha preferito rimanere anonimo.

Sia alla Camera sia al Senato sono stati confermati tutti i presidenti delle commissioni. Questi svolgono un ruolo di rappresentanza e hanno il compito di convocare le commissioni e stabilire l’ordine del giorno, ossia il programma dei lavori, consultando anche i rappresentanti dei gruppi parlamentari e assicurandosi che vengano esaminati per primi i progetti di legge che hanno la priorità nel programma e nel calendario delle due assemblee. Oltre ai presidenti, per ogni commissione parlamentare sono presenti due vicepresidenti e un segretario.
I nomi in bilico

Tra i presidenti confermati alla Camera, ci sono anche due deputati che, secondo diverse fonti stampa, erano in bilico: il presidente della Commissione Bilancio Giuseppe Tommaso Mangialavori (Forza Italia) e il presidente della Commissione Cultura Federico Mollicone (Fratelli d’Italia).

Mangialavori rischiava il posto perché, secondo alcuni deputati, è poco competente per la materia della sua commissione (di professione è medico radiologo) e perché alcuni deputati del centrodestra non avrebbero apprezzato la sua gestione della commissione, una delle più importanti del Parlamento. Le commissioni bilancio di Camera e Senato devono esaminare il disegno di legge di Bilancio, il provvedimento che ogni anno stabilisce le entrate e le uscite dello Stato per l’anno successivo. 

Alla fine Mangialavori è stato confermato nel suo incarico. «Cambiare i presidenti in corso di legislatura è rischioso, perché se avessimo deciso di sostituire Mangialavori, noi di Forza Italia avremmo preteso di eleggere un altro nome nostro come presidente, oppure di ottenere in cambio un’altra presidenza di peso nelle altre commissioni», ha spiegato a Pagella Politica un deputato di Forza Italia, che ha preferito rimanere anonimo. Insomma, benché discussa, la probabilità di sostituire Mangialavori come presidente della Commissione Bilancio era bassa, e secondo il deputato di Forza Italia, è stata un’ipotesi «un po’ gonfiata».

Mollicone è uno degli esponenti più noti di Fratelli d’Italia a Roma, ed è considerato vicino alla corrente del partito che fa capo al vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, anche lui romano e storico esponente del Movimento Sociale Italiano. La conferma di Mollicone è stata in bilico per la sua posizione autonoma rispetto ai vertici di Fratelli d’Italia. Lo scorso ottobre Mollicone aveva litigato alla Camera con Antonella Giuli, sorella del ministro della Cultura Alessandro Giuli ed ex portavoce del ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida. Giuli fa parte dell’ufficio stampa della Camera, come rappresentante di Fratelli d’Italia.
Il presidente della Commissione Bilancio della Camera Mangialavori (a destra) insieme al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti – Fonte: ANSA
Il presidente della Commissione Bilancio della Camera Mangialavori (a destra) insieme al ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti – Fonte: ANSA

I cambiamenti 

Alla Camera, ci sono stati nove cambi, che hanno riguardato alcuni vicepresidenti e segretari di commissione, e quasi tutti hanno coinvolto deputati dello stesso partito.  

Per esempio, in Commissione Giustizia è stato eletto come vicepresidente Enrico Costa, che a settembre 2024 ha lasciato Azione per passare a Forza Italia. Costa ha sostituito il collega di partito Pietro Pittalis. Tra gli altri, in Commissione Attività produttive è stato eletto segretario Vinicio Peluffo (PD) al posto della collega Paola De Micheli, ex ministra dei Trasporti del secondo governo Conte. In Commissione Finanze sono stati eletti come vicepresidenti Stefano Candiani (Lega) e Michele Gubitosa (Movimento 5 Stelle), rispettivamente al posto di Alberto Bagnai e Giuseppe Lovecchio.

Al Senato ci sono stati sei cambi tra i vicepresidenti e i segretari. Per esempio, il senatore Roberto Rosso (Forza Italia) ha preso il posto del collega di partito Pierantonio Zanettin come vicepresidente della Commissione Politiche dell’Unione europea. Zanettin ha spiegato a Pagella Politica di aver scelto di rinunciare al ruolo di vicepresidente perché a febbraio di quest’anno è diventato presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta del Senato sul sistema bancario.

Equilibri politici

Non deve stupire che nessuna presidenza di commissione sia cambiata. Come detto, la composizione delle commissioni parlamentari deve rispecchiare i rapporti di forza tra i partiti alla Camera e al Senato, e i vertici delle commissioni sono frutto di un accordo preciso tra i partiti, che viene stabilito di solito a inizio legislatura. In particolare, tutto ruota attorno a un preciso equilibrio tra i partiti di maggioranza, che sono quelli che si spartiscono di solito le presidenze delle varie commissioni. 

Secondo i calcoli di Pagella Politica, in questa legislatura alla Camera Fratelli d’Italia ha la presidenza di otto commissioni su 14, Forza Italia di tre commissioni, la Lega di due, mentre una commissione, la Commissione Difesa, è guidata da Antonino Minardo, eletto con la Lega, poi passato nel Gruppo Misto e vicino ora all’Unione di Centro (UDC). Al Senato, invece, Fratelli d’Italia ha la presidenza di cinque commissioni su 10, la Lega ne ha tre, mentre Forza Italia due. A differenza della Camera, al Senato le commissioni sono dieci, perché solo il Senato ha adeguato il numero delle commissioni alla riforma del taglio dei parlamentari, confermato a settembre 2020 da un referendum.

Di solito i cambi alla presidenza delle commissioni parlamentari avvengono dopo un eventuale cambio di governo, ossia quando cambiano i partiti che sostengono un esecutivo in Parlamento. Questo è accaduto per esempio a luglio 2020. Alcuni mesi prima, a settembre 2019, era nato il secondo governo di Giuseppe Conte, sostenuto tra gli altri dal PD e dal Movimento 5 Stelle, e aveva preso il posto del primo governo Conte, che era stato sostenuto dal Movimento 5 Stelle e dalla Lega. All’epoca, visto che la Lega era uscita dalla maggioranza di governo, le commissioni parlamentari di Camera e Senato erano state rinnovate per rispecchiare questo cambiamento. Il partito di Matteo Salvini aveva perso quasi tutte le presidenze delle commissioni che aveva avuto fino a quel momento, sostituite da esponenti del PD e di Italia Viva.

Staff e risorse

Dietro alla conferma di quasi tutti i vertici delle commissioni c’è anche una questione di soldi e risorse.

Chi è presidente di una commissione parlamentare gode di un’indennità aggiuntiva rispetto agli altri parlamentari e la possibilità di assumere a spese della Camera e del Senato una serie di collaboratori. Dunque, oltre a comportare un certo prestigio e una maggiore rilevanza mediatica, diventare presidenti di una commissione vuol dire beneficiare di risorse economiche e la possibilità di assumere personale a carico del bilancio del Parlamento. 

Per esempio, fonti parlamentari di Pagella Politica hanno spiegato che alla Camera i presidenti di tutte le commissioni, comprese quelle di inchiesta, godono di un’indennità aggiuntiva di 1.500 euro netti mensili oltre a quella che già hanno come parlamentari. In più, hanno la possibilità di assumere un collaboratore con un contratto da dipendente a 2.900 euro netti al mese, più altri due eventuali collaboratori a 1.500 euro netti al mese, a spese della Camera.

In altre parole, è difficile convincere un presidente di commissione a lasciare il suo incarico dopo due anni di legislatura, sia perché la posizione gli garantisce benefici in più rispetto agli altri deputati sia perché metterebbe in discussione diversi posti di lavoro, tra cui quelli dei suoi collaboratori.
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