La scarsa trasparenza nelle commissioni parlamentari

Un voto alla Camera, contestato dall’opposizione, ha mostrato ancora una volta che cosa non sappiamo sui lavori di organismi così importanti per il Parlamento
Ansa
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Le commissioni parlamentari sono piccole “assemblee” dove deputati e senatori esaminano e modificano le proposte di legge prima che siano votate dalla Camera e dal Senato. Il loro ruolo è quindi fondamentale all’interno del Parlamento. Ma nonostante questa importanza, sui lavori delle commissioni parlamentari c’è ancora scarsa trasparenza, che spesso non consente di sapere che cosa avviene al loro interno, come dimostra un caso recente.

Il 17 gennaio nella Commissione Affari sociali della Camera si è tenuta una votazione per approvare e mandare in aula la proposta di legge per istituire la commissione d’inchiesta sulla gestione della pandemia di Covid-19. Era la seconda volta che questa proposta veniva esaminata in commissione: il testo era già stato approvato dalla Camera a luglio 2023, poi era stato approvato anche dal Senato a novembre, ma con alcune modifiche. Per questo la proposta era tornata alla Camera per essere approvata definitivamente. 

Una prima votazione in commissione, avvenuta per alzata di mano, è però finita in parità. Visto che in questo modo la proposta non sarebbe passata, il presidente di turno della Commissione Affari sociali, il deputato di Fratelli d’Italia Luciano Ciocchetti, ha fatto ripetere il voto perché – come si legge nel resoconto sommario della seduta – secondo lui l’esito della prima votazione non era stato «chiaro». I partiti all’opposizione hanno così abbandonato la commissione per protesta e il testo ha così ottenuto il via libera grazie ai soli voti dei partiti che sostengono al governo. 

Al di là di chi abbia ragione su questa vicenda, sui cui si esprimerà la presidenza della Camera, la confusione e l’incertezza su quanto accaduto hanno a che fare con le regole particolari in vigore nelle commissioni. In passato alcuni parlamentari hanno chiesto di modificarle, senza successo.

Il voto per alzata di mano

Alla Camera, così come al Senato, un primo fattore che genera incertezza sui lavori nelle commissioni riguarda le votazioni. A differenza di quanto avviene nelle due aule, nelle commissioni parlamentari non è previsto il sistema elettronico e le votazioni avvengono solo per alzata di mano. Il regolamento della Camera prevede l’obbligo del sistema elettronico per il voto finale sulle proposte di legge, che avviene in aula. Al Senato il regolamento prevede il sistema elettronico per il voto finale solo di alcuni provvedimenti, come i disegni di legge di riforma costituzionale. 

«Nelle commissioni il voto per alzata di mano lascia spesso spazio a interpretazioni, come avvenuto in Commissione Affari sociali il 17 gennaio. Il voto elettronico non sarà la rivoluzione, ma almeno ci sarebbe la certificazione che un deputato c’è o non c’è, ha votato a favore o contro», ha dichiarato a Pagella Politica il deputato di Italia Viva Roberto Giachetti, già vicepresidente della Camera tra il 2013 e il 2018. L’opinione di Giachetti è condivisa dal senatore di Azione Marco Lombardo, segretario della Commissione Affari europei del Senato. «È abbastanza assurdo che nel 2024 non ci sia la possibilità del voto elettronico in commissione, così come il fatto che non siano ancora stati trovati modi per consentire la partecipazione a distanza dei parlamentari alle sedute. In questo modo potremmo ovviare anche ad assenze impreviste o dell’ultimo minuto», ha detto Lombardo.

Non tutti i parlamentari sono però d’accordo sulla necessità di introdurre il voto elettronico nelle commissioni. «Questo sistema sarebbe certo un avanzamento tecnologico, ma non credo sia fondamentale per garantire la trasparenza delle sedute delle commissioni, dato che è prevista la possibilità di svolgere una controprova delle votazioni quando lo svolgimento risulta poco chiaro, ed è quello che è stato fatto il 17 gennaio», ha spiegato a Pagella Politica il presidente della Commissione Affari Sociali Ugo Cappellacci (Forza Italia), che nella votazione sulla commissione d’inchiesta sulla pandemia non era presente ed è stato sostituito dal suo vice Ciocchetti. 

La controprova è un istituto previsto dai regolamenti della Camera e del Senato e permette di ripetere una votazione nel caso di situazioni dubbie, a patto che avvenga prima della proclamazione dei risultati e per appello nominale. Nelle votazioni per appello nominale i parlamentari sono chiamati in ordine alfabetico dal presidente ed esprimono il loro voto. Il 17 gennaio Ciocchetti ha richiesto la controprova, che ha poi decretato il via libera alla proposta sulla creazione della commissione d’inchiesta sulla pandemia. Da quanto risulta dal resoconto sommario della seduta, però, la controprova è stata effettuata per alzata di mano e non per appello nominale, come previsto dal regolamento. Per questo le opposizioni hanno chiesto al presidente della Camera Lorenzo Fontana di verificare la validità della seconda votazione.

