La povertà in Italia in cinque grafici

Nel 2022 è cresciuto il numero di famiglie e persone che ogni mese non arriva alla spesa minima considerata necessaria per avere uno standard di vita accettabile 
Pagella Politica
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Nel 2022 è aumentato in Italia il numero di famiglie e di persone che vivono in povertà assoluta. Secondo i dati pubblicati di recente da Istat, lo scorso anno 165 mila famiglie e 357 mila persone in più rispetto al 2021 non hanno raggiunto la spesa mensile necessaria per avere uno standard di vita accettabile. 

Questa soglia non è fissa, ma varia in base a dove si vive e al numero di persone all’interno della famiglia. Per esempio in Lombardia una coppia con un’età tra i 30 e i 59 anni, che vive nel centro di una città metropolitana, è in  povertà assoluta se spende meno di 1.541 euro al mese per una serie di beni e servizi. Se vivesse in Sicilia, questa soglia sarebbe fissata a 1.007 euro. 

Nel 2022 2,2 milioni di famiglie vivevano in povertà assoluta: l’8,3 per cento sul totale. Le persone in questa condizione erano circa 5,7 milioni: il 9,7 per cento sul totale. Entrambi questi numeri sono cresciuti rispetto al 2021, entrambi di 0,6 punti percentuali. Secondo Istat, «questo peggioramento è imputabile in larga misura alla forte accelerazione dell’inflazione». A dicembre 2022, infatti, i prezzi nel nostro Paese sono aumentati in media di quasi il 12 per cento rispetto a un anno prima.

Ma la povertà colpisce in modo diverso le persone e le famiglie: quelle giovani, con figli e che vivono nelle regioni meridionali sono infatti quelle più in difficoltà.

Le differenze geografiche

Nelle regioni del Mezzogiorno (quelle del Sud più Sardegna e Sicilia) vive in povertà assoluta il 12,7 per cento delle persone (2,5 milioni) contro il 7,5 per cento del Centro (874 mila), l’8,8 per cento del Nord-Est (un milione) e l’8,3 per cento del Nord-Ovest (1,3 milioni).

Lo scorso anno tutte e quattro queste aree hanno registrato un aumento della povertà rispetto al 2021: si va da +11 per cento in più nel Nord-Ovest a un +7,6 per cento nel Mezzogiorno.
Fa la differenza anche il comune in cui si vive: nelle aree metropolitane e nei comuni con più di 50 mila abitanti la povertà assoluta è quasi all’8 per cento, mentre negli altri comuni si avvicina al 9 per cento. Tra questi comuni ci sono le cosiddette “aree interne”, più periferiche a livello geografico e per la possibilità di accedere ai servizi essenziali. 

Le differenze tra le età

Le persone anziane sono meno colpite dalla povertà rispetto ai giovani: il 6,3 per cento delle persone sopra i 65 anni vive in povertà assoluta contro il 13,4 per cento di quelle fino ai 17 anni. Tra i 18 e i 34 anni, una fascia di età che comprende i giovani che studiano, lavorano o stanno uscendo di casa, la povertà assoluta riguarda il 12 per cento delle persone, mentre tra i 35 e i 65 anni è pari al 9,4 per cento.

Sotto i 17 anni ci sono in Italia circa 9 milioni di persone, tra i 18 e i 34 anni 10,3 milioni, tra i 35 e i 64 25,3 milioni e sopra i 65 anni 14,2 milioni. Nonostante le persone con più di 65 anni siano molte di più di quelle sotto i 17 anni, ci sono 300 mila poveri in più tra i bambini e i ragazzi rispetto agli anziani. 

L’aumento della povertà nel 2022 ha riguardato tutte le fasce d’età, ma più gli anziani che i giovani. L’aumento di povertà assoluta sopra i 65 anni è stato del 15 per cento contro il 6 per cento sotto i 18 anni e tra i 35 e i 64 anni e l’8 per cento tra i 18 e i 34 anni. 

Le difficoltà delle famiglie più numerose

La presenza di figli aumenta molto la probabilità di vivere in povertà assoluta: si trova in questa condizione il 5,1 per cento delle coppie con meno di 65 anni, percentuale che sale al 6,6 per cento per chi ha un figlio, al 10,7 per cento per chi ne ha due e al 20,7 per cento per chi ha tre figli o più. Le famiglie con figli sono anche quelle che hanno registrato la crescita maggiore della povertà rispetto al 2021. 

Le persone che vivono da sole sono in povertà nel 7,5 per cento dei casi, un dato più alto rispetto a quello delle coppie. Su questa differenza pesano, tra le altre cose, le spese fisse e l’assenza di un secondo stipendio in famiglia.

Il peso del titolo di studio

Il titolo di studio ha un impatto significativo sulla povertà. Il 4 per cento di chi ha un diploma o una laurea vive in povertà assoluta, una percentuale stabile rispetto al 2021. Questa percentuale cresce fino al 13 per cento per chi non ha un titolo di studio o solo la licenza elementare e al 12,5 per cento per chi ha concluso solo le scuole medie.
Il 7,7 per cento degli occupati in Italia è povero, contro il 22,4 per cento dei disoccupati e il 5,9 per cento di chi si è ritirato dal mercato del lavoro. All’interno della categoria degli “occupati” ci sono comunque ampie differenze: è povero il 2,6 per cento dei dirigenti e impiegati, contro il 14,7 per cento degli operai, mentre tra i liberi professionisti e gli imprenditori la percentuale scende all’1,4 per cento. 

La situazione degli stranieri

La presenza di stranieri in una famiglia aumenta di molto la probabilità di essere in povertà: non raggiunge la spesa mensile necessaria per avere uno standard di vita accettabile il 6,4 per cento delle famiglie composte da soli italiani, percentuale che cresce al 18,9 per cento per le famiglie miste al 33,2 per cento di quelle con soli stranieri.

Le famiglie in povertà con almeno un cittadino straniero sono 5,5 volte quelle composte da soli italiani nel Nord, 6,8 volte nel Centro e 3,8 volte nel Mezzogiorno, contro una media nazionale pari a 4,5 volte. 

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