Come discutere ai cenoni con chi difende il governo

Parenti e amici non vedono l’ora di parlare di politica? Ecco le risposte da dare, basate su fatti e numeri, per evitare battibecchi
ANSA/LUCA ZENNARO
ANSA/LUCA ZENNARO
Siete pronti a una settimana di pranzi e cene da trascorrere in famiglia, tra parenti e amici? È in questo periodo dell’anno che gli appuntamenti a tavola si trasformano in accesi dibattiti politici, con i sostenitori del governo Meloni da un lato, e quelli dei partiti all’opposizione dall’altro. Non disperate: abbiamo raccolto per voi alcune dichiarazioni fuorvianti o scorrette che potreste sentire da chi vota i partiti di destra e quelli del cosiddetto “campo largo”. Così arriverete informati a eventuali dibattiti e potrete controbattere con fatti e numeri a zii e cugini vari. Ma senza litigare!

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In questo articolo trovate le dichiarazioni più gettonate che potrebbero ripetere i sostenitori del governo, ossia gli elettori di Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega (un piccolo assaggio: non è vero che l’Italia è il Paese che cresce di più in Europa). Qui potete leggere l’articolo sui partiti all’opposizione.

«Il governo sta mantenendo tutte le promesse»

Questo non è vero. Durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2022, la coalizione dei partiti che sostiene il governo Meloni aveva pubblicato un programma con decine e decine di promesse, suddivise in 15 capitoli, dalla politica estera ai giovani, passando per la sanità, il fisco e il lavoro. 

Abbiamo selezionato le cento promesse principali e, secondo i nostri calcoli, dopo due anni di governo quelle mantenute sono 21. Per 20 promesse il governo ha fatto poco o nulla per mantenere fede alla parola data, mentre l’attuazione di 52 impegni è ancora in corso. In sette casi invece il governo ha fatto l’opposto rispetto a quanto promesso ai suoi elettori. 

Le promesse mantenute più significative riguardano l’eliminazione del reddito di cittadinanza (che è stato sostituito con altre due misure), il taglio del cuneo fiscale e la revisione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Tra gli impegni “compromessi” c’è l’elezione diretta del presidente della Repubblica: alla fine il governo ha puntato su una riforma costituzionale diversa, che prevede l’elezione diretta del presidente del Consiglio.

«Grazie a Giorgia abbiamo il record di occupati dai tempi di Garibaldi»

Il cenone di Natale è anche il momento in cui vengono fuori le simpatie politiche più strane dei nostri parenti: chi avrebbe mai immaginato che da giovane il nonno era un fervente monarchico? Eppure eccolo qui, tra il secondo e il dolce, a spiegarci che Giuseppe Garibaldi doveva farsi gli affari suoi e che, in ogni caso, ora che c’è Giorgia Meloni l’Italia ha finalmente raggiunto il record di occupati da quando l’Italia è unita. D’altronde l’ha detto la stessa presidente del Consiglio: peccato che il paragone abbia poco senso.

Secondo ISTAT, a ottobre 2024 c’erano poco più di 24 milioni di occupati in Italia: questo è il numero più alto mai raggiunto da gennaio 2004, ossia dal primo mese per cui sono disponibili i dati mensili sugli occupati. A ottobre il tasso di occupazione nella fascia tra i 15 e i 64 anni di età era al 62,5 per cento: anche questa percentuale è la più alta mai registrata. Già ci sarebbe tanto da dire sul merito dei singoli governi nella crescita dell’occupazione, dal momento che un aumento dell’occupazione non è necessariamente merito esclusivo delle politiche del governo di turno. Per esempio, la crescita degli occupati è in corso dal 2021, prima dell’insediamento dell’attuale governo. Comunque, proviamo a fare un paragone con 160 anni fa.

ISTAT è nata nel 1926 e quindi ai tempi di Garibaldi non esisteva ancora. Sul suo sito sono comunque disponibili le serie storiche con i dati dei censimenti generali sulla popolazione dal 1861, anno dell’Unità d’Italia. Per quanto riguarda l’occupazione, in quegli anni la “popolazione attiva” che lavorava era intorno al 70 per cento, una percentuale più alta rispetto a oggi. Quindi, in termini percentuali e non assoluti, a quanto pare con Garibaldi c’erano più occupati che con l’attuale governo. Nel conteggio, però, venivano inclusi anche i bambini dai 10 anni in su, che all’epoca purtroppo lavoravano al pari degli adulti. Ditelo a chi a cena se ne uscirà con il classico «si stava meglio prima».

