Il 9 novembre il Consiglio di Stato – l’organo che rappresenta il secondo e ultimo grado di giudizio nella giustizia amministrativa – ha pubblicato due sentenze (la n. 17 e la n. 18) sulla validità delle norme attualmente in vigore per le concessioni demaniali marittime, con cui lo Stato dà in concessione ai privati le coste del nostro Paese. In breve: le concessioni oggi in vigore sono prorogate solo fino al 2023. Dall’anno successivo dovranno essere messe a gara per rispettare le regole europee, in particolare la cosiddetta “direttiva Bolkestein”.
I partiti politici si sono subito divisi su questa decisione, arrivata a pochi giorni dall’approvazione del governo del disegno di legge annuale sulla concorrenza, che ha previsto soltanto una mappatura delle concessioni e non una riforma del sistema. Da un lato c’è chi ha duramente criticato l’annuncio del Consiglio di Stato (in particolare i partiti di destra e centrodestra), dall’altro lato c’è chi lo ha accolto con grande favore. Per ora il Partito democratico e il Movimento 5 stelle non si sono particolarmente sbilanciati sulla questione.
Prima di vedere quali sono le posizioni in campo, facciamo un po’ di chiarezza su quanto stabilito nelle sentenze.
Dal 2024 azzerate le concessioni
Secondo il Consiglio di Stato, l’attuale situazione è in «grave contrarietà» rispetto a quanto stabilito dalle regole sulla concorrenza dell’Unione europea. Come abbiamo spiegato più volte in passato, secondo le direttive comunitarie le concessioni balneari in Italia – così come quelle in altri settori, per esempio del commercio ambulante – andrebbero messe periodicamente a gara. Dal 2006 in poi queste disposizioni sono state sistematicamente disattese: i governi hanno sempre preferito mantenere lo status quo, con continui rinnovi delle concessioni senza gare pubbliche, a costi vantaggiosi per i proprietari degli stabilimenti balneari.
In base alle decisioni dei giudici, le attuali concessioni rimarranno in vigore fino al 31 dicembre 2023, «per evitare l’impatto sociale ed economico» di una loro immediata sospensione. «Dal giorno successivo, tuttavia, non ci sarà alcuna possibilità di proroga ulteriore, neanche per via legislativa, e il settore sarà comunque aperto alle regole della concorrenza», ha spiegato in un comunicato il Consiglio di Stato. «Scaduto tale termine, quindi, tutte le concessioni demaniali dovranno considerarsi prive di effetto, indipendentemente dal fatto se via sia o meno un soggetto subentrante nella concessione».
L’impossibilità per il legislatore italiano di intervenire, per l’ennesima volta, “salvando” le concessioni dipende da due principi del diritto europeo, che vengono ribaditi dal Consiglio di Stato. Il primo è che il diritto comunitario prevale su quello nazionale, e dunque la direttiva Bolkestein ha un rango superiore rispetto alle eventuali leggi che il Parlamento italiano dovesse approvare. Il secondo è che il diritto italiano in contrasto con quello europeo non deve essere applicato direttamente dai giudici e dalla pubblica amministrazione italiana (si parla qui di “diretta applicabilità” del diritto comunitario negli ordinamenti interni degli Stati).
– Leggi anche: Che cosa (non) ha deciso il governo sulle concessioni balneari
La contrarietà della destra
I due leader di partito che tra i primi hanno commentato le sentenze del Consiglio di Stato sono stati il segretario nazionale della Lega Matteo Salvini e la presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
«Spiagge e mercati italiani non sono in svendita, si rassegnino i burocrati di Bruxelles e i loro complici: la Lega non ha mai permesso e non permetterà che il nostro lavoro e le nostre tradizioni vengano cancellati», ha scritto Salvini sui social nella serata del 9 novembre, una posizione supportata anche da altri parlamentari leghisti.
