Tutte le volte che Mattarella ha criticato un provvedimento del governo o del Parlamento

In almeno sette occasioni il presidente della Repubblica ha espresso «perplessità» sul contenuto di vari decreti-legge 
ANSA
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Lo scorso 24 febbraio il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha promulgato la conversione in legge del decreto “Milleproroghe”, presentato in Parlamento dal governo Meloni il 29 dicembre 2022 e approvato definitivamente dalla Camera il 23 febbraio. Insieme alla promulgazione, Mattarella ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Giorgia Meloni e ai presidenti di Camera e Senato, Lorenzo Fontana e Ignazio La Russa, per esprimere alcune «perplessità» sulla nuova legge.

Non è la prima volta che succede: da quando è presidente della Repubblica almeno in sette occasioni, contando l’ultimo “Milleproroghe”, Mattarella è intervenuto per evidenziare qualcosa che secondo lui non tornava nelle leggi promulgate.

I poteri del presidente della Repubblica

In base all’articolo 73 della Costituzione le leggi sono promulgate dal presidente della Repubblica entro un mese dalla loro approvazione da parte del Parlamento. Con la promulgazione le leggi vengono pubblicate in Gazzetta ufficiale: entrano ufficialmente in vigore e devono essere rispettate da tutti i cittadini. Il presidente della Repubblica non è comunque obbligato a firmare e promulgare tutte le leggi approvate dal Parlamento. In base all’articolo 74 della Costituzione può mandare un messaggio alla Camera e al Senato per chiedere un nuovo voto e una modifica alla legge. «Se le camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata», stabilisce la Costituzione, sottolineando come il ruolo di presidente della Repubblica sia limitato a una sola possibilità di rimandare una legge in Parlamento.

A volte succede che il presidente della Repubblica promulga una legge, ma nel farlo manda comunque un messaggio al Parlamento e al governo con dubbi o critiche sul provvedimento. In questo caso si dice che il presidente ha promulgato la legge “con riserva”. In alternativa il presidente della Repubblica può rifiutarsi di firmare un decreto-legge approvato dal governo prima che questo arrivi in Parlamento.

Il caso “Milleproroghe”

Nel promulgare il decreto “Milleproroghe” Mattarella ha fatto una serie di osservazioni a Meloni e ai presidenti di Camera e Senato. Come suggerisce il nome, il decreto “Milleproroghe” è un provvedimento che tutti i governi approvano almeno una volta all’anno per posticipare la scadenza di alcune leggi o rinviare l’entrata in vigore di alcune norme.

Innanzitutto il presidente della Repubblica ha criticato il fatto che il testo del decreto, convertito in legge dal Parlamento, contiene oltre 200 commi, circa 50 in più rispetto a quello originario presentato dal governo. Come già successo in passato, secondo Mattarella questa è la prova che ormai i decreti “Milleproroghe” finiscono per diventare provvedimenti «disomogenei», «meri contenitori dei più disparati interventi normativi». «Mi limito a osservare come sia ormai evidente il carattere frammentario, confuso e precario della normativa prodotta attraverso gli emendamenti ai decreti-legge e come questa produca difficoltà interpretative e applicative», ha scritto Mattarella. «Tutto ciò acuisce i problemi e allunga i tempi dell’attività dell’amministrazione, disorientando amministratori, cittadini e imprese». Dal suo insediamento il governo Meloni ha presentato in Parlamento 16 decreti-legge. Delle 13 leggi approvate dal Parlamento nell’attuale legislatura, 11 sono conversioni di decreti-legge (che, ricordiamo, perdono validità se non vengono convertiti entro i 60 giorni dall’approvazione del governo). 

In secondo luogo Mattarella ha sollevato «specifiche e rilevanti perplessità» sulla proroga della messa a gara delle concessioni balneari, rinviata dalla fine 2023 alla fine 2024 dal Parlamento, su proposta del governo. In base alle norme europee e a una sentenza del Consiglio di Stato di novembre 2021 le concessioni andrebbero messe a gara, ma il governo Meloni ha deciso di prendere ancora tempo.

I precedenti

Non è la prima volta che nel promulgare una legge Mattarella decide di scrivere al governo e al Parlamento per criticarla. Da febbraio 2015, quando è iniziato il suo primo mandato da presidente della Repubblica, questo è avvenuto anche in altre sei occasioni.

Il 27 ottobre 2017, quando era in carica il governo Gentiloni, Mattarella ha fatto valere l’articolo 74 della Costituzione chiedendo al Parlamento una «nuova deliberazione» su un disegno di legge con «misure per contrastare il finanziamento delle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e submunizioni a grappolo». Secondo il presidente della Repubblica il provvedimento presentava «profili di evidente illegittimità costituzionale», in particolare sulle sanzioni penali e la disparità di trattamento per alcuni soggetti coinvolti dalla legge. Il nuovo provvedimento, tenendo conto delle osservazioni del presidente della Repubblica, è stato poi approvato definitivamente a dicembre 2021. Fino a oggi è l’unico caso in cui Mattarella ha rimandato una legge in Parlamento. Successivamente si è limitato a fare osservazioni critiche.

Il 25 luglio 2018 Mattarella ha promulgato il decreto “Terremoto”, che conteneva alcune misure per i comuni dell’Italia centrale colpiti da un terremoto ad agosto 2016. Il provvedimento era stato approvato dal primo governo di Giuseppe Conte, sostenuto da Movimento 5 stelle e Lega, e poi convertito in legge dal Parlamento. Tra le altre cose all’epoca Mattarella aveva espresso «forti perplessità» su una norma contenuta nel decreto che autorizzava la costruzione di abitazioni provvisorie.

Il 4 ottobre dello stesso anno il presidente della Repubblica ha emanato il primo “decreto Sicurezza”, voluto dal ministro dell’Interno Matteo Salvini, poi andato in Parlamento per l’inizio del percorso della conversione in legge. In una lettera al governo Conte Mattarella aveva espresso «l’obbligo di sottolineare» che, in materia di immigrazione e protezione internazionale, prima ancora delle nuove norme, rimanevano «fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo». 

Circa un anno dopo, l’8 agosto 2019 il presidente della Repubblica ha promulgato il decreto “Sicurezza bis”, fortemente voluto dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini, sottolineando anche in quel caso «rilevanti perplessità» sul testo. La prima «perplessità» di Mattarella riguardava le cosiddette “multe” alle navi che fanno operazioni di soccorso nel Mar Mediterraneo. La seconda osservazione del presidente della Repubblica sul decreto “Sicurezza bis” aveva riguardato invece l’inasprimento delle pene per alcuni comportamenti, come l’oltraggio nei confronti dei pubblici ufficiali.

L’11 settembre 2020 Mattarella ha promulgato il decreto “Semplificazioni” del secondo governo Conte, sostenuto da Movimento 5 stelle, Partito democratico, Italia viva e Liberi e uguali. In quell’occasione il presidente della Repubblica aveva però contestato il fatto che nel testo fossero finite norme, per esempio quelle sulla modifica del Codice della strada, che c’entravano poco con gli obiettivi iniziali del decreto.  

Infine a luglio 2021, quando in carica c’era il governo di Mario Draghi, Mattarella ha firmato la legge che convertiva un decreto che conteneva «misure urgenti» per la gestione della pandemia di Covid-19, mandando una lettera al governo e al Parlamento. «Il testo che mi è stato trasmesso contiene 393 commi aggiuntivi, rispetto ai 479 originari. Tra le modifiche introdotte ve ne sono alcune che, alla luce del disposto costituzionale e della ricordata giurisprudenza costituzionale, sollevano perplessità in quanto perseguono finalità di sostegno non riconducibili all’esigenza di contrastare l’epidemia e fronteggiare l’emergenza, pur intesa in senso ampio, ovvero appaiono del tutto estranee, per finalità e materia, all’oggetto del provvedimento», aveva scritto Mattarella.

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