Che cosa chiedono i partiti al governo per integrare il Def

Le proposte vanno dallo scostamento di bilancio all’ampliamento del Superbonus, fino alla riforma del Patto di stabilità
ANSA/GIUSEPPE LAMI
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Il 20 aprile la Camera e il Senato hanno approvato due risoluzioni identiche, presentate dai partiti che sostengono il governo guidato da Mario Draghi, per proporre all’esecutivo alcune modifiche con cui integrare il Documento di economia e finanza (Def), che contiene le stime aggiornate sull’andamento dell’economia italiana e gli obiettivi di finanza pubblica per i prossimi anni. 

Le due risoluzioni, con cui il Parlamento ha comunque dato il via libera al Def approvato dal governo, non hanno un carattere vincolante, ma sono importanti da un punto di vista politico perché indicano quali sono ora le priorità da seguire secondo i partiti della maggioranza.

Dallo scostamento di bilancio…

Le due risoluzioni poggiano su 12 punti. Tra le richieste principali fatte al governo da parte dei partiti della maggioranza, c’è quella di continuare a contenere l’aumento dei prezzi energetici e di prendere in considerazione l’approvazione di uno scostamento bilancio, ossia un provvedimento con cui il Parlamento autorizza il governo a spendere, prendendo risorse a debito, più di quanto preventivato nel Def.

Per ora, sia il presidente del Consiglio Mario Draghi sia il ministro dell’Economia Daniele Franco si sono detti cauti sulla possibilità di ricorrere a uno scostamento, che secondo le risoluzioni del Parlamento sarebbe utile per «prevedere interventi di sostegno, del tutto simili a quelli messi in campo durante l’emergenza pandemica, per le famiglie, i lavoratori e per quella parte del comparto produttivo particolarmente colpita dalle conseguenze della crisi in Ucraina». 

Un’altra richiesta dei partiti è quella di «rafforzare le misure previste volte a sostenere l’istruzione, l’università e la ricerca, garantendo risorse adeguate da destinare al comparto scuola nonché ai comparti della cultura e del turismo colpiti duramente nella fase pandemica». Negli scorsi giorni era nata una polemica, alimentata da alcuni politici, secondo cui nel Def il governo aveva certificato la volontà di tagliare le risorse all’istruzione.

… al Superbonus

Le risoluzioni di Camera e Senato hanno poi riportato d’attualità il cosiddetto “Superbonus 100 per cento”, la misura con cui lo Stato incentiva lavori edili per l’efficientamento energetico e antisismico, coprendo interamente le spese sostenute dai cittadini. Secondo i partiti, le attuali scadenze del Superbonus vanno estese, ma soprattutto va di nuovo ampliato il meccanismo della cosiddetta “cessione dei crediti”. In breve: grazie al “decreto Rilancio” del 2020, un cittadino che accedeva ai bonus edilizi poteva ricevere il rimborso del costo dei lavori da parte dello Stato attraverso uno sconto sulle tasse da pagare negli anni successivi oppure attraverso la cessione del proprio credito d’imposta, accumulato nei confronti dello Stato, all’impresa che aveva fatto i lavori o alle banche. 

All’inizio, non era stato fissato un limite al numero di scambi che poteva essere effettuato con i crediti di imposta: questo aveva portato alla nascita di molte truffe, costringendo il governo a intervenire, riducendo il numero di cessioni del credito e limitandole alle banche. In base alle risoluzioni del Parlamento, questo meccanismo andrebbe ampliato «a soggetti diversi da banche, istituti finanziari e assicurazioni», per agevolare l’accesso al bonus.

Infine, i partiti hanno chiesto al governo di «promuovere una revisione sostanziale dello stesso meccanismo del Patto di stabilità e crescita, che tenga conto delle esigenze di ripresa socio-economica in ciascuno Stato membro». Il cosiddetto “Patto di stabilità e crescita” è un insieme di regole europee create per assicurare che i Paesi dell’Unione europea abbiano una situazione finanziaria stabile e coordinino le loro politiche economiche. Con lo scoppio della pandemia di Covid-19, nel 2020 l’Ue aveva deciso di sospendere queste regole, che ora dovrebbero ripartire nel 2023. Da mesi, però, l’Ue sta discutendo se prorogare la sospensione oppure riformare il patto, per renderlo meno rigido rispetto a quanto fosse in passato.

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