Il 4 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato il disegno di legge annuale sulla concorrenza, che, tra le altre cose, contiene alcune novità sull’annosa questione delle concessioni balneari.

Come abbiamo spiegato in passato, da anni le regole europee impongono al nostro Paese di mettere a gara le concessioni, disposizione sistematicamente disattesa dai passati esecutivi.

Ora il governo Draghi è intervenuto sulla materia, con una soluzione di compromesso. Vediamo di che cosa si tratta e perché le concessioni balneari tornano periodicamente al centro del dibattito politico italiano.

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Che cosa c’è scritto nel disegno di legge sulla concorrenza

Il testo del disegno di legge sulla concorrenza non è ancora stato pubblicato. Per il momento abbiamo a disposizione un comunicato stampa del governo e una versione del documento divulgata da fonti stampa.

Con l’articolo 2 del disegno di legge il governo chiede al Parlamento la delega «per la mappatura e la trasparenza dei regimi concessori di beni pubblici». Come abbiamo spiegato a proposito della riforma fiscale, Camera e Senato tracceranno un serie di principi a cui il governo dovrà attenersi per poter intervenire su un tema specifico, in questo caso le concessioni.

Tra i beni dello Stato dati in concessione ai privati non ci sono soltanto le coste, occupate dagli stabilimenti balneari, ma anche altro, come gli spazi dedicati al commercio degli ambulanti. Nonostante l’Unione europea chieda da tempo che la concessione di questi spazi sia sottoposta a gara pubblica (ci torneremo meglio tra poco), anche il governo Draghi ha per il momento deciso di non andare subito in questa direzione, visti i veti all’interno della maggioranza.

La soluzione proposta dall’esecutivo è quella di adottare, entro sei mesi dal via libera del Parlamento, un decreto legislativo per la creazione di «un sistema informativo di rilevazione delle concessioni di beni pubblici, al fine di promuovere la massima pubblicità e trasparenza, anche in forma sintetica, dei principali dati e delle informazioni relativi a tutti i rapporti concessori». Detta altrimenti: prima di provare ad applicare le regole europee, il governo vuole avere chiaro i dettagli sui beneficiari delle concessioni, la durata di quest’ultime e i loro canoni, ossia quanti soldi incassa lo Stato per cedere temporaneamente in gestione i propri beni.

Un’operazione simile – anche se su un orizzonte temporale decisamente più lontano – è stata scelta a inizio ottobre anche a inizio ottobre per il catasto, con l’approvazione della legge delega sulla riforma fiscale (ora all’esame del Parlamento).

Entrando più nei dettagli, perché le concessioni dei beni statali, e in particolare quelle balneari, giocano un ruolo così importante nelle decisioni del governo? Per fare un po’ di chiarezza sul tema, bisogna fare un salto nel tempo di circa 15 anni.

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Che cosa c’entra la direttiva Bolkestein

Nel 2006 è stata approvata dall’Unione europea la cosiddetta “direttiva Bolkestein”, con l’obiettivo di promuovere la parità di professionisti e imprese nell’accesso ai mercati degli Stati membri. Questa direttiva prende il nome da Frederik Bolkestein, economista e politico olandese del Partito liberale (Vvd) che all’epoca era commissario europeo per il mercato interno. Secondo la direttiva, le concessioni e i servizi pubblici possono essere affidati a privati solo con gare pubbliche aperte a tutti gli operatori presenti in Europa.

Nel nostro Paese di direttiva Bolkestein si parla quasi sempre proprio in relazione alle concessioni balneari e a quelle agli ambulanti. Secondo la direttiva, gli spazi occupati da ambulanti e stabilimenti dovrebbero essere messi a gara, a livello europeo, al momento della scadenza della concessione. Dal canto loro, i titolari delle concessioni hanno sempre fatto pressione perché questo non accadesse, per il timore di perdere gli spazi in questione, e spesso le loro ragioni sono state accolte dal legislatore.

Negli ultimi 15 anni si sono infatti susseguiti una serie di provvedimenti di rinnovo delle concessioni, senza far rispettare la direttiva europea (come sentenziato nel 2016 anche dalla Corte di giustizia europea). Questo atteggiamento ha portato a uno scontro con l’Ue. L’ultimo atto, in ordine di tempo, è stato quello di dicembre 2020, quando la Commissione europea ha aperto una procedura d’infrazione contro il nostro Paese, dopo che il governo Lega-Movimento 5 stelle aveva prorogato fino al 2033 le concessioni esistenti, con la legge di Bilancio per il 2019.

Su questa proroga da tempo si attende anche una sentenza del Consiglio di Stato, che deve fornire un parere sulla legittimità dell’intervento del primo governo Conte e del Parlamento.

Ricapitolando: la strada intrapresa dai vari esecutivi, come abbiamo spiegato in passato, è stata sempre quella di aggirare la direttiva Bolkestein, causando lo scontro con le istituzioni comunitarie, l’apertura di procedure di infrazione e il rischio di sanzioni economiche.

Anche volendo, cancellare la direttiva Bolkestein non è semplice. In sintesi: per cancellare la direttiva bisogna agire a livello europeo e non nazionale. Si dovrebbe trovare una maggioranza di eurodeputati nel Parlamento europeo favorevole alla cancellazione della Bolkestein e una maggioranza di Stati nel Consiglio dell’Ue dello stesso avviso. Uno scenario che al momento pare improbabile.

Prima di concludere, ricordiamo che secondo i dati più recenti pubblicati dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), nel 2019 lo Stato ha incassato circa 115 milioni di euro dalle concessioni balneari. «Su un totale di 29.689 concessioni demaniali marittime (aventi qualunque finalità), ben 21.581 erano soggette a un canone inferiore ai 2.500 euro», ha scritto l’Agcm in un rapporto di marzo scorso. Come abbiamo spiegato in passato, questa situazione va a vantaggio soprattutto degli stabilimenti più grandi, che hanno bassissimi costi per i canoni rispetto ai ricavi.

In conclusione

Con il disegno di legge sulla concorrenza il governo Draghi ha deciso di intervenire sull’annosa questione delle concessioni balneari con una soluzione di compromesso. L’esecutivo ha infatti chiesto al Parlamento una delega per creare un sistema di mappatura delle concessioni esistenti, dai beneficiari al valore dei canoni versati allo Stato.

Il tema delle concessioni balneari torna periodicamente al centro del dibattito politico italiano, dopo che nel 2006 è stata approvata la direttiva Bolkestein, sistematicamente disattesa dal nostro Paese.

In base alle regole europee, le concessioni balneari dovrebbero essere messe a gara pubblica, cosa di fatto mai avvenuta. Il governo Lega-Movimento 5 stelle ha esteso la proroga delle concessioni fino al 2033, data su cui il governo Draghi ha deciso per ora di non intervenire e su cui si attende un sentenza del Consiglio di Stato.