Contro la posizione dei giudici si è dichiarata anche Meloni. «La sentenza con cui il Consiglio di Stato ha deciso di disapplicare una legge votata dal Parlamento italiano, dichiarando la cessazione delle attuali concessioni demaniali marittime al 31 dicembre 2023 stabilendo la loro messa a bando subito dopo, rappresenta un colpo mortale per il turismo balneare italiano», ha annunciato la presidente di Fratelli d’Italia, poco dopo l’annuncio delle due sentenze. «È molto grave che il governo Draghi, e ancora prima il governo Conte II, abbiano scelto di non intervenire lasciando questo comparto, fatto di decine di migliaia di imprese quasi tutte a conduzione famigliare, in balia delle decisioni dei tribunali e dei diktat di Bruxelles»., ha concluso Meloni.
Forza Italia non ha ancora espresso una posizione ufficiale sulla questione, su cui si sono espressi i senatori Maurizio Gasparri e Massimo Mallegni, dichiarando che la sentenza «ci lascia sconcertati» perché «si vogliono annullare decenni di sacrifici per aprire il mercato ai grandi gruppi internazionali». In ogni caso il partito di Silvio Berlusconi è stata spesso vicino alle posizioni dei gestori degli stabilimenti balneari. A luglio 2020 è stato per esempio approvato un emendamento al decreto “Rilancio”, presentato dalla deputata di Forza Italia Deborah Bergamini, che ribadiva la proroga delle concessioni balneari fino al 2033, come stabilito dal governo Lega-Movimento 5 stelle con la legge di Bilancio per il 2019.
Che cosa dicono il Pd e il M5s
Più contenute sono state per il momento le reazioni del Partito democratico e del Movimento 5 stelle. I due leader Enrico Letta e Giuseppe Conte non hanno ancora rilasciato un commento sulla sentenza del Consiglio di Stato, mentre ci sono state isolate prese di posizione di singoli esponenti dei due partiti.
Secondo il deputato del Pd Umberto Buratti, la decisione del Consiglio di Stato «impone che la politica si assuma le sue responsabilità e cominci immediatamente a lavorare a una riforma organica della materia che tenga conto delle specificità del nostro demanio su cui non ci sono solo stabilimenti balneari ma anche negozi, cinema, distributori di benzina, circoli nautici e altre attività». «Noi faremo la nostra parte – ha aggiunto Buratti – ma bisogna agire rapidamente, avviando immediatamente un tavolo di lavoro che affronti una volta per tutte la questioni relative al nostro demanio marittimo».
Nel Movimento 5 stelle – che, ricordiamo, nel 2019 votò per rinnovare le concessioni fino al 2033 – uno dei primi a esprimersi sulla questione è stato Sergio Battelli, presidente della Commissione per le Politiche dell’Unione europea alla Camera. «Basta difendere l’indifendibile: il Consiglio di Stato conferma che sui balneari avevo ragione», ha scritto su Twitter il deputato del M5s. «Proroga delle concessioni fino a dicembre 2023, poi si andrà a gara, unico sistema che garantisce trasparenza, imparzialità, legalità, libera concorrenza. Mettiamoci al lavoro senza alibi».
Una posizione più netta è invece arrivata da +Europa. «Ancora una volta è stato necessario attendere una sentenza per modificare quello che la politica italiana aveva reso immodificabile pur essendo palesemente illegittimo e indifendibile», ha scritto su Facebook il 9 novembre Riccardo Magi, presidente di +Europa. «Conformarsi al diritto europeo non è solo un obbligo, ma significa perseguire l’interesse pubblico e il rilancio di una parte significativa del settore turistico».
In conclusione
Il 9 novembre il Consiglio di Stato ha stabilito con due sentenze che le attuali concessioni balneari saranno valide fino alla fine del 2023 e che dall’anno successivo andranno messe a gara per rispettare le regole europee.
Questo annuncio è subito stato criticato dal leader della Lega Matteo Salvini e dalla presidente di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni. Posizioni ufficiali sulla questione non sono invece ancora arrivate dal Partito democratico, dal Movimento 5 stelle e da Forza Italia, anche se non sono mancate le dichiarazioni di singoli esponenti, perlopiù di maggiore apertura nei confronti della decisione del Consiglio di Stato.
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