Perché si vota con questa legge elettorale anche se è molto criticata

Vari partiti ritengono che il Rosatellum vada superato, anche alcuni di quelli che lo hanno votato nel 2017. Il tempo per cambiare sistema elettorale c’è stato, ma nessuna proposta ha avuto seguito
ANSA
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Alle elezioni del 25 settembre un ruolo centrale sarà giocato dalla legge elettorale attualmente in vigore, il cosiddetto Rosatellum, che insieme alla riforma costituzionale del taglio dei parlamentari ha influito molto sulla costruzione di alleanze e coalizioni tra i partiti e sulla scelta delle candidature sul territorio nazionale.

In questa campagna elettorale, ma anche nei mesi precedenti, vari leader di partito, tra cui il segretario del Partito democratico Enrico Letta, hanno criticato duramente il Rosatellum, che è un sistema elettorale ibrido: un po’ maggioritario, un po’ proporzionale. Questa legge ha vari problemi, ma nonostante questo non è stata modificata. 

Facendo un passo indietro nel tempo, perché abbiamo questa legge elettorale e come siamo arrivati alla situazione attuale? Abbiamo cercato di fare un po’ di chiarezza.

L’Italia prima del Rosatellum

L’attuale legge elettorale è stata introdotta con la legge n. 165 del 3 novembre 2017, ed è comunemente nota come Rosatellum, dal nome di Ettore Rosato, oggi presidente di Italia viva, che, quando la legge è stata approvata, era capogruppo del Partito democratico alla Camera nonché principale relatore del testo. La legge è stata scritta per sostituire l’Italicum, la precedente legge elettorale approvata nel 2015, durante il governo Renzi, ma giudicata in parte incostituzionale e quindi mai utilizzata.

A sua volta, l’Italicum avrebbe dovuto sostituire il cosiddetto Porcellum, la legge scritta dal senatore leghista Roberto Calderoli e utilizzata per le elezioni politiche del 2006, del 2008 e del 2013. Questa legge elettorale, definita dal suo stesso relatore «una porcata» (da cui il nome Porcellum) fu dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale con una sentenza del gennaio 2014, a causa di una serie di problematiche tra cui «l’attribuzione del premio di maggioranza non subordinato al raggiungimento di una soglia minima di voti» e il meccanismo delle liste bloccate, che «ferisce la logica della rappresentanza consegnata nella Costituzione». L’intervento della Consulta modificò il testo di legge abrogando le parti ritenute incostituzionali: il risultato fu una trasformazione del Porcellum in un sistema proporzionale puro, denominato dalla stampa Consultellum, che però non fu mai utilizzato per un’elezione nazionale. 

Renzi e l’Italicum

Il Consultellum, frutto di un intervento giuridico, era un testo disomogeneo, e fu l’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi (al tempo Pd, oggi in Italia viva) a portare avanti le trattative per approvare una nuova legge elettorale. Il nuovo testo, battezzato dallo stesso Renzi Italicum, fu il frutto di una trattativa tra il Partito democratico e Forza Italia: dopo una serie di modifiche e passaggi parlamentari, fu firmato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella il 7 maggio 2015 ed entrò ufficialmente in vigore dal luglio 2016. Questa legge però era strettamente collegata alla proposta di riforma costituzionale Renzi-Boschi, poi bocciata dal referendum del dicembre 2016, che prevedeva tra le altre cose una radicale modifica del Senato, non più eletto dai cittadini, in nome di un «superamento del bicameralismo paritario». L’Italicum infatti era valido solo per la Camera, per cui stabiliva un sistema proporzionale con soglia di sbarramento al 3 per cento e un premio di maggioranza per la lista che ottiene più del 40 per cento dei voti totali. Se nessuna lista avesse ottenuto tale percentuale, per garantire la governabilità e una maggioranza l’Italicum prevedeva un secondo turno elettorale tra le due liste più votate per assegnare il premio. Proprio questo ballottaggio tra le due liste più votate fu uno dei motivi per cui l’Italicum fu giudicato «parzialmente incostituzionale» dalla Corte costituzionale il 25 gennaio 2017.