«Nessuno ha messo così tanti soldi sulla sanità come questo governo»

Lo stanziamento del governo per il Servizio sanitario nazionale è un record se si considera il suo ammontare in valori assoluti. Ma è fuorviante usare questo dato per dimostrare che l’attuale governo è quello che ha finanziato di più la sanità. 

Nel 2024 lo Stato ha destinato al Servizio sanitario nazionale 134 miliardi di euro. Il prossimo anno questi fondi aumenteranno a 136,5 miliardi. Ma salvo rare eccezioni, negli ultimi 25 anni i fondi per il Servizio sanitario nazionale sono aumentati tutti gli anni e quindi si è quasi sempre registrato un record per quanto riguarda il suo finanziamento, almeno in valori assoluti. 

Questo dato, però, non tiene conto di una serie di fattori, come l’aumento dell’inflazione, che fa diminuire il potere d’acquisto. In più va aggiunto che, nonostante l’aumento del finanziamento, le risorse in rapporto al Prodotto interno lordo (PIL) caleranno.

«Siamo primi in Europa nell’attuazione del PNRR»

Finora l’Italia è il Paese dell’Unione europea che ha raggiunto più obiettivi previsti dal suo PNRR e che ha ricevuto più soldi e rate. Ma questo non significa che sia la prima in classifica nell’attuazione del suo piano.

In valori assoluti, il PNRR italiano è quello che vale di più: oltre 194 miliardi di euro. Ed è quello che prevede il raggiungimento di più obiettivi, più di 600. Per fare confronti con gli altri Paesi, è più corretto considerare la percentuale sul totale di obiettivi raggiunti e la percentuale di soldi ricevuti sul valore totale dei piani. Finora l’Italia ha completato il 44 per cento degli obiettivi concordati con l’Ue: Francia, Germania e Danimarca hanno percentuali più alte. Al momento l’Italia ha ricevuto il 63 per cento dei soldi del suo PNRR: Francia e Germania sono davanti.

Una volta ricevuti, i soldi bisogna poi spenderli. E su questo punto l’Italia non è messa benissimo. Anche con il governo Meloni sono proseguiti i ritardi nella spesa dei fondi del PNRR. Secondo i dati più aggiornati, finora sono stati spesi i due terzi dei soldi preventivati dalla tabella di marcia.

«Siamo il Paese che concede più cittadinanze agli stranieri: la legge è già tanto generosa»

Questa frase potreste sentirla a tavola o al bar durante le feste, ma a dire il vero negli ultimi mesi l’hanno ripetuta anche molti politici del centrodestra in televisione o in Parlamento. Se volete diventare esperti del tema c’è la Guida di Pagella Politica alla cittadinanza, un eBook che potete leggere gratuitamente attivando il mese di prova di “Sostieni Pagella”. Ma se volete solo fare bella figura al cenone vi basterà dire che anche se il nostro Paese è quello che concede più cittadinanze, non vuol dire che la legge italiana sia la più generosa, anzi.

In valori assoluti, è vero che nel 2022 l’Italia ha dato agli stranieri più cittadinanze di tutti gli altri Paesi dell’Unione europea. Il nostro Paese perde il primato se si rapporta il numero di cittadinanze concesse con il numero di residenti. Al di là di questa precisazione, i numeri in valore assoluto fanno pensare che la legge italiana sia la più generosa nell’Ue. In realtà le cose non stanno così. La legge che contiene le norme sulla concessione della cittadinanza italiana è stata approvata nel 1992, oltre trent’anni fa. Nel nostro Paese è in vigore il cosiddetto ius sanguinis (dal latino, “diritto di sangue”): ottiene alla nascita la cittadinanza chi ha almeno un genitore italiano. Un bambino straniero che nasce in Italia può ottenere la cittadinanza italiana una volta compiuti i 18 anni di età e se ha sempre vissuto nel nostro Paese. Un cittadino straniero maggiorenne deve invece aver risieduto legalmente in Italia per almeno dieci anni (al contrario, le norme italiane sull’acquisizione della cittadinanza per i cosiddetti “oriundi” sono fin troppo generose).

Le norme in vigore negli altri grandi Paesi Ue sono meno severe delle nostre. Un bambino straniero nato in Francia riceve la cittadinanza francese se almeno uno dei due genitori è nato in Francia, e può ottenerla a partire dai 13 anni se risiede in Francia da almeno 5 anni. In Germania i bambini stranieri ricevono la cittadinanza tedesca se alla nascita almeno uno dei genitori risiede in Germania da cinque anni. Per chi è nato in Spagna invece è sufficiente risiedere un anno sul territorio spagnolo e poi si può diventare cittadini.

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