I resoconti sommari

Nelle commissioni parlamentari, a differenza di quanto avviene per le aule, non è poi sempre prevista la pubblicazione di un resoconto stenografico delle sedute. I resoconti stenografici sono i documenti pubblicati sui siti ufficiali di Camera e Senato in cui sono riportati tutti i dettagli delle sedute, con la trascrizione degli interventi dei parlamentari. I regolamenti parlamentari prevedono resoconti completi solo per le sedute delle aule, mentre per le commissioni sono previsti solo durante l’esame della legge di Bilancio e nelle sedute in sede legislativa o redigente. Una commissione è in sede legislativa alla Camera, o deliberante in Senato, quando l’esame di un provvedimento si conclude nella commissione stessa: in altre parole, il testo viene approvato senza passare dall’esame dell’aula. Una commissione è in sede redigente se invece esamina un progetto di legge, eventualmente lo modifica, e poi lascia all’aula il voto finale, senza possibilità di ulteriori variazioni del testo. 

È comunque raro che le commissioni si riuniscano in queste due modalità: per esempio lo stesso regolamento della Camera precisa che la scelta di riunire una commissione in sede legislativa avviene solo in alcuni casi, quando un progetto di legge riguarda «questioni che non hanno speciale rilevanza di ordine generale». 

Il più delle volte le commissioni si riuniscono in sede referente: in questo caso esaminano un provvedimento, eventualmente lo modificano e danno poi il mandato a un parlamentare (il cosiddetto “relatore”) di portare il testo in aula, dove il testo può essere ulteriormente modificato prima dell’approvazione finale. In questi casi i resoconti delle sedute sono sommari. «Seppure sia accurato, il resoconto sommario dà solo una lettura parziale di quanto avviene in commissione perché è un riassunto di quanto è avvenuto e non la trascrizione parola per parola», ha sottolineato Giachetti. Per esempio nel resoconto sommario della seduta del 17 gennaio della Commissione Affari Sociali viene dato conto del via libera al testo sulla commissione d’inchiesta per la Covid-19, ma non è precisato con quanti voti è stato approvato né chi era assente nella prima votazione. «In casi del genere l’assenza di dettagli come questi, tra cui la mancanza di un voto registrato, finisce per favorire la maggioranza, che può mascherare più facilmente i momenti di disorganizzazione», ha dichiarato il capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Camera Francesco Silvestri. 

Lo stesso problema riguarda le giunte parlamentari di Camera e Senato, ossia gli organi non legislativi che hanno alcune funzioni tecniche. Tra queste ci sono le giunte del regolamento, che esaminano le questioni sul funzionamento di Camera e Senato. Come le commissioni, queste giunte pubblicano solo resoconti sommari delle loro sedute.

Tentativi senza successo

Secondo alcuni parlamentari, la questione dei resoconti sommari non è invece di primaria importanza, anzi. «Essendo i lavori delle commissioni spesso tecnici, credo che il resoconto sommario sia un qualcosa di positivo, perché riassume dibattiti a volte molto articolati e complessi, comunicando a chi li consulta la sostanza della discussione», ha dichiarato Cappellacci. 

In passato alla Camera si è tentato di modificare il regolamento per rendere più trasparente il lavoro delle commissioni. Per esempio nel gennaio 2014 lo stesso Giachetti ha presentato insieme ad altri deputati una proposta di modifica del regolamento della Camera per introdurre il voto elettronico nelle commissioni e la pubblicazione di un resoconto integrale delle sedute qualora ne avessero fatto richiesta almeno quattro componenti di una commissione. Nel 2017 il deputato del Partito Democratico Vinicio Peluffo ha proposto che per tutte le sedute delle commissioni fossero scritti «resoconti dettagliati» dei lavori, con le informazioni sulle presenze dei deputati. A oggi queste informazioni non sono contenute nei resoconti sommari.  

Le proposte di Giachetti e Peluffo non hanno avuto successo, complice il fatto che per modificare il regolamento occorre il via libera della Giunta per il regolamento e poi il voto della maggioranza assoluta dei componenti dell’aula. «Purtroppo è tutta questione di interesse politico: se ci fosse la volontà di cambiare veramente le cose lo si farebbe, ma evidentemente questa situazione conviene sia alla maggioranza che all’opposizione, altrimenti non saremmo qui dopo anni a parlarne ancora», ha concluso Giachetti.

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