Le mozioni di sfiducia contro Salvini e Santanchè sono state bocciate

La Camera ha respinto le richieste di dimissioni presentate da Azione e dal Movimento 5 Stelle, ma il risultato era ampiamente prevedibile
Ansa
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Giovedì 4 aprile la Camera dei deputati ha respinto la mozione di sfiducia presentata dal Movimento 5 Stelle contro la ministra del Turismo Daniela Santanchè. La mozione chiedeva le dimissioni di Santanchè alla luce delle varie accuse e indagini giudiziarie riguardo la gestione di alcune aziende, in passato di proprietà della ministra. Nella serata del 3 aprile, invece, la Camera ha bocciato una mozione di sfiducia contro il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. La mozione, presentata da Azione, chiedeva le dimissioni di Salvini sulla base dei legami tra il suo partito, la Lega, e quello del presidente russo Vladimir Putin, “Russia Unita”. Nel 2017 il partito di Salvini aveva firmato un accordo di collaborazione con quello di Putin. Negli scorsi giorni la Lega ha precisato che l’intesa non ha più valore da quanto il presidente russo ha invaso l’Ucraina. 

La mozione di sfiducia contro Salvini è stata respinta con 211 voti contrari, 129 favorevoli e 3 astenuti. I gruppi parlamentari della maggioranza di centrodestra – Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi moderati – hanno votato compattamente contro la sfiducia al ministro delle Infrastrutture. Oltre ad Azione, hanno votato a favore della mozione tutti i partiti di opposizione, ossia Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Italia Viva e Alleanza Verdi-Sinistra. Si sono invece astenuti i tre deputati del Südtiroler Volkspartei, il partito autonomista dell’Alto Adige che alla Camera fa parte del gruppo Misto. 

La mozione di sfiducia contro Santanchè è stata bocciata con 213 voti contrari, 121 favorevoli e 3 astenuti. Anche in questo caso tutto il centrodestra ha votato contro la sfiducia, i deputati Südtiroler Volkspartei si sono astenuti, mentre quelli all’opposizione si sono divisi. Oltre al Movimento 5 Stelle, hanno votato per la sfiducia il Partito Democratico, Azione e Alleanza Verdi-Sinistra, mentre Italia Viva ha votato contro, allineandosi così ai partiti che sostengono il governo Meloni. 

La decisione di Italia Viva di votare a favore della sfiducia a Salvini ma contro quella per Santanchè è stata spiegata dal leader del partito Matteo Renzi. «Votiamo sì alla sfiducia a Salvini perché contesta il posizionamento politico di Salvini sulla Russia», ha scritto Renzi in un post su X il 3 aprile. «Votiamo no alla sfiducia a Santanché perché basata sulle indagini giudiziarie che la riguardano. E noi non chiediamo le dimissioni per un avviso di garanzia o per un rinvio a giudizio», ha scritto l’ex presidente del Consiglio in un altro post su X.

Un risultato scontato

Il risultato delle mozioni contro Salvini e Santanchè era ampiamente previsto. 

Le mozioni di sfiducia, che possono essere fatte contro un ministro o un intero governo, non hanno praticamente mai avuto successo nella storia repubblicana. Per essere approvate, queste mozioni avrebbero bisogno del voto favorevole di una parte della maggioranza, a cui però non converrebbe far cadere il governo di cui fanno parte o un ministro. Questo comunque non significa che le maggioranza di governo non possano entrare in crisi, ma spesso in questi casi i governi cadono prima di arrivare a votare la sfiducia. Ad agosto 2019 per esempio, durante il governo sostenuto dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, la Lega aveva presentato una mozione di sfiducia nei confronti del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che però annunciò le sue dimissioni al Parlamento e salì al Quirinale a rassegnare le dimissioni prima di votare la mozione.

Al contrario, due governi sono caduti a causa della mancata approvazione in Parlamento della fiducia: si tratta dei due governi guidati da Romano Prodi, caduti a dieci anni di distanza l’uno dall’altro per il mancato voto di fiducia su risoluzioni che approvavano le comunicazioni del presidente del Consiglio. Non erano dunque mozioni di sfiducia vere e proprie. 

Per quanto riguarda i singoli ministri invece, tra le decine di mozioni di sfiducia individuali votate dal 1946 a oggi, solo una è stata approvata: quella contro Filippo Mancuso, ministro della Giustizia del governo Dini, il 19 ottobre 1995.

Dimissioni eccellenti

Quando un ministro non gode più della fiducia della maggioranza oppure quando non può svolgere il suo lavoro per motivi politici o giudiziari, la scelta più diffusa è quella delle dimissioni. In base alle verifiche di Pagella Politica, dal 2001 a oggi 32 ministri hanno rassegnato le dimissioni per diversi motivi. Stiamo parlando di quasi il 12 per cento dei ministri, su un totale di 278. In media, che sia per uno scandalo giudiziario, per vicende politiche o scelte personali, ogni due anni hanno lasciato il loro incarico più di tre ministri.

Le dimissioni di un ministro non sono comunque una costante di tutti e 12 i governi che si sono succeduti in Italia negli ultimi 22 anni. Alcuni governi non hanno registrato dimissioni e sono giunti al termine del loro mandato con la stessa squadra di ministri di quando sono entrati in carica. Altri invece hanno visto la loro composizione cambiare diverse volte, sia per questioni politiche sia per inchieste giudiziarie.

Negli ultimi 22 anni il governo che ha registrato più ministri dimissionari è stato il secondo governo guidato da Silvio Berlusconi (2001-2006) con otto ministri dimissionari. Al secondo posto c’è il quarto e ultimo governo Berlusconi (2008-2011) con sei ministri dimissionari. A seguire c’è il governo Renzi, con quattro ministri che hanno lasciato l’incarico, mentre gli unici esecutivi che non hanno registrato ministri dimissionari sono stati il governo Draghi (2021-2022) e al momento quello guidato da Giorgia Meloni, in carica dal 22 ottobre 2022. Va detto comunque che il primato del secondo governo Berlusconi è dovuto anche alla sua durata: con 1.412 giorni in carica è il governo più longevo della storia repubblicana. 

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