Il Ministero per il Sud e il mare non esiste già più

Musumeci ha perso le competenze sul Mezzogiorno, passate a un altro ministero, mentre quelle su porti, pesca e turismo restano nelle mani di altri ministri
ANSA
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A oltre 20 giorni dall’insediamento del nuovo governo, avvenuto il 22 ottobre, il Ministero per le Politiche del mare e per il Sud di fatto non esiste già più. Nella lista dei ministri, presentata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva messo alla guida di questo ministero Nello Musumeci, eletto in Senato con Fratelli d’Italia. Ma nei giorni successivi l’incarico ricevuto dall’ex presidente della Regione Sicilia ha cambiato nome, così come i suoi poteri.

Niente più Sud

Inizialmente, il Ministero per le Politiche del mare e per il Sud faceva parte dei nove ministeri “senza portafoglio”, che non sono dotati di un proprio bilancio interno e di una propria capacità di spesa, a differenza di quelli “con portafoglio”, tra cui ci sono, per esempio, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, quello dell’Istruzione e quello della Giustizia. 

Il 10 novembre, a 20 giorni di distanza dalla nascita del nuovo governo, il Consiglio dei ministri ha però deciso di rimodulare gli incarichi dei ministeri senza portafoglio, come spiega un comunicato stampa del governo, assegnando le competenze sul Sud a Raffaele Fitto, che ora guida il Ministero per gli Affari europei, il Sud, le Politiche di coesione e il Pnrr. Decine di miliardi di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), così come quelli dei fondi di coesione europei, sono in buona parte destinate a interventi per il Sud, e per questo il governo ha deciso con un repentino cambio di strategia di unificare le deleghe nelle mani di Fitto. 

Adesso Musumeci sarà a capo del Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare, un incarico che il senatore di Fratelli d’Italia ha definito su Twitter di «grande responsabilità», ringraziando Meloni. Pochi giorni prima, però, lo stesso Musumeci aveva smentito un possibile cambio di deleghe, rivendicando invece il suo programma per il Sud. Il 7 novembre, in un’intervista con Il Messaggero, il ministro aveva infatti annunciato la sua volontà di «aprire un confronto con le regioni» meridionali per fissare i dossier prioritari da seguire. Musumeci aveva inoltre difeso la scelta iniziale di dividere le competenze sui fondi di coesione da quelle per il Mezzogiorno. Secondo il ministro, il Ministero per il Sud avrebbe dovuto avere un ruolo «tematico e programmatico», mentre quello delle Politiche di coesione sarebbe dovuto essere più «gestionale».

E poco mare

Ma anche la seconda delega in mano a Musumeci, quella per le Politiche del mare, sembra essere stata svuotata rispetto agli annunci iniziali e a quanto promesso in passato da Meloni. 

Nel 2019 la leader di Fratelli d’Italia aveva presentato alla Camera una proposta di legge per istituire il Ministero del Mare, prendendo da altri ministeri varie competenze, come quelle sulle infrastrutture portuali, la pesca e il turismo. Nel governo guidato da Meloni le competenze sui porti sono però rimaste in mano al ministro delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile, Matteo Salvini (Lega); quelle sulla pesca restano sotto la responsabilità del ministro dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e forestale, Francesco Lollobrigida (Fratelli d’Italia); e quelle sul turismo della ministra del Turismo Daniela Santanché (Fratelli d’Italia). 

Al momento non è dunque chiaro quali poteri avrà in concreto Musumeci sulle questioni legate strettamente al mare. Finora altri membri del governo hanno fatto alcune vaghe dichiarazioni in proposito. «Il Ministero del Mare è un ministero importantissimo che avrà una centralità nel coordinamento delle attività legate al mare», ha per esempio dichiarato lo scorso 29 ottobre Lollobrigida. «Abbiamo bisogno di una cabina di regia che coordini tutte le attività». 

Il 4 novembre, il Consiglio dei ministri ha approvato la creazione del Comitato interministeriale per le politiche del mare (Cipom), che «coordinerà le strategie di sviluppo» in ambito marittimo e che, a quanto dichiarato da Musumeci, sarà presieduto da lui o dalla presidente Meloni, con la partecipazione di una «decina di dicasteri, ognuno con i propri poteri».

La partita delle concessioni balneari

Secondo fonti stampa, oltre alle questioni legate alla Protezione civile, Musumeci avrà poi il compito di portare a termine la messa a gara delle concessioni balneari. Per anni vari governi hanno rinnovato queste concessioni senza una gara pubblica, violando le regole europee. Ma a novembre 2021 una sentenza del Consiglio di Stato – l’organo che rappresenta il secondo e ultimo grado di giudizio nella giustizia amministrativa – ha stabilito una volta per tutte che le gare vanno fatte entro il 2024. 

La legge annuale sulla concorrenza, approvata definitivamente dal Parlamento a inizio agosto, ha dato i poteri al governo per stabilire i criteri con cui organizzare le gare. Nello scorso governo questo compito era spettato al ministro del Turismo Massimo Garavaglia (Lega), ma nel governo Meloni questo ruolo è occupato da Santanché, che ha un conflitto di interessi sul tema, essendo socia del Twiga, il locale di lusso e stabilimento balneare a Forte dei Marmi, in Toscana. Per questo si sarebbe optato di spostare la responsabilità sulle concessioni dal Turismo al ministero di Musumeci.

Ricordiamo che negli anni Meloni e Fratelli d’Italia, così come Musumeci, hanno espresso dure critiche alla messa a gara delle concessioni, considerata dannosa per i gestori degli stabilimenti balneari.

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