Le opposizioni hanno violato il silenzio elettorale sui referendum?

Abbiamo controllato se l’appello al voto fatto da Schlein, Conte, Bonelli e Fratoianni alla manifestazione su Gaza ha infranto la legge, che è abbastanza vaga
Ansa
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Sabato 7 giugno il Partito Democratico, il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra – formata da Sinistra Italia ed Europa Verde – hanno organizzato una manifestazione nazionale a Roma «per fermare il massacro e i crimini del governo Netanyahu a Gaza». Al termine dei loro interventi sul palco i quattro leader dei partiti – Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli – si sono abbracciati e dopo un breve conto alla rovescia hanno fatto all’unisono un appello al voto per i referendum dell’8 e 9 giugno: «Andiamo tutti a votare: 8 e 9 giugno». 

Nelle ore successive questo appello è stato criticato sia da Fratelli d’Italia, che sostiene il governo Meloni, sia da Azione, che è all’opposizione. «Con la scusa della guerra rompono il silenzio elettorale. Non è politica, è cinismo», ha scritto sui social network il partito di Giorgia Meloni. «Se la destra avesse usato una manifestazione su un dramma umanitario per aggirare il silenzio elettorale, avremmo tutti, giustamente, stigmatizzato questo comportamento», ha scritto su X l’8 giugno il leader di Azione Carlo Calenda. «È esattamente ciò che è accaduto ieri. In un referendum con quorum l’invito a votare equivale ad un’indicazione di voto. Il corretto funzionamento di una democrazia non si difende solo quando fa comodo».

Il 9 giugno, in un’intervista con la Repubblica, Fratoianni si è difeso dalle accuse: «Abbiamo semplicemente detto di votare, non abbiamo detto cosa. L’astensione è una delle malattie di cui soffre la democrazia. Per me è inaccettabile invece, come fa la destra, invitare al non voto. Ma del resto questa è una destra incapace di mettersi in sintonia con il Paese».

Ma che cosa dice la legge sul silenzio elettorale? PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra lo hanno violato durante la manifestazione di Gaza oppure no?

Che cos’è il silenzio elettorale

Il silenzio elettorale è regolato dall’articolo 9 della legge n. 212 del 1956, che contiene le «norme per la disciplina della propaganda elettorale». Dal 1993 – ultimo anno in cui è stato modificato – questo articolo stabilisce che «nel giorno precedente ed in quelli stabiliti per le elezioni sono vietati i comizi, le riunioni di propaganda elettorale diretta o indiretta, in luoghi pubblici o aperti al pubblico, la nuova affissione di stampati, giornali murali o altri e manifesti di propaganda». In più, nei giorni del voto «è vietata ogni forma di propaganda elettorale entro il raggio di 200 metri dall’ingresso delle sezioni elettorali». In base alla legge, chi vìola il silenzio elettorale può essere punito con una multa e con la reclusione fino a un anno.

Per come è scritta, la norma che regola il silenzio elettorale è piuttosto vaga e si presta di volta in volta a una serie di interpretazioni, soprattutto con i referendum. «In questo caso siamo in una zona grigia perché in un’elezione qualunque un invito a votare non è un messaggio politico, di parte. Il punto, però, è che nei referendum l’invito al voto può fare la differenza, dato che il raggiungimento del quorum è determinante per il successo della votazione. Dunque, in questo caso c’è effettivamente un dubbio rispetto al messaggio dei leader dell’opposizione», ha spiegato a Pagella Politica Alfonso Celotto, professore di Diritto costituzionale all’Università Roma Tre. «Se fossimo stati in un’elezione politica non ci sarebbe stato nessun problema, perché in quel caso il semplice invito al voto non indica una scelta politica da prendere. Per i referendum invece è diverso, partecipare o astenersi è una scelta politica precisa».

Schlein, Conte e Fratoianni non si sono limitati a invitare al voto al termine della manifestazione su Gaza. L’8 giugno – primo giorno di voto per i referendum – tutti e tre hanno pubblicato sui social network una loro foto al seggio, esortando ad andare a votare.

Un silenzio spesso interrotto

Al netto di quanto avvenuto per i referendum su cittadinanza e lavoro, da anni il limite imposto dal silenzio elettorale è costantemente infranto dai partiti di tutti gli schieramenti.

Per esempio, in occasione delle elezioni europee del 2024, vari esponenti della Lega hanno pubblicato spot e annunci elettorali dopo l’apertura dei seggi. A febbraio 2023, durante le elezioni regionali in Lazio e Lombardia, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi aveva diffuso un video in cui chiedeva di votare Forza Italia.

Anche Fratelli d’Italia, che oggi critica chi ha esortato ad andare a votare, aveva pubblicato un post sui social network, a seggi aperti, per chiedere ai cittadini di «votare per scegliere il futuro» delle regioni al voto. Lo stesso discorso vale per Azione: alle elezioni regionali di due anni fa ha dato indicazioni di voto durante il silenzio elettorale, esortando gli elettori a tracciare «una croce sul simbolo del Terzo polo». 

Le regole sul silenzio elettorale sono generiche e datate soprattutto perché non menzionano i social network, dove si concentra buona parte della comunicazione politica. Quella sul silenzio elettorale «è una legge vecchia di 70 anni, e per questo secondo me andrebbe quantomeno aggiornata ai tempi che corrono, ossia alla presenza di internet e dei social-network», ha commentato Celotto.

I tentativi di modifica

C’è chi ha provato a cambiare e aggiornare le regole sul silenzio elettorale, senza successo. 

Lo scorso gennaio alcuni deputati del Partito Democratico hanno presentato alla Camera una proposta di legge, che propone di introdurre nella legge n. 212 del 1956, cioè quella che regola il silenzio elettorale, l’articolo 9-bis. Secondo quanto stabilito dal nuovo articolo, a partire dalla convocazione delle elezioni o dei referendum, non è consentita «la creazione e la diffusione con ogni mezzo di contenuti ingannevoli o manipolati rivolti agli elettori», prodotti interamente o parzialmente tramite intelligenza artificiale, che riguardino candidati, eletti, partiti o movimenti politici. È inoltre vietata la diffusione di materiali che possano «influenzare o manipolare attraverso false rappresentazioni o false contestualizzazioni lo svolgimento delle campagne elettorali e referendarie o ad alterarne il risultato».

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Nella scorsa legislatura, proposte per modificare il silenzio elettorale sono arrivate dal Movimento 5 Stelle, da Più Europa, e dallo stesso Partito Democratico. Nel 2019 il segretario di Più Europa Riccardo Magi aveva proposto di introdurre un nuovo articolo alla legge, il 9-bis, che chiedeva di vietare nei giorni delle elezioni e in quelli precedenti «la diffusione di propaganda elettorale sulle piattaforme digitali».

Nessuna di queste proposte è stata approvata dal Parlamento e quindi la legge non è stata modificata.
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