Che fine ha fatto la relazione del governo sull’evasione fiscale?

Doveva essere pubblicata insieme alla Nadef, ma del testo non sembra esserci traccia
EPA/MARTIN DIVISEK
EPA/MARTIN DIVISEK
Negli ultimi giorni, alcuni politici hanno denunciato il ritardo del governo nella pubblicazione del rapporto sui risultati del contrasto all’evasione fiscale, che il Ministero dell’Economia avrebbe dovuto pubblicare insieme alla Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza (Nadef), approvata il 29 settembre. 

Il 6 ottobre, il deputato di Italia viva Luigi Marattin ha per esempio scritto su Twitter che «la relazione è un obbligo di legge. Per non renderla pubblica (come ogni anno in settembre con la Nadef) il governo deve avere davvero delle ottime ragioni. Sarebbe interessante capire quali». Lo stesso giorno, una posizione simile è stata espressa anche da Marco Grimaldi, eletto deputato di Sinistra italiana alle elezioni del 25 settembre, e da Antonio Misiani, senatore del Partito democratico. Il 4 ottobre, i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno chiesto in una nota la pubblicazione della relazione «nelle prossime ore», augurandosi che la mancata pubblicazione sia stata soltanto una «svista».

Come spiega il sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze, in base alla legge, contestualmente alla Nadef deve essere presentato anche il “Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva”, per la cui redazione il governo si avvale di un altro report, la “Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva”, realizzata da una commissione di quindici esperti.

L’ultima edizione del rapporto sui risultati conseguiti dalla lotta all’evasione fiscale è quella uscita lo scorso anno ed è relativa alle «attività di prevenzione e contrasto dell’evasione tributaria e contributiva nel 2019».

Per quale motivo il governo non ha ancora pubblicato la relazione aggiornata, come previsto dalla legge? Abbiamo contattato il Ministero dell’Economia e delle Finanze per avere una risposta in merito, ma al momento della pubblicazione di questo articolo non abbiamo ancora ricevuto risposta.

Le possibili spiegazioni del ritardo

Secondo varie fonti stampa, le ipotesi più probabili per la mancata pubblicazione sono due. La prima spiegazione risiederebbe nel fatto che una parte della relazione è dedicata agli indirizzi del governo sulle strategie per il contrasto dell’evasione. L’attuale governo di Mario Draghi, visto che è dimissionario e, salvo sorprese, sarà presto sostituito da un governo di centrodestra, è probabile che abbia deciso di non pubblicare la relazione per evitare di indicare la parte programmatica sulle misure future di contrasto all’evasione. La stessa Nadef non contiene le indicazioni sui provvedimenti economici futuri, che saranno decisi dal prossimo governo, ma solo le stime economiche per i prossimi anni, sulla base dell’attuale scenario nazionale e internazionale.

Una seconda possibile spiegazione sul ritardo della pubblicazione della relazione riguardarebbe invece un’altra parte del suo contenuto, che, in un certo senso, rischia di andare contro quanto promesso in campagna elettorale dal centrodestra, che si appresta ad andare al governo.

Nell’edizione dello scorso anno, infatti, la relazione si era espressa, in via preliminare, sull’impatto dell’estensione del regime forfetario, con aliquota del 15 per cento, alle partite Iva con ricavi e compensi fino ai 65 mila euro. Questa aliquota è quella che il leader della Lega Matteo Salvini chiama “flat tax” e che il programma di governo della coalizione di centrodestra vorrebbe estendere fino ai 100 mila euro di ricavi. Secondo la relazione, però, l’estensione del regime forfetario avrebbe contribuito ad aumentare la propensione all’evasione dell’Irpef, l’imposta sui redditi delle persone fisiche, proprio tra i lavoratori autonomi con ricavi sotto i 65 mila euro. Detta altrimenti, per restare dentro la soglia a cui si applica l’aliquota unica, alcune partite Iva potrebbero essere state incentivate a evadere. Questi dati preliminari vanno però letti con cautela. «Al tempo stesso, va segnalato che questi risultati potrebbero essere stati influenzati dalla circostanza che la presentazione delle dichiarazioni dei redditi relative al 2019, nel pieno della pandemia da Covid-19, può aver influenzato il comportamento dei contribuenti», ha sottolineato la relazione dell’anno scorso.

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