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Milleproroghe

Almeno una volta all’anno, di solito a dicembre, tutti i governi emettono un provvedimento con il quale “prorogano” alcune leggi in scadenza o rinviano l’entrata in vigore di alcune norme. Questo tipo di provvedimento viene chiamato “decreto Milleproroghe”. Il “Milleproroghe” non è un passaggio istituzionale obbligatorio, per così dire, com’è invece la legge di Bilancio. 

Come spiega il dossier della Camera sul decreto “Milleproroghe” del 2018, leggi di questo tipo vengono approvate dal 2001 una volta all’anno (come avvenuto ogni anno con due eccezioni) o una volta ogni sei mesi (come successo nel 2003 e 2006). Nel 2004 erano stati addirittura emanati due decreti-legge “Milleproroghe” a distanza molto ravvicinata, il 9 novembre e il 30 dicembre. 

Con il tempo, secondo molti autorevoli pareri, governo e Parlamento hanno abusato di questo strumento. Se il primo “Milleproroghe”, quello del 2001, conteneva solo 9 articoli, quello del 2019 ne contava 44 nella versione finale approvata dal Parlamento. Tra gli aspetti problematici c’è il fatto che finiscono nel grande contenitore di varie ed eventuali del “Milleproroghe” norme anche molto sensibili e controverse che richiederebbero un percorso autonomo. Questo è per esempio con il decreto “Milleproroghe” del 2019 (poi convertito nel 2020), con il quale il governo è intervenuto sul tema della concessione autostradale ad Atlantia.

Un secondo problema, più generale, ha a che fare con la violazione dei limiti imposti dalla Costituzione allo strumento del decreto-legge, ossia i «casi straordinari di necessità e di urgenza». Su questo aspetto è intervenuta nel 2012 anche la Corte costituzionale. Ques’ultima ha stabilito che i decreti “Milleproroghe” sono legittimi solo se servono a prorogare la scadenza di misure urgenti e imminenti.
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