L’accordo dei partiti sul Rosatellum

In seguito alla sentenza della Consulta, il sistema elettorale era quindi composto dall’Italicum parzialmente abrogato alla Camera e dal Consultellum al Senato. Il dubbio che i due sistemi fossero inconciliabili rese quindi necessaria l’approvazione di una nuova legge elettorale, in vista delle elezioni politiche in programma nel 2018.

Inizialmente, la proposta dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi (a cui intanto era succeduto Paolo Gentiloni) fu quella di ripristinare il sistema elettorale precedente al Porcellum, il Mattarellum (dal nome del relatore, l’allora deputato della Democrazia cristiana Sergio Mattarella), un sistema misto che assegnava il 75 per cento dei seggi con il sistema maggioritario e il restante 25 con un meccanismo proporzionale. Questa proposta però fu accantonata a causa della forte componente maggioritaria della legge, che avrebbe favorito eccessivamente le coalizioni e indebolito i partiti che corrono da soli.

A maggio dello stesso anno, il capogruppo Pd alla Camera Ettore Rosato presentò una prima proposta di legge elettorale, che prevedeva metà dei seggi eletti con il sistema maggioritario e metà con il proporzionale. 

In seguito alle discussioni parlamentari il testo cambiò diverse volte, fino ad arrivare a una ripartizione del maggioritario per il 36 per cento dei seggi e il proporzionale per il restante 64 per cento. Il nuovo testo di legge, denominato Rosatellum bis, passò quindi al voto in parlamento, su cui il governo Gentiloni decise di porre la fiducia sia alla Camera che al Senato. Il 26 ottobre, dopo otto votazioni, il Senato approvò definitivamente la legge, con il voto favorevole del Partito Democratico, di Forza Italia, della Lega Nord e di altre formazioni politiche minori. A opporsi alla legge furono invece il Movimento democratico e progressista di Pier Luigi Bersani, Sinistra italiana, Fratelli d’Italia e il Movimento 5 stelle: l’allora capo politico del M5s Luigi Di Maio definì l’approvazione del Rosatellum «una orrenda pagina della storia repubblicana», dal momento che la legge era pensata allo scopo di «impedire al movimento di vincere le elezioni e mettere di nuovo un governo non eletto da nessuno».

In ogni caso, il 3 novembre 2017 il presidente Mattarella firmò la legge, con la quale il 4 marzo 2018 fu eletto il parlamento che compone l’attuale legislatura. Il Rosatellum bis è stato poi modificato in seguito alla riforma costituzionale del taglio dei parlamentari, e i collegi elettorali sono stati ridefiniti di conseguenza. 

Il Brescellum del secondo governo Conte

La situazione di incertezza politica e l’assenza di una maggioranza derivante dal risultato delle elezioni politiche del 2018 hanno portato diversi osservatori a criticare la legge elettorale. Come anticipato, lo stesso segretario del Pd Enrico Letta ha definito il Rosatellum la «peggiore legge elettorale di sempre». Secondo alcune analisi, però, il sistema politico italiano del 2018, diviso in un particolare “tripolarismo” tra centrosinistra, centrodestra e M5s, non avrebbe restituito agli elettori una maggioranza definita con nessuna tipologia di legge elettorale.

Nel corso di questa legislatura non sono mancati i tentativi di approvare una nuova legge elettorale al posto del Rosatellum. A gennaio 2020, durante il secondo governo Conte, il deputato Giuseppe Brescia (M5s), presidente della Commissione Affari costituzionali, ha presentato una proposta di legge elettorale che prevedeva di superare l’attuale sistema misto e adottare un sistema interamente proporzionale. In breve la proposta, denominata dalla stampa Brescellum, aboliva i collegi uninominali e alzava la soglia di sbarramento al 5 per cento, prevedendo però un “diritto di tribuna”, un meccanismo che permetterebbe ai partiti più piccoli di ottenere comunque un posto in parlamento nel caso in cui raggiungessero buoni risultati in alcune regioni. L’esame della proposta di Brescia, chiamata anche Germanicum per le sue somiglianze con la legge elettorale tedesca, è però ferma da settembre 2020 alla Commissione Affari costituzionali della Camera.

Tra i programmi elettorali, quello del Pd e quello di Azione e Italia viva difendono esplicitamente la necessità di cambiare la legge elettorale